Dall’altra parte però, il commissario Ue per il lavoro Laszlo Andor ha promosso il Job Act di matrice renziana, definendo “un nuovo programma che sembra andare nella direzione auspicata dall’Ue in questi anni”. In ogni caso la bozza di Job Act dovrà essere definita entro il 16 gennaio.
Promozione parziale del Job Act anche da parte dei sindacati, con il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni possibilista su una soluzione positiva: “ne dobbiamo discutere ma siamo tendenzialmente favorevoli”. Cauta la Cgil, con il segretario generale Susanna Camusso che avrebbe sperato “in una maggior ambizione, a partire ad esempio dalla creazione del lavoro o dalle risorse, penso alla patrimoniale, ma è già importante che il tema del lavoro sia tornato al centro”.
Anche Nuovo Centrodestra resta piuttosto scettico sul Job Act, con il presidente del gruppo Renato Schifani che giudica il provvedimento “un libro degli intenti. La riforma proposta da Renzi comporta degli oneri di copertura non indifferenti e poi anche tempi di attuazione lunghi. Questa è una legislatura che nella primavera del 2015, per consenso di molti partiti, non solo quelli di opposizione dovrebbe avere termine. Il nuovo Centrodestra rimane dell’idea che sia necessaria una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, che consenta un decentramento della contrattazione territoriale. Sono le imprese, i lavoratori a dover definire i patti e le condizioni del rapporto di lavoro, in relazione a quelle che sono le esigente territoriali, in base alla sicurezza dell’impresa e alla situazione economica”.
In ogni caso Renzi ha auspicato l’arrivo di “idee, critiche e commenti” in preparazione della bozza definita del Job Act, segnando ancora una volta la nuova stagione in chiave “decisionista” del Partito Democratico, deciso a diventare il fulcro propositivo delle riforme.