Lei è la prima donna a dirigere il New York Times. Jill Abramson è arrivata dove nessuna donna arrivò mai nei 160 anni di vita del quotidiano newyorkese.
Jill , newyorkese doc, 57 anni, un marito, due figli e un golden retriever , ha sempre un block notes pieno di richieste impossibili per i suoi giornalisti. C’è anche Un block notes anche per lei dove lei ha spulciato ,nella sua vita , una a una ogni richiesta. Fresca di Harvard , già agognava la carriera come reporter , quando suo padre portava a casa il giornale in questione come una reliquia. “E’ stata la nostra religione” ripete”E’ la mia Bibbia” giurò a Steiger, il suo capo all’Ufficio del Wall Street Journal comunicandogli le dimissioni per approdare nell’amore della sua vita.
Il New York Times è arrivato nella vita di Jill come un sogno : una chiacchierata durante un party con Maureen Dowd , la velenosissima editorialista, che le chiede se ha qualcuno da segnalarle. E lei prende la palla al balzo “Io”. Ma tra quel giorno del 1997 e oggi, quanta strada ha dovuto percorrere e quante richieste impossibili da esaudire.
Il suo primo posto importante è stato il Wall Street Journal : dove arriva soltanto dopo dieci anni trascorsi in un giornale chiamato The American Lawyer. Il giornale di Steve Brill è un successo. Il primo incarico di Jill fu quello di scovare e pubblicare i conti delle più grandi e segretissime compagnie legali di Washington. “Metto l’occhio su ogni cronista che è riuscito a sopravvivere un anno con Brill” ripete al New York Observer Norman Pearlstine , il capo dell’agenzia giornalistica Bloomberg.
Dopo dieci anni con Brill , Norma le propone direttamente il Wall Street Journal. Un’altra montagna di richieste impossibili. Jill al Journal fa di tutto , per poi , facendo un passo alla volta , ad arrivare a sedersi alla poltrona di vice. Quando poi passa al New York Times arriva la richiesta impossibile più difficile : credere a George W.Bush. Sono gli anni in cui la Casa Bianca cerca di fabbricare le prove contro Saddam Hussein e un giornalista premio Pulitzer , Judith Miller , sbatte ogni giorno uno scoop in prima pagina. Howell Raines, gongola.
Da grande reporter investigativa che è , Jill diffida della Miller , che è imbeccata dai servizi. Come non si fida dell’altro cronista che ha una storia meravigliosa da raccontarsi, ma se la inventa, Jayson Blair. La Abramson , con le sue azioni, diventa un freno per il direttore , che tenta di rimuoverla, promuovendola alla guida del prestigioso inserto dei libri.
Invece è il direttore a saltare sull’onda dello scandalo. E’ Arthur Sulzberger jr ,erede degli editori del giornale, a volere Bill Keller alla guida del New York Times. Per Jill è una svolta. I due certo sono completamente diversi: taciturno e schivo lui, diretta e loquace lei. Lui è già mito del giornale con le storiche corrispondenze dall’Est sulla caduta del Muro , e lei con un pedigree tortuoso e meno avventuroso. Lui prodotto del New York Times , sempre in giacca e cravatta, lei sempre un occhio alla moda e in prima fila durante alle sfilate.
Bill Keller quando sale in redazione per annunciare un vento di pulizia, ha già alle spalle Jill. Non può esserci un vice migliore di lei. Quando Katie Couric diventa la prima donna a condurre il tg della sera targato Cbs , il New York Times si chiede “Quando la smetteremo di dire la prima donna che diventa qualcuno?” firmato Abramson.
Quando è lei a diventare la prima donna afferma “Per prima cosa non sono stata nominata perché donna , ma perché qui dentro sono la più qualificata. Dopodiché è chiara l’importanza della funzione del direttore del New York Times nella nostra società”. L’attesa del primo numero come direttore è spasmodica , il 6 settembre 2011. Come quella per l’uscita del suo libro : The Puppy Diaries. Raccolta di articoli apparsi negli ultimi mesi nella sezione Casa e Giardino : cronache di una padrona di un cane.