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E penso: non sei credibile.
Continuo ad agghindarmi. I pantaloni, scuri e ben definiti, son comodi e devo dire che mi stanno anche bene; ci infilo dentro la camicia, chiudo il tutto con il cinto in pelle nera, quello buono, quello che si tira fuori per le occasioni importanti.
E penso: non sei credibile.
La giacca, quanto tempo non ne indossavo una. Cerco di sistemarla al meglio, non mi piace che le maniche della camicia rimangano troppo dentro, voglio che un minimo quel candido bianco risalti, forse per creare un po' di confusione nel nero ordinato.
E penso: non sei credibile.
Son pronto. Allaccio le scarpe e nel frattempo la musica continua in sottofondo, ci sono i NOFX che urlano il loro odio nei confronti dei loro padri e della propria costituzione, urlano e desiderano un mondo al rovescio, un mondo giusto. Io mi guardo allo specchio invece, guardo come son conciato.
E penso: non sei credibile.
Al polso vesto l'orologio bello, pesante, fatto di titanio, acciaio, quarzo e dio solo sa che altro, al posto del mio ormai inseparabile Casio F-91W, compagno di tante battaglia, segnato da profondi solchi ma estremamente comodo.
E penso: non sei credibile.
Prima di uscire dalla mia camera getto un'occhiata ai miei usuali vestiti buttati sul letto, jeans e maglietta. Guardo la loro comodità, il loro essere me. Non li lascerò per molto, ma stare vestito così, tutto in nero - o meglio blu notte, ma io sono un uomo e quindi conosco solo sei colori - mi lascia un alone di turbamento e insicurezza.
E penso: non sei credibile.
Arrivato in ristorante stringo la mano a tutti, affronto discorsi con un linguaggio formale, di uso medio - alto, parlo inglese, sorseggio champagne e gusto, molto educatamente e in maniera composta, delicati e prelibati antipasti.
E penso: non sei credibile.
Ascolto i discorsi, interagisco. Sembro uno di loro. Vestito in ghingheri, composto. Guardo la mia dolce metà e vedo nei suoi occhi i miei stessi sentimenti, la mia stessa titubanza per una situazione che sta un po' stretta a tutt'e due. Ma ci siamo e dobbiamo resistere fino alla fine.
E penso: non sei credibile.
Mi concedo appena tre bicchieri di vino.
E penso: non sei credibile.
Finita la cena si riparte con la giostra di saluti, di riverenze e arrivederci. Si fingono sorrisi e strette di mano, condendo ogni tanto con un informale "a presto". Finalmente son fuori, posso riprendere il mio essere normale.
Tornato a casa svesto immediatamente quegli abiti che non sento affatto miei, corro verso il bagno, mi siedo sul cesso lascio partire contemporaneamente una scoreggia, un rutto e una cagata.
E penso: merda, è finita la carta igienica.
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