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Dischetto decisamente senza pretese questo, ma anche senza grosse ambizioni. Guitar pop con pochissimi guizzi e il fatto che alla chitarra ci sia un talento puro come Johnny Marr ti fa pensare che forse queste canzoni siano giusto gli scarti degli scarti.
Da sentire mentre si va in macchina, ma avolume basso dai! (2003 Reincarnate Music)
Solitamente all'indomani dello scioglimento di un grande gruppo si ha l'uscita nel mercato discografico dei progetti solisti degli ex-membri, applicando una regola seguita almeno come quella che recita "gol sbagliato, gol subito". Sicché l'annuncio che Johnny Marr, chitarra dei gloriosissimi Smiths, esca nel 2003, 16 anni dopo lo scioglimento dello storico gruppo di Manchester, con una band che porta il suo nome e con un album di brani nuovi di zecca, "Boomslang", è perlomeno soprendente.
Dopo anni di svariate collaborazioni alcune prestigiose (The The, Talking Heads su tutte) e un progettino di scarso successo di nome Electronic, Marr si fa accompagnare in quest'avventura dal bassista dei Kula Shaker, Alonza Bevan, e dal figlio di Ringo Starr, Zak Starkey, alla batteria.
Sorpresa nella sorpresa, Marr, oltre a firmare 10 pezzi su 11, è dotato anche di una voce di cui non eravamo a conoscenza e fa perciò il front-man a tutti gli effetti. L'attacco del primo brano di questo "Boomslang", "The last ride", rivela una grinta e un suono che di sicuro non porta alla mente i raffinati e malinconici arpeggi degli Smiths, ma più che altro le chitarre e una ricerca melodica che ricordano molto il cosiddetto brit-pop che negli anni scorsi ha prodotto molti record di vendita e pochi dischi memorabili.
Se i primi due brani sono sulla stessa falsariga, le cose vanno meglio con "Down the corner", dove la chitarra trova gli accordi giusti per una melodia di sicura presa, impreziosita da un piano molto alla Rolling Stones, e da lì il disco offre le sue cose migliori, proseguendo con "Need it"; dove un'armonica ricorda, stavolta sì, gli Smiths degli esordi, "You are the magic" un brano dal ritmo più funky dove un pizzico di elettronica dà un cambio di suono necessario all'economia del disco, e il blues di "Long gone" (l'unico brano firmato da tutto il gruppo).
Purtroppo il disco esaurisce le cartucce già a metà opera, dato che da lì in poi vivacchia in brani privi di originalità e di mordente, o che sembrano occasioni mancate come "Something to shout about", che si limita a un bella melodia senza seguito.
Le qualità del disco vanno cercate, oltre che nei già citati episodi migliori, nella cura che è stata messa negli arrangiamenti, soprattutto ovviamente per le parti di chitarra, e nel fatto che nel complesso è un disco ben prodotto, ma la sostanza rimane quella di un album che si va a spegnere dopo pochi brani, dove, se Johnny Marr canta in maniera apprezzabile, i due compagni di avventura formano una sezione ritmica senza infamia e senza lode.
Un disco curioso, in fondo, questo "Boomslang", uscito nel 2003 quando il fenomeno musicale a cui sembra guardare è sepolto da un pezzo; da un lato, una scelta coraggiosa, sincera e da apprezzare, da un altro, la sensazione che Marr abbia fatto come quelli che prendono l'autobus giusto ma nel senso sbagliato, e invece di trovarsi in centro si scoprono finiti in periferia...(Paolo Sforza - http://www.ondarock.it/)
- Last Ride
- Caught Up
- Down on the Corner
- Need It
- You Are the Magic
- Inbetweens
- Another Day
- Headland
- Long Gone
- Something to Shout About
- Bangin' On
JOHNNY MARR & THE HEALERS
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