Jihad nel Golan: 45 Caschi Blu prigionieri e tanto silenzio

Creato il 10 settembre 2014 da Maria Carla Canta @mcc43_

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Il 27 agosto un commando jihadista attacca le postazioni  della missione UNDOF che presidia le Alture del Golan, fra la Siria, cui appartengono, e Israele che rifiuta di ottemperare alla Risoluzione 497 che impone la restituzione. 45 Caschi blu delle Fiji fatti prigionieri. L’azione terroristica contro le Nazioni Unite è di straordinaria gravità. Altrettanto grave l’understatement dei media internazionali.

La missione è comandata dal generale indiano Iqbal Singh Singha. Nel rapporto all’ONU riferisce l’immediato verificarsi di una situazione molto complessa.
Al-Nusra ha attaccato la postazione, coinvolti 45 soldati delle Fiji e 68 soldati filippini. Le regole delle missioni di pace prevedono che i caschi blu usino le armi solo in caso di immediato pericolo per la loro vita.
Singha dà ordine di non sparare e chiede immediato monitoraggio della situazione a Israele e fuoco di copertura alla Siria.

Il comandante del corpo filippino, Generale Gregorio Pio Catapang, non è d’accordo e all’ONU riferirà “Il comandante UNDOF era molto indeciso. Voleva salvare i figiani a scapito dei filippini”.  (Secondo una fonte filippina, ai loro soldati era stato dato ordine di arrendersi quando già i Figiani si erano arresi. )

La catena di comando si inceppa:
I Filippini sparano.  Tre miliziani di Al Nusra restano sul terreno; nella notte i caschi blu riusciranno a fuggire in direzione della zona sotto controllo d’Israele. Nel profilo Facebook dell’Esercito Filippino un post aggiunge dei dettagli. Nella fuga sono stati aiutati dai caschi blu irlandesi, ma le forze israeliane hanno giocato un ruolo cruciale, scortandoli e impedendo che finissero catturati dagli jihadisti.

Altra sorte per il contingente delle Fiji che si arrende e viene preso prigioniero. La dichiarazione del suo comandante Mosese Tikoitoga  “Non critichiamo i Filippini per aver disobbedito, ma nemmeno saremmo disposti ad agire come loro. Noi seguiamo la nostra etica: rispettare gli ordini del Comando generale”

La contrarietà del comandante generale Singha è esplicita:

“Ben 44 soldati delle Fiji che fanno parte della Forza di Osservatori delle Nazioni Unite continuano a essere ostaggio di Jabhat Al-Nusra a causa dell’azione dei soldati filippini. Ora i ribelli sono convinti che UNDOF abbia agito in connivenza con l’Esercito siriano e non vogliono rilasciare i prigioneri delle Fiji”

I Figiani, dunque, restano prigionieri, senza che nulla si possa più spendere nella trattativa per la loro liberazione. Trattativa che, a questo punto, coinvolge direttamente Ban-ki-Moon e gli esperti in trattative inviati sul posto.  Oltre alla loro vita è in gioco la sicurezza dei 60 mila musulmani, su una popolazione 900 mila,  che vivono nelle Isole Fiji – dove sono in corso le elezioni –  e potrebbero subire ritorsioni da fanatici anti-islamici.

Al Nusra, 30 agosto: condizioni per la liberazione degli ostaggi

Un retroscena sulla loro cattura? In un blog  delle Fiji – di opposizione al governo militare – si legge che i Figiani prima di essere catturati avevano contattato via radio l’IDF chiedendo aiuto per lasciare la postazione, ricevendo da Israele una risposta negativa “perchè il loro paese sigla accordi diplomatici con il governo di Teheran”. La fonte della notizia, secondo l’autore dell’articolo, è nuovamente l’esercito filippino attraverso la sua pagina Facebook.

I Figiani si erano arresi dietro ordine del Quartier Generale e la promessa di un trasferimento in zona sicura, da quel momento si erano perse le tracce fino alla pubblicazione della fotografia del gruppo che pone degli interrogativi. La foto diffusa da Al Nusra ne mostra solamente 38. Cosa si deve pensare della sorte dei mancanti? Il gruppo è stato diviso? I soldati non sembrano terrorizzati, appaiono come una normale compagnia di commilitoni, ma sopra la loro testa l’inquietante bandiera nera della jihad.

Il comunicato di Nusra, [testo arabo, traduttore], informa che i soldati  sono in un posto sicuro, sono trattati bene, non mancano di nulla.Contestualmente Al Nusra motiva l’attacco: l’ Onu è dispiegata a protezione dell’entità sionista, indifferente alle ormai triennali sofferenze della popolazione siriana inflitte dal regime di Assad. Dichiara di essere dedicata alla difesa della popolazione e protesta contro l’applicazione del Capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite “perchè è un passo concreto nella direzione di un intervento militare nel Levante “, Siria e Iraq.

Il Capitolo VII , all’articolo 42 infatti stabilisce che il Consiglio di Sicurezza “può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite” . Dichiarazioni di fonte militare aggiungono altre richieste di Nusra: aiuti umanitari per la popolazione di alcuni quartieri di Damasco e una compensazione per la vita dei tre combattenti uccisi negli scontri a fuoco con i soldati fiippini.

Un puntualizzazione, nell’immediatezza del rapimento, un articolo di Al Jazeera riportava una dichiarazione di un funzionario ONU: due volte nel 2013 sono avvenuti rapimenti, poi tutti sono stati rilasciati incolumi. Vero, ma in quei casi non erano state poste condizioni per il rilascio e lo scopo dichiarato era “spostarli da una zona di continui scontri fra ribelli e forze siriane, si trattava al massimo di quattro persone, non è chiaro se fossero o meno dei militari, e soprattutto: il rapimento non era stato compiuto da Al Nusra. La dichiarazione è evidente volta a tranquillizzare ma non ha valore alcuno.

Sono trascorsi ormai dieci giorni, da quando i soldati dell’ Onu – l’organizzazione che rappresenta il mondo intero – sono nelle mani di una delle milizie jihadiste più potenti e una letargia mediatica mantiene l’opinione pubblica all’oscuro. Molte volte i contingenti di peacekeeping delle Nazioni Unite sono stati criticabili e giustamente criticati, ma se i paesi i cui rappresentanti siedono nell’Assemblea Generale – e approvano le decisioni del Consiglio di Sicurezza –  non sentono l’obbligo morale e politico di considerarli propri emissari in pericolo, quale genere di messaggio arriva alla Jihad ? Se non uccidi in video, qui si sta in silenzio?

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La sera del 9 settembre, il comandante del contingente figiano Tikoitoga ha annunciato che i soldati erano in via di liberazione, parola dei ribelli... Il 10 il portavoce Onu dichiara non esserci alcuna novità.  Al Nusra tace e nel pomeriggio funzionari Onu ipotizzano che il governo delle Fiji abbia equivocato… L’articolo non è più reperibile nel sito di http://www.fijitimes.com/ da quando alle ore 0.30 dell’11 settembre

Al Nusra rilascia una lunga dichiarazione video, in arabo. Al minuto 13,40 un soldato delle Fiji annuncia che tutti saranno presto liberati, e ringrazia per il trattamento ricevuto. Al Nusra ha scelto di distanziarsi dalla propaganda cruenta dell’IS e adottare uno stile più allusivo alla sua capacità operativa.

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p style=”text-align:justify;”>In quella parte di mondo, in territorio libanese, opera anche un contingente italiano, nell’ambito della missione UNIFIL, che monitora la Blue Line: linea di sicurezza che divide Israele dal Libano. O per meglio dire:  l’IDF da Hezbollah. 

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