John Woo (all’anagrafe Yusen Wu) è il regista che più di ogni altro ha contribuito allo “sdoganamento” del genere action movie – ritenuto da sempre genere di mero intrattenimento – arricchendolo sapientemente con elementi e suggestioni provenienti da altre tipologie cinematografiche.
Nato a Guangzhou (Cina) il 1 maggio 1946, si è trasferito con la famiglia ad Hong Kong nei primi anni cinquanta: partendo dalla gavetta, ha iniziato una carriera che l’ha fatto conoscere al mondo intero come uno dei maggiori talenti del cinema asiatico. La strada verso il successo però non è stata breve né semplice…
Col passare degli anni, è riuscito a coniugare nelle sue pellicole elementi che parevano a prima vista inconciliabili: violenza e lirismo, azione estrema e vena romantica. Nella sua visione del cinema, infatti, l’adrenalina non è mai l’unico ingrediente: c’è sempre ampio spazio per il dramma, per l’ambiguità e per il messaggio.
La sua opera – che costituisce una forma di reinterpretazione del melodramma americano degli anni Settanta – si contraddistingue per il carattere coreografico con cui viene rappresentata la violenza. Ispirato da registi quali Jean-Pierre Melville, David Lean e Sam Peckinpah, fortemente connesso alla tradizione del musical hollywoodiano e dei wuxia pian (film marziali di cavalieri erranti), il suo cinema è contrassegnato da una visione del mondo fondata su valori forti e immediati: l’amicizia, il senso dell’onore, la fedeltà.
Dopo il successo di critica “The killer” (1989), ritenuto il suo capolavoro, il nome del regista ha varcato gli angusti confini di Hong Kong, affermandosi come emblema di un nuovo tipo di cinema che si potrebbe definire come “poetica della violenza”. Hollywood, a questo punto, è stata costretta a spalancargli le porte, estasiata dal suo limpido talento e dai suoi geniali virtuosismi.
La filmografia di John Woo può essere spalmata su tre distinti periodi: periodo a Hong Kong, periodo a Hollywood e Ritorno a Hong Kong.
Il (primo) periodo a Hong Kong si apre idealmente con “A better tomorrow” (1986). Dopo una lunga gavetta con le commedie, John Woo dà una svolta alla sua carriera inaugurando l’action metropolitano, basato su mirabolanti sparatorie. Il film, ideato per rilanciare la carriera di Ti Lung, fece in realtà emergere una nuova star: Chow Yun-Fat, attore televisivo che di lì a poco diventerà l’attore feticcio del regista. Pur trattandosi di una pellicola di impianto assolutamente tradizionale, in cui si ravvisano ancora delle evidenti ingenuità stilistiche, in quest’opera si ravvisano già i temi che diventeranno marchi di fabbrica del regista.
L’anno successivo (1987), il cineasta gira “A Better Tomorrow II”. Forte del successo del precedente film, Woo rimette in scena i medesimi personaggi, riciclando senza particolarità novità la formula già adottata in precedenza, con una marcata svolta verso un cinema di chiara impronta “pop”.
Ma è con “The killer” (1989) che John Woo raggiunge l’apice della sua carriera “asiatica”, riuscendo nella difficile impresa di dare un nuovo volto al cinema di genere. Il regista rispolvera il mito dell’eroe decadente, adattandolo alla figura straordinaria di Chow Yun-Fat e sottolineandone i lati più oscuri, spingendo all’estremo la dimensione filmica.
Questo film rappresenta a tutti gli effetti la “summa” del suo stile e della sua ricerca estetica: se “A better tomorrow” mostrava i primi germogli di un talento non ancora del tutto sbocciato, “The Killer” è un’opera completa, senza alcun calo di tensione sia sul versante della sceneggiatura sia su quello del ritmo.
Con il successivo “Hard Boiled” (1992), John Woo disegna magistralmente un’altra storia nera, violenta ed ammaliante allo stesso tempo, confermandosi ad alti livelli e staccando il “lasciapassare” per Hollywood.
L’esordio Hollywoodiano non è certo eclatante. In “Senza tregua” (1993) dirige senza particolari picchi la star Jean Claude Van Damme. Il film rappresenta probabilmente un passo indietro nella carriera dell’autore: Woo si mette completamente a disposizione della fisicità del protagonista, che non brilla sicuramente per la capacità recitative, e perde per strada l’inventiva e la capacità di sperimentare che lo contraddistinguono.
Anche il film successivo, “Nome in codice Broken Arrow” (1996), non convince del tutto critica e pubblico. John Woo costruisce un action movie firmato dallo stesso sceneggiatore di “Speed”, ma in tale contesto più che un talentuoso regista pare soprattutto un fabbricante di fuochi d’artificio.
Dopo questo inizio tentennante, John Woo gira “Face/Off – Due facce di un assassino” (1997). Il film, interpretato dalle superstar Cage e Travolta, ottiene un notevole successo al botteghino. Si tratta senza dubbio del miglior film americano del regista: tra visionarietà e virtuosismi, quest’opera rivela il talento unico di un regista sperimentatore ed innovativo, che ritocca ogni volta le frontiere del “vedibile” facendo affidamento ad un’una notevole sagacia cinefila.
La tappa successiva è rappresentata da “Mission: Impossible II” (2000), sequel dell’omonimo film diretto da Brian De Palma. Amore ed azione, mistero e segreti sono gli ingredienti essenziali di questo blockbuster, che come mero prodotto di puro intrattenimento funziona decisamente. Pur non convincendo del tutto la critica, il film raggiunge fino in fondo il suo scopo ludico: alcune scene, davvero eccezionali dal punto di vista della spettacolarità, rimarranno a lungo nella memoria dello spettatore.
I film successivi, “Windtalkers” (2002) e “Paycheck” (2003) poco aggiungono al curriculum di Woo, che torna ad Hong Kong per rimettersi in gioco, iniziando la sua “terza vita artistica”.
“La battaglia dei tre regni” (2008), all’interno della cinematografia di Woo, è sicuramente il film più studiato, più ricercato, più voluto. Il racconto dell’epica guerra che segnò il futuro dell’immensa e lontana Cina è magistrale: dopo anni in cui lo spettatore è stato sommerso da pellicole epico-storiche a dir poco mediocri – sia a livello stilistico che di contenuti (si citano, a titolo di esempio, ad esempio “Troy” o “Alexander”) – il regista di Hong Kong riesce nell’intento di costruire un’opera intensa e spettacolare, che rimarrà certamente nella storia del cinema asiatico.
Un paio d’anni dopo, esce “La congiura della pietra nera” (2010), un “wu xia pian” di ottima fattura. Si tratta del tipico film cappa e spada all’orientale, ricco di combattimenti funambolici, capace di unire la tradizione marziale cinese a coreografie straordinarie.
L’ultimo film del regista è “The Crossing”, uscito in due parti (2014 e 2015), ed ancora inedito in Italia. La storia, ambientata negli anni quaranta durante la guerra civile, narra la vicenda di tre coppie, il cui destino si fonde indissolubilmente agli eventi drammatici della Cina rivoluzionaria.
C’è da dire che, per quello che riguarda i film precedenti a “Senza tregua” (il suo primo film hollywoodiano), la critica occidentale non è certo stata tempestiva a segnalare il talento visionario ed innovativo del regista: gran parte delle sue pellicole, infatti, sono state ri-scoperte solo dopo il suo approdo ad Hollwyood.
John Woo rappresenta però uno dei maestri assoluti del cinema d’azione. I suoi film, ricchi di sequenze ineguagliabili, vengono quotidianamente studiati/dissezionati in ogni scuola di cinema che si rispetti ed hanno prodotto uno stuolo di imitatori ed emulatori.
E quando tutti ti “copiano”… vuol dire che sei un Grande.
Piergiorgio Vigliani