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Mentre sta a fare benzina con la sua Mustang del '69 , un tizio gli chiede a che prezzo è in vendita ma lui risponde che non è in vendita.
Il tizio in questione, che è il figlio di un potente boss mafioso russo, la stessa sera con i suoi complici si va a prendere la macchina, malmena John e per sfregio gli uccide il cane.
E' la firma sulla sua condanna perché la vendetta di John sarà tremenda e definitiva.
Scenetta dell'altra sera con la bradipa mentre stavamo vedendo il film: io dico che John si incazza se quello gli frega la macchina e gli spacca il culo , la bradipa mi dice che è solo una macchina, non è degna di tutto quel casino ( tanto per lei una Mustang o una Fiat Duna sono praticamente la stessa cosa).
Poi quando il cattivone uccide il cane, la bradipa infoiatissima " No, no, deve morire, deve schiattare, lo deve fare a pezzettini piccoli piccoli e deve anche soffrire tutte le pene dell'inferno il bastardone!"
Insomma prospettive diverse.
Diretto da due stuntmen al loro esordio alla regia Chad Stahelski e David Leitch ( di cui solo il primo accreditato per motivi sindacali) che avevano già modo di lavorare diverse volte con Keanu Reeves , John Wick è uno di quei film che non ha bisogno di metafore servite con guanti da forno per raccontare la sua storia: un vendetta, una pura e semplice vendetta.
E nella sua intelligibilità , nella sua sceneggiatura ridotta all'osso, nel suo andare al punto dopo un inizio lento e riflessivo che magari lasciava presagire qualcosa d'altro, è un film che si fa volere bene perché è una specie di mostra dell'artigianato cinematografico.
E' l'apoteosi degli stuntmen ( con due registi che vengono da quel mondo non era lecito aspettarsi altro, vedere per credere sui titoli di coda quanto è lunga la lista), è il cinema dei direttori delle seconde unità, dei coreografi dei combattimenti, delle traiettorie dei proiettili e dei fiotti di sangue ( forse un po' troppo sottolineati in computer grafica), un film in cui la violenza è semplicemente un dettaglio stilistico a cui appigliarsi per esprimere la propria arte cinematografica.
Ed è il film di un granitico Keanu Reeves, 50 anni e non sentirli, tizio di poche parole e di molte pallottole esplose, un antieroe che puzza di anni '80 lontano un miglio, che spara e combatte come un ossesso.
John Wick si richiama espressamente al cinema orientale,in particolare quello di Hong Kong ( e anche questo ce lo aspettavamo vista la deriva che ha preso la carriera di Keanu , affascinato sempre più dal cinema e dall'iconografia di quel pezzo di mondo che sta ad oriente) e lo fa quasi con deferenza senza uscire praticamente mai dallo spartito.
Accanto al protagonista i personaggi di contorno sono macchiette preordinate, appiattite ma che hanno le facce giuste.
E c'è pure una specie di contrappunto ironico nelle sequenze di pulizia degli ambienti che hanno visto spargimento di litri e litri di sangue e nella figura del portiere dell'albergo di lusso dove sembrano alloggiare solo killer.
Diciamo che John WIck assomiglia al cinema del primo John Woo, quello del suo primo periodo hongkonghese, senza averne un minimo di sentimento e di pathos.
Ma basta e avanza.
Astenersi puristi di dialoghi e di incastri narrativi: qui si spara , ci si picchia e ci si accoltella in proporzioni variabili.
A piacere dello chef.
Pardon, dei registi.
PERCHE' SI : azione pura, pochi dialoghi e tante pallottole, protagonista granitico, coreografie eccellenti, ci si richiama al primo John Woo
PERCHE' NO : la sceneggiatura è ridotta all'ossa, così come tutto quello che non abbia a che fare con la vendetta di John, personaggi di contorno sono solo macchiette appiattite, troppo sangue in computer grafica.
( VOTO : 7 / 10 )
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