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A poco più di un anno da The Open Road, un grande album, esce Dirty Jeans and Mudslide Hymns, titolo e foto di copertina bellissime, un lavoro che ricrea il mood del precedente disco anche se non arriva agli stessi livelli di eccellenza. John Hiatt è in fase creativa dal punto di vista delle canzoni e qui ce ne sono alcune davvero buone , specie quando si tratta di mettere sotto i riflettori quell’America profonda e piuttosto noir che sembra uscita da un romanzo di Jim Thompson e James Crumley, come capita di sentire in Damn This Town e nella bella Train To Birmingham ma qualcosa non funziona alla perfezione nel disco ed è una percezione sottile, difficile da definire, che viene fuori dopo ripetuti ascolti lasciando qualche dubbio. Perché le canzoni sono belle, la voce di Hiatt sempre più scura, più muddy, più emozionante e nessuno come lui sa cogliere con una strofa quel microcosmo d’America marginale popolato di miserie, balordi, tristezze ma eppure viva, vera, autentica e i suoni sono quelli che intrecciano il folk col rock, il country col blues in un rumore di strada che dondola il malessere di vivere dentro uno scenario gotico-sudista di jeans sporchi e inni di fango . Ma è l’ impercettibile imperfezione a lasciare perplessi, forse l’impressione di aver già ascoltato altre volte queste sue canzoni, come 'Til I Get My Lovin’ Back come Down Around My Place come Hold On For Your Love, quasi una replica di altri suoi titoli passati o forse, più probabilmente, la produzione di Kevin Shirley, uno che ha lavorato con Iron Maiden, Rush, Dream Theater, Joe Bonamassa, che toglie quella freschezza e immediatezza che contraddistingueva il precedente disco. Alcuni suoi arrangiamenti sono discutibili (Don’t Wanna Leave You Now con tanto di arrangiamenti orchestrali e When New York Had Her Heart Broke lavorata alla Lanois), come discutibile è il ridimensionamento del chitarrista Doug Lancio elemento decisivo nella resa rock di The Open Road. John Hiatt è comunque un cantante ed autore di classe e la classe non mente, eccovi servite quindi la pimpante I Love That Girl e la splendida All The Way Under una ballata tinta di country e di acustico con il raffinato lavoro di Lancio al mandolino ed un pregevole arrangiamento di fisarmonica. E poi ancora la rockata Detroit Made una sorta di risposta a Memphis On The Meantime , la bella Train To Birmingham pregna di umori sudisti, Adios California impreziosita dalla lap steel di Russ Pahl ed evocativa dei paesaggi del sud-ovest e l’acida e younghiana Down Around My Place con l’organo di Reese Wynans (Steve Ray Vaughan).
Come dire che di ragioni per acquistare Dirty Jeans and Mudslide Hymns ce ne è più di una anche se The Open Road aveva un altro tiro.
MAURO ZAMBELLINI Dirty Jeans And Mudslide Hymns" /> Dirty Jeans And Mudslide Hymns" title="John Hiatt > Dirty Jeans And Mudslide Hymns" />
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