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Jim Morrison, dalla poesia alla musica alla poesia
James Douglas Morrison è lo pseudonimo che scelse per pubblicare le proprie poesie. Questo nome è ora inciso su una lastra nel cimitero di Pére-Lachaise accanto alle tombe di Chopin, Bizet, Wilde, Balzac e Molière. James è un ragazzo irrequieto, passa il suo tempo nel seminterrato dove dipinge e scrive poesie. La prima poesia la scrisse in quinta elementare, era una ballata intitolata the Pony Express.
Gli scaffali della sua camera traboccano di libri: Joyce, Balzac Rimbaud, Camus e Baudelaire. Legge volumi di demonologia del ‘500, il suo insegnante di inglese afferma che ai libri dell’antologia preferisce gli studi di Burton sulla sessualità araba. Lo dipingono come un ragazzo irriverente ed eccentrico, bello e tenebroso.Studia Cinema all’UCLA (University of California Los Angeles) e simpatizza con Dennis Jakob, con il quale spesso si dilunga in discorsi filosofici. Discutendo di Nietzsche si identifica in Dioniso come “incarnazione del dolore primordiale e del suo riecheggiare primordiale”. Insieme fantasticano su un film su Rimbaud, mai realizzato, che avrebbe visto Jim, così lo chiamano gli amici, nei panni del poeta. Come progetto universitario si cimenta nella riscrittura di “Aspettando Godot” di Beckett, ambientandolo ai tempi della guerra civile. Durante i corsi cinematografici annota sui suoi taccuini appunti che entreranno in un libro nel 1969: The Lords, notes on Vision.
Nel 1965 vive sulla spiaggia di Venice continuando a scrivere poesie. Lì incontra il tastierista Ray Manzarek che, ascoltandolo recitare i suoi versi, si accorge della loro potenzialità musicale; i due intraprendono un audace progetto, formare un gruppo rock. Nasceranno così i the Doors, il cui nome deriva da William Blake
“se spalancassero le porte della percezione ogni cosa apparirebbe all’uomo come veramente è: infinita”.
Huxley utilizzò il verso per il racconto Le porte della Percezione; Jim, ispirato dal titolo, inizialmente chiama il gruppo The Doors: Open and Closed, optando poi per The Doors. Dopo l’esordio con l’album omonimo esce Strange Days, che li consacra come fenomeno internazionale. Vogue definisce Jim “un E.A. Poe tornato dall’aldilà per reincarnarsi in un hippie.”
Nel 1968 conosce a Londra il poeta beat McClure, gli sottopone una serie di poesie e decide di pubblicarle per la Hamilburg. Escono così le prime due raccolte, il già citato The Lords e The New Creatures. Organizza diverse letture pubbliche, dopo lo scandalo di Miami del ‘69 si interessa a Shakespeare, Petrarca, letture sull’occulto come le opere di Graves. Il giorno del suo 27° compleanno decide di registrare le sue poesie, ben 6 ore di nastri scremati e pubblicati dalla casa discografica del gruppo, l’Elektra con il titolo di The American Prayer. Nel 1970 Jim si trasferisce a Parigi dove prova a scrivere, passa giorni a fissare la scrivania, a scarabocchiare sui taccuini. Dopo l’ennesima notte di eccessi Pamela si sveglia e trova Jim immerso nella vasca da bagno, morto.
Hopkins nel suo libro Nessun uscirà vivo da qui unisce due finali per spiegare la morte di Morrison: l’overdose di alcol ed eroina e una ipotetica fuga in Africa, come fece il suo amato Rimbaud. Per chi volesse legger una raccolta completa delle opere di Morrison è d’obbligo citare Tempesta Elettrica, poesie e scritti perduti, pubblicato da Mondadori.
“È per questo che la poesia mi attira così tanto, perché è talmente eterna! Finché ci saranno delle persone, ci sarà qualcuno in grado di ricordare parole e combinazioni di parole. Poesie e canzoni potrebbero essere l’unica cosa in grado di sopravvivere ad un olocausto”(Jim Morrison per Rolling Stone, 1969, intervista di Jerry Hopkins)
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