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Josè “Pepe” Mujica: La felicità umana non viene dal mercato e dal consumo

Creato il 17 dicembre 2013 da Maria Carla Canta @mcc43_

mcc43

Il Presidente dell’Uruguay ha tenuto alla Conferenza RIO +20, il 21 giugno 2012, un discorso sullo Sviluppo Sostenibile che è largamente definito in rete il migliore del mondo. Anche io ne sono convinta.
E’ un Manifesto del ritorno all’umano, la sconfessione della tirannia del fasullo: il Mercato che inventa i bisogni e risponde all’unica legge, quella della competizione.

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Traduzione in Italiano 

 

Autorità presenti di tutte le latitudini e organismi, grazie mille. Grazie al popolo del Brasile e alla sua Presidentessa, Dilma Rousseff. Mille grazie alla buona fede che, sicuramente, hanno manifestato tutti gli oratori che mi hanno preceduto. Esprimiamo la profonda volontà come governanti di sostenere tutti gli accordi che, questa, nostra povera umanità, possa sottoscrivere.

Comunque, permetteteci di fare alcune domande a voce alta. Tutto il pomeriggio si è parlato dello sviluppo sostenibile. Di tirare fuori le immense masse dalle povertà. Che cosa passa nella nostra testa? L’attuale modello di sviluppo e di consumo delle società ricche?

Mi faccio questa domanda: che cosa succederebbe al pianeta se gli indù in proporzione avessero la stessa quantità di auto per famiglia che hanno i tedeschi? Quanto ossigeno resterebbe per poter respirare?

Più chiaramente: ha oggi il Mondo gli elementi materiali per rendere possibile che 7 o 8 miliardi di persone possano sostenere lo stesso grado di consumo e sperpero che hanno le più opulente società occidentali? Sarebbe possibile tutto ciò?

O dovremmo sostenere un giorno, un altro tipo di discussione?

Perché abbiamo creato questa civilizzazione nella quale viviamo: figlia del mercato, figlia della competizione e che ha portato un progresso materiale portentoso ed esplosivo. Ma l’economia di mercato ha creato società di mercato. E ci ha rifilato questa globalizzazione.

Stiamo governando la globalizzazione o la globalizzazione ci governa? E’ possibile parlare di solidarietà e dello stare tutti insieme in una economia basata sulla competizione spietata? Fino a dove arriva la nostra fraternità?

Non dico queste cose per negare l’importanza di quest’evento. Ma al contrario: la sfida che abbiamo davanti è di una magnitudine di carattere colossale e la grande crisi non è ecologica, è politica!

L’uomo non governa oggi le forze che ha sprigionato, ma queste forze governano l’uomo … E la vita!

Perché non veniamo alla vita per svilupparci solamente, così, in generale.

Veniamo alla vita per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare. Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per consumare di più e la società di consumo è il motore, perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma questo iper-consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta.

Però loro devono generare questo iper consumo, producono le cose che durano poco perché devono vendere tanto. Una lampadina elettrica, quindi, non può durare più di 1000 ore accesa. Però esistono le lampadine che possono durare 100mila ore accese!

Ma questo non si può fare perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo sostenere una civilizzazione dell’usa e getta, e così rimaniamo in un circolo vizioso.

Questi sono problemi di carattere politico che ci stanno indicando che è ora di cominciare a lottare per un’altra cultura.

Non si tratta di immaginarci il ritorno all’epoca dell’uomo delle caverne, né di avere un monumento all’arretratezza. Però non possiamo continuare, indefinitamente, a essere governati dal mercato, dobbiamo cominciare a governare il mercato.

Per questo dico, nella mia umile maniera di pensare, che il problema che abbiamo davanti è di carattere politico. I vecchi pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: “Povero non è colui che tiene poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e più”.

Questa è una chiave di carattere culturale.

Quindi, saluterò volentieri lo sforzo e gli accordi che si fanno. E li sosterrò, come governante.

So che alcune cose che sto dicendo stridono. Ma dobbiamo capire che la crisi dell’acqua e dell’aggressione all’ambiente non è la causa.

La causa è il modello di civilizzazione che abbiamo creato. E quello che dobbiamo cambiare è la nostra forma di vivere!

Appartengo a un piccolo paese molto dotato di risorse naturali per vivere. Nel mio paese ci sono poco più di 3 milioni di abitanti. Ma ci sono anche 13 milioni di vacche, delle migliori al mondo. E circa 8 o 10 milioni di meravigliose pecore. Il mio paese è un esportatore di cibo, di latticini, di carne. E’ una semi-pianura e quasi il 90% del suo territorio è sfruttabile.

I miei compagni lavoratori lottarono tanto per le 8 ore di lavoro e ora stanno ottenendo le 6 ore. Ma quello che lavora 6 ore, poi si cerca due lavori; pertanto lavora più di prima. Perché? Perché deve pagare una quantità di rate: la moto, l’auto, e paga una quota e un’altra e un’altra e quando arriva a estinguerle … è un vecchio reumatico come me e la vita gli è già passata davanti.

E allora uno si fa questa domanda: è questo il destino della vita umana?

Questo che sto dicendo sono cose molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare.

Precisamente. Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità!

Quando lottiamo per l’ambiente, dobbiamo ricordare che il primo elemento dell’ambiente si chiama felicità umana!

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Biografia di un Maestro  José Alberto “Pepe” Mujica Cordano

Un Presidente  al quale bastano 800 euro al mese
e per spostarsi  un vecchio Maggiolino 

Josè Mujica

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