Agoravox, il sito di giornalismo partecipativo diretto da Francesco Piccinini, ha intervistato (ed è la prima volta per un mezzo di comunicazione italiano, guarda caso via web e non tradizionale) “Mr. Wikileaks” Julian Assange e, naturalmente, non si è fatto sfuggire l’occasione per fare al giornalista australiano qualche domanda specifica sul nostro paese.
Prima parte – Seconda parte
Ne sono usciti almeno un paio di spunti interessanti sul panorama giornalistico italiano, e soprattutto la risposta alla domanda che un po’ tutti si sono fatti all’epoca della pubblicazione dei cables sui quotidiani di mezzo mondo: e l’Italia? I file diffusi da Wikileaks sono infatti stati rilanciati da diversi mezzi d’informazione: tra questi alcuni dei più importanti giornali del mondo, come dimostrano ad esempio le sezioni dedicate ai cosiddetti Iraq War Logs:
- Al Jazeera: The Secret Iraq Files
- Der Spiegel: Die Irak-Protokolle (in tedesco) e The Iraq War Logs (in inglese)
- Le Monde: Irak : l’horreur ordinaire révélée par Wikileaks
- The Guardian: Iraq: The War Logs
- The New York Times: The War Logs
eppure nulla è apparso, se non sotto forma di “semplici” articoli (che comunque riprendevano e citavano i materiali diffusi dai quotidiani stranieri), sui pur tanti giornali italiani che avrebbero potuto dimostrare maggior interesse. Assange, durante l’intervista, ha esposto la sua versione dei fatti.
Perché non hai mai dato i cables a giornali italiani?
“L’abbiamo fatto. Li abbiamo dati a un grande giornale, ma hanno deciso di non pubblicarli e di lavorarci su attraverso degli articoli”.A quale giornale li hai dati?
“Erano due. I due più grandi (non ci rivela i nomi, ndr). In precedenza avevamo anche lavorato con uno dei due, ma alla fine non ne hanno fatto nulla.
Assange non fa nomi, ma non è difficile immaginare che dietro a quella dicitura (“i due più grandi”) si alluda a Corriere della Sera e Repubblica. Sarebbe interessante, allora, chiedere ai loro direttori (Ferruccio De Bortoli ed Ezio Mauro) per quale motivo i cables furono rifiutati e si preferì andare ad attingere (in modalità “rincorsa”) a fonti per così dire “di seconda mano” pur essendo stati messi davanti all’opportunità di avere tutto il materiale a disposizione sulle rispettive scrivanie. Tuttavia l’intervista di Mr. Wikileaks fornisce anche qualche altro spunto d’interesse sul giornalismo nostrano.
Cos’altro emerge sul nostro paese?
“Tra i cables ce ne sono molti che parlano della corruzione in Italia, delle grandi compagnie. Ne sono in arrivo molti sul vostro Paese. Soprattutto sull’Eni che è il grimaldello che l’Italia usa per entrare in vari paesi del mondo. Come per esempio in Kyrgyzstan dove c’è un forte legame basato sulla corruzione tra l’Eni e i politici locali. L’Eni è la vera grande azienda corrotta italiana”.Perché queste storie non escono sui nostri giornali?
“Il vero problema è che in Italia i grandi giornali non parlano delle storie di corruzione, soprattutto se riguardano le grandi compagnie. Nei cables sono uscite e usciranno molte cose che non useranno. Anche di interazioni delle grandi compagnie pubbliche, come l’Eni, con alcuni paesi stranieri. I giornali italiani si occupano di persone che sono già in carcere o sotto processo, ma non si occuperebbero mai di persone che non sono mai state indagate, anche se citate nei cables”.