Già il fatto di recensire i Jester Beast con un nuovo lavoro mi suona strano, non fosse altro perché si tratta di un nome di cui sono pieni i miei ricordi, immediatamente associabili al periodo in cui ho iniziato a scrivere le prime recensioni e a sentirmi parte di qualcosa che travalicava i confini del mio quartiere e della mia città, visto che già spostarsi da un posto all’altro di Roma per comprare dischi o vedere concerti era una mezza impresa. Così, ritrovarseli davanti e parlarne come di una realtà attuale non può non far pensare a come tutto sia cambiato ma, in fondo, sia rimasto lo stesso, con la stessa ottusa passione in comune per la musica e la voglia di viverla in prima persona, non da meri fruitori nostalgici. Esaurita questa inevitabile parentesi personale, non resta che levare di torno ogni svenevolezza e trattare di The Infinite Jest in maniera critica e il meno sentimentale possibile. Il che non risulta difficile, visto che il nuovo parto dei paladini del freak-core è composto da quattro brani che non faticano troppo a farsi apprezzare. Tolta una spiccata vicinanza nei modi e nei percorsi coi Voi-Vod, un particolare non secondario ma che tende a perdere di importanza di ascolto in ascolto, The Infinite Jest si dimostra un antipasto interessante: i torinesi mettono in campo un’ottima scrittura e una grande padronanza dei mezzi a loro disposizione, caratteristiche che consentono loro di proseguire l’antica ricerca di una via atipica e contaminata all’estremismo sonoro. Così, si finisce per comprendere come il gemellaggio (non solo musicale) coi canadesi serva da base per riprendere le fila del discorso lasciato incompiuto a metà Novanta e permetta alla formazione di spingersi oltre nel creare una proposta sonora transgender, in cui energia e complessità, passione e tecnica possano convivere senza intralciarsi a vicenda. Quattro tracce non sono sufficienti a comprendere bene la portata della nuova strada percorsa, ma lasciano un piacevole retrogusto e si guadagnano diversi giri nello stereo, il che rappresenta un risultato più che lusinghiero quando si rimette in moto una macchina rimasta ferma per anni e su cui si è dovuti intervenire con modifiche importanti (due quarti della formazione). Attendiamo la prova dell’album per capire come e quanto i nuovi Jester Beast sapranno far fruttare questo ritorno sulle scene per imporre ancora una volta la propria personalità fuori dal coro. So far, so good…
Tracklist
01. Lost in Space
02. Cyrus Cylinder
03. Kolkata Bazar
04. The Ultimate Pilgrimage