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John Cantlie e la Siria, due diversi fallimenti dell’Occidente

Creato il 14 settembre 2015 da Maria Carla Canta @mcc43_

mcc43

Conspicuous absence of "article" from John Cantlie in new issue of #IS magazine Dabiq (not that there was ever proof it was actually him).

— Charlie Winter (@charliewinter) July 13, 2015

Come dice il tweet, la prova affidabile quanto un atto notarile, che gli articoli fossero scritti proprio da Cantlie, non c’era, ma un’attenta lettura rivelava nel corso dei mesi un’evoluzione dell’universo interiore dell’autore riguardo al suo destino.
John Cantlie reporter ostaggioDall’ottobre 2014 fino a febbraio vi fu l’atteggiamento combattivo contro i governi che abbandonano i loro cittadini, ma già , nell’articolo di febbraio, si iniziava ad avvertire lo sconforto. Chiedeva ad amici e parenti di dimenticarlo e commentava con amara ironia l’atteggiamento dei media nel trattare il suo caso. Seguirono articoli di analisi ma, almeno così io ho percepito, s’intravedeva la spossatezza che precede una possibile resa. L’ultimo suo articolo è di aprile (vedere Sì, John Cantlie, questa è la Tempesta Perfetta).

La sua assenza potrebbe far pensare ad una conclusione tragica della prigionia, ma occorre ricordare che Cantlie, come tutti gli ostaggi, era stato sottoposto a un “processo” e non risultarono nella sua vita appartenenze all’esercito né ad organizzazioni a sostegno degli interventi militari britannici. Era solamente un giornalista “not embedded” che poteva essere utile, ricavandone lui stesso una visibilità con cui, presumibilmente, favorire la sua salvezza.
Cameron non ha agito, l’opinione pubblica è rimasta sconcertata da un ostaggio che dava voce alle tesi dei rapitori e non si è mobilitata. I social media prediligono le tragedie semplificate e sono più prolifici di interventi quando vi è il cadavere, non la persona ancora in vita.

I giornalisti hanno dato poco rilievo al silenzio di Cantlie in Dabiq_10 e ancor meno nell’ultimo numero comparso agli inizi di settembre. A ricordare John è rimasto un manipolo di amici inglesi, un gruppone di cittadini politicamente avversi a Cameron e non so chi altro, se non questo blog di nessuna rilevanza che, però, per le ragioni suddette, non intende avvalorare la tesi di una sua uccisione da parte dell’Isis.

Se John Cantlie non è più vivo è perché il fisico ha ceduto allo stress che noi possiamo solo vagamente immaginare; ma può aver ceduto la psiche. Può non essere più in grado di produrre articoli efficaci e trovarsi in un limbo: quello dell’inutilità per gli jihadisti e di oblio del suo paese.

Se l’inerzia indifferente di Cameron e il marziano interventismo di Obama  -che hanno causato la morte di cittadini inglesi e americani  rapiti dall’Isis – è conseguente alla presa di posizione politica e vieta, qualora ci fosse, l’espressione di sentimenti di comprensione e compassione, che cosa induce i colleghi, giornalisti della carta stampata e delle tv a non dimostare almeno la solidarietà? Una domanda senza risposta.

Sono giorni, questi, in cui molte domande non hanno una risposta chiara. Guardando indietro, agli ultimi quattro anni in cui il popolo siriano, e non solo, è stato martirizzato, stupisce cone sia improvvisamente urgente arrivare alla fine del conflitto. Si intrecciano le visite fra le capitali, si tengono incontri promossi dalla Russia, l’inviato Onu Steffan De Mistura lascia intravedere un piano per la soluzione del conflitto, altri fanno filtrare ipotesi di divisione della Siria. Ma conosciamo veramente lo stato delle cose?
Cito dall’articolo Cosa succede davvero con la Siria (e in Siria) che analizza i desiderata dei vari burattinai

“”Uno scandalo scuote in questo ore Washington, sollevato da 50 esperti che le agenzie hanno arruolato per compilare rapporti sulla situazione in Siria, quelli che poi sono trasmessi a Obama e ai vertici che decidono politiche e azioni militari. I 50 dicono che i loro rapporti sull’ISIS sono stati manomessi, tagliati o censurati al fine di rappresentare una realtà edulcorata e allineata alla politica del governo, che comunque minimizza la minaccia dell’ISIS e la situazione in Iraq. La pratica non sarebbe nuova, succedeva anche durante l’amministrazione Bush, prima impegnata ad esaltare i rapporti, anche dubbi, sulla pericolosità di Saddam e poi a censurare quelli che raccontavano di un Iraq allo sbando.

E. allora, c’è la capacità di sconfiggere l’Isis se non se ne vuole nemmeno conoscere la vera natura? C’è una soluzione per la Siria?
Forse no, non ce ne sono di soluzioni e le potenze mondiali hanno mentito perché non sanno come affrontare uno “stato” che non vogliono ufficialmente riconoscere, ma dal quale comprano petrolio e i cui profitti lasciano passare attraverso i mercati finanziari internazionali avendo, l’Isis, preso il controllo di varie banche private e pubbliche.

Noi conosciamo poco l’Isis, ma l’Isis ha compreso molto bene quanto sia rauco il nostro ruggire.

Gli articoli su jihadismo, Isis, Cantlie qui:  https://mcc43.wordpress.com/tag/osservatorio-jihad/
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