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Riusciranno nell'impresa? A vederli sembra proprio di no.
Don Coscarelli ormai sembra fatto solo per dirigere cult: a 10 anni da Bubba Ho-tep ( il re è qui ) torna al cinema con un film che ha le stimmate per essere un nuovo cult.
John dies at the end è uno degli horror più bizzarri e spiazzanti degli ultimi anni, un caleidoscopio stimolante che scava a fondo nelle ossessioni del cinefilo citando in continuazione cinema altrui ma rielaborandolo in una ricetta nuova e assai originale.
E' come se Coscarelli mettesse tutto in un gigantesco frullatore per servire al pubblico un qualcosa di mai visto.
Viaggi nel tempo, dimensioni parallele, mostri tentacolati , insetti giganteschi ripugnanti, zombie o qualcosa di simile, cani che parlano e guidano automobili, hot dogs che diventano telefonini, poliziotti che non sembrano così rassicuranti visto che la loro sagoma non si riflette nello specchio e tante altre trovate che rendono il film una ricognizione selvaggia su tutto lo scibile ( o quasi ) horror del passato, frammentata in una narrazione rapsodica che si disperde in mille rivoli.
Non è il classico horror usa-e-getta, qualcosa da guardare di sottecchi stando attenti più a non scheggiarsi i denti col popcorn che a quello che si vede sullo schermo.
E' un film che richiede attenzione e sorprende a ogni inquadratura con il suo immaginario sbilenco tradotto in una visionarietà pantagruelica e debordante ma che appare adattissima al contesto su cui si adagia.
Se all'inizio per come ci vengono introdotti i protagonisti ci sembra di trovarci quasi di fronte a una parodia del teen horror poi si viene catapultati in un mondo lovecraftiano in cui i mostri regnano sovrani.
Ma poi si cambia ancora registro in un continuo andirivieni nel tempo ( Dave riesce a tornare indietro nel tempo fino a rendere difettosa una pallottola che gli viene sparata da un poliziotto , proiettile che quindi non lo uccide) e in un crescendo di citazioni il film procede random tra una suggestione e l'altra.
Sfilano disordinatamente i deliri di carne e i pasti nudi del primo Cronenberg, il monolito nero e le maschere alla Eyes Wide Shut ( citato espressamente in un dialogo) di Kubrick, i vari semi della follia cosparsi dal Carpenter più tortuoso e creativo , la follia anarchica ed ipnotica del cinema di Lynch, le dimensioni parallele di Donnie Darko, gli universi onirici sfalsati di Inception narrati alla maniera di Memento avanti e indietro nel tempo, fino ad arrivare a una sfera nera che inghiotte tutto che non sai se è uno dei Rover della mitica serie tv Il prigioniero o semplicemente una citazione molto più moderna di un manga giapponese da cui sono stati tratti due film intitolati Gantz e Gantz: Perfect answer.
Il finale ? Un altro gigantesco punto interrogativo che ha il sapore dello sberleffo che si fa strada attraverso i titoli di coda.
Prodotto tra gli altri da Paul Giamatti che recita nella parte di Arnie Blondestone.
Chissà se un giorno vedrà la luce qui in Italia.
( VOTO : 8 / 10 )
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