John von Neumann è, a buona ragione, considerato come una delle massime personalità scientifiche del XX secolo. Questo matematico ungherese – rifugiatosi in USA a causa delle persecuzioni naziste – si caratterizza, tra l’altro, per l’infinita curiosità. Infatti i suoi studi hanno influenzato potentemente diverse scienze: matematica, informatica, fluidodinamica, fisica quantistica ed anche economia.
In ambito economico il suo contributo teorico più importante è forse quello legato alla teoria della crescita grazie al suo modello che è considerato “magistrale”.
Zeroconsensus crede però sia lecito domandarsi se il modello di crescita di von Neumann sia stato correttamente interpretato. In altre parole se questo modello sia solo apprezzato per le soluzioni formali di tipo matematico – che per la sua epoca furono rivoluzionarie – o anche per la profondità dei messaggi (non importa se si giudicano corretti o sbagliati) che il matematico voleva mandare. E’ lecito domandarsi dunque se è stata data una interpretazione “scolastica” e dunque piatta del modello o se ne è stata data anche una “dialettica” e dunque profonda.
La prima cosa che salta all’occhio nel modello è che von Neumann non considera per niente il progresso tecnico. L’altro aspetto fondamentale è che tutti i profitti vengono reinvestiti nel sistema. Dunque secondo l’interpretazione “scolastica” del modello si viene a creare un sistema dove – poste le premesse elencate – la crescita si perpetua autonomamente in maniera uniforme e costante e dove nulla di nuovo può essere inventato e infine l’unica ragione “sociale” sia quella dell’accumulo per l’accumulo stesso. Dal punto di vista del lavoro e dei lavoratori abbiamo invece un sistema dove i lavoratori sono disponibili a prestare lavoro in quantità illimitata per il salario di sussistenza. Infine dal punto di vista delle risorse naturali, queste sono disponibili in quantità illimitata senza alcun vincolo. Il risultato finale di queste ipotesi e di questa “visione sociale” sarà il “miracolo” di una crescita costante dovuta alla “magia” di un sistema dei prezzi che assicura il massimo tasso di profitto che a sua volta è in eguaglianza al saggio di crescita. Questa è l’interpretazione formale o scolastica.
Se andiamo però in profondità e proviamo ad immaginare un mondo come quello descritto da von Neumann non possiamo che immaginare un “inferno dei viventi” dove si raggiungerà la crescita costante ed eterna al prezzo di una società dove i lavoratori sono masse sterminate pronte a tendere la mano per un tozzo di pane senza alcun diritto. Non solo, anche i proprietari dei capitali (i percettori del profitto) dovendo reinvestire tutto il guadagno nel sistema e dunque anche essi vivranno una vita da asceti dove l’unico fine sarà quello dell’accumulo per l’accumulo e dove tutto è sacrificato al valore supremo della crescita costante e infinita. Una vero e propria visione distopica: un vero universo orwelliano ante litteram visto che il modello di von Neumann è del 1945 mentre il romanzo di Orwell è del 1948.
Altro aspetto veramente curioso è che il grande matematico ungherese ha ipotizzato un mondo dove tutto ciò che può essere scoperto è già stato scoperto, un mondo dove si vive la fine della scienza. Anche questo è un altro elemento distopico degno di un universo orwelliano. Ma perché lo ha fatto? E’ plausibile che John von Neumann abbia scelto di creare un modello di crescita dove il progresso tecnico sia inesistente per una mera scelta di “comodità”? In tutta onestà pare quantomeno azzardato ipotizzare una cosa del genere quando si parla di un genio della matematica di così elevata statura. Se proviamo invece a leggere questa scelta in combinato con l’altra scelta – apparentemente bizzarra – di considerare le risorse naturali prive di vincoli possiamo azzardare che egli ipotizzi un sistema dove l’uomo volontariamente rinunzia al progresso tecnico e che contemporaneamente ci sia un equilibrio tra il tasso di depauperamento delle risorse naturali e il loro tasso di riproduzione. E dunque la rinuncia al progresso tecnico sarebbe giustificata dalla volontà di non perturbare l’equilibrio raggiunto tra uomo e natura.
Dunque in definitiva, von Neumann potrebbe averci voluto dire che la crescita costante ed infinita è raggiungibile solo in una società distopica dove i capitalisti vivono come asceti e i lavoratori vivono come bestie da soma. Non solo: al fine di preservare l’equilibrio uomo-natura deve essere bandita la ricerca scientifica.
Va’ da sé che in controluce, il genio ungherese, sembra averci voluto dire che se l’Umanità farà qualunque altra scelta differente da quelle da lui ipotizzate dovrà essere pronta ad accettare un sistema economico soggetto a fluttuazioni anche molto violente e dove dunque sarà costretto ad accettare l’asprezza della vita. Come in un eterno ritorno della maledizione di Yahweh. Come in un eterno ritorno della cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva.