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Kaitan City è un luogo inventato, da qualche partenel Nord del Giappone, scenario di questo ritratto composito, poetico edisperato di una working class sfiancata dagli eventi, che tenta di resistere.Kazuyoshi Kumakiri ha esordito nel 1997 con l’horrorsplatter Kichiku dai enkai (Kichiku), presentato anche alFestival di Berlino nel 1998; insieme ai due seguenti film Sora no ana (Hole in the Sky) del 2001 e Antena (Antenna)nel 2003, i tre primi film del regista (ai quali ne seguono altri quattro)affrontano il tema del dolore, della violenza e sofferenza, che passano dallaconnotazione fisica delle prime due opere alla dimensione più intima dellaterza. Il dolore ritorna prepotente in quest’ultimo film edè il denominatore comune delle vite dei personaggi. E’ fisico, ma è anche unamalattia che consuma l’anima.Sketches ofKaitan Cityè tratto da una raccolta di racconti (5 le storie utilizzate dal regista, su 18episodi) di Yasushi Satō, che formano la struttura di quello che avrebbe dovutoessere il romanzo Kaitanshi jokei,pubblicato incompleto e postumo nel 1990, dopo il suicidio dello scrittore. Siamo nella città di Kaitan in inverno. La societàche gestisce il grande porto commerciale opera dei tagli al personale. Rimane acasa Futa, che vive con la sorella Honami. Il ragazzo è frustrato dallasituazione. Insieme con la sorella decide di salire su un’altura vicina allacittà per assistere all’alba del primo giorno dell’anno. Un’anziana signoravive sola col gatto asserragliata in una casetta assediata a sua volta dalleruspe che stanno spianando il circondario per la costruzione di nuovi edifici.Ryuzo ha 49 anni, lavora al planetario e ha un rapporto fallimentare con lamoglie e con il figlio. Haruo lavora per una ditta che vende bombole del gas, èaggressivo con la moglie. Il tranviere Taichirō ha problemi di comunicazionecon il figlio.Sonostorie di gente comune, che la struttura ad incastro della sceneggiatura cipropone collegate l’una all’altra e amalgamate dal gelo dell’inverno, dallarassegnazione alternata al guizzo di ribellione. La colonna sonora, di JimO’Rourke, è calma e avvolgente.Lo stile è quasi documentaristico con alcunesequenze magistralmente costruite, come quella dell’assemblea di lavoratorialla quale partecipa Futa e che lo riprende in primo piano nitido (perché è luiche in quel momento tenta di reagire con disperazione al licenziamento) con unmagma di persone sfocate sullo sfondo; oppure quella, surreale e felliniana,del tram illuminato che attraversa le vie nella notte di Kaitan portando dentrodi sé quasi tutti i personaggi: al suo passaggio nell’inquadratura Futa e lasorella, che stanno attraversando la strada, si trasformano, grazie alla magiadel tempo cinematografico, nei due bambini che erano al tempo dell’infanzia spensierata.E’ un’opera complessa, attraversata da temi diversi:l’angoscia dell’impotenza di fronte ai grandi eventi, i confitti nel microcosmodella famiglia (le famiglie di Ryuzo e Haruo), ma anche il calore dei legami(le intense scene di Futa con la sorella, nella problematicità della loro situazioneeconomica).Non da ultimo il tema della memoria: luogo beato,oasi nella quale rifugiarsi, lontano dalle angosce del presente. A questoriguardo, il regista ci propone le immagini sgranate di un filmino nel qualeappaiono due bambini, Futa e Honami, che costruiscono una zattera o illumina diuna luce soffusa e calda il ricordo di Ryuzo, di quando con la moglie e con ilfiglio ancora piccolo, andavano di notte nel bosco ad osservare le stelle. [Claudia Bertolè - Nippon Connection 2011]
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