Piove su Atene. Piove da due giorni.
Ricordo una striscia di Charles M. Schulz di molti anni fa in cui Charlie Brown legge una frase con tono enfatico ”Piove (virgola) sui giusti e sugli ingiusti” e Snoopy con la consueta lapalissiana saggezza chiosa: “mi sembra un ottimo sistema”.
E invece quel senso di giustizia in cui almeno la pioggia sembrerebbe non risparmiare nessuno, rendendo tutti uguali nelle condizioni di disagio, non corrisponde alla realtà: piove ad Atene, ma non in maniera uguale per tutti. La Grecia si appresta ad affrontare uno degli inverni più bui degli ultimi anni e la crisi morde ovviamente le classi più disagiate. Sempre più gente arriva a livelli di indigenza insopportabili per cui necessita di aiuti per il sostentamento quotidiano. In un anno si sono persi 1 milione di posti di lavoro; in un anno il PIL è sceso del 20%; in un anno la disperazione ha portato alla fame la maggior parte della popolazione.
Nel frattempo la task force dell’Unione Europea incaricata di monitorare gli impatti relativi alle misure economico-finanziarie messe in campo dal governo Samaras per fronteggiare la crisi, ha prodotto il suo report trimestrale facendo i complimenti alla Grecia per quanto fatto negli ultimi mesi, ma questo non basta ad allontanare lo spettro del disastro economico e sociale verso cui questo popolo sembra ormai essere destinato.
Infatti, nonostante la benevolenza dei valutatori europei, le agenzie di rating non ci risparmiano il loro abituale e insidioso dubbio per cui benché le misure fin qui adottate, rigorose e drastiche, abbiano prodotto dei risultati, certamente non saranno sufficienti al recupero del disavanzo. Pertanto è quasi certo che bisognerà affrontare una ennesima ristrutturazione del debito, come si dice in termini tecnico-finanziari per dire, praticamente, che i creditori dovranno aspettarsi di rinunciare a una parte di quanto loro dovuto.
Ma Samaras, con il consueto ottimismo di chi sta tentando il tutto per tutto, pone oggi l’accento sui positivi commenti fatti dall’Unione, cosicché i quotidiani locali danno risalto a questa notizia sia pure nella consapevolezza di essere ancora in una condizione di attesa rispetto alle decisioni dell’Europa per le misure da adottare nei prossimi mesi. Insomma il problema è ben lontano dall’essere risolto ed è difficile a questo punto prevedere come e per quanto tempo ancora questo Paese reggerà l’impatto dello scivolamento verso la povertà che sta travolgendo anche le categorie sociali finora ritenute al sicuro dagli effetti della crisi. Quello che è più grave in questo momento è che questo popolo abbia perso la visione del suo futuro e che la paura del domani si stia ormai impossessando anche di chi avrebbe la possibilità e il diritto di sognare. Ed è questa, lo sappiamo bene, la condizione in cui più facilmente accade che si possa perdere il senso delle cose e soprattutto la lucidità per poter fare scelte ponderate; sono queste le condizioni in cui crescono forme degenerative di populismo in cui gli estremismi (indifferentemente dall’appartenenza partitica) finiscono per influenzare il senso comune con il solo obiettivo di acquisire potere sul popolo e il popolo si sa (ha ragione Benigni) quando è disperato sceglie sempre Barabba…..
E intanto piove su Atene, i magnifici platani secolari si spogliano, e così anche quella parte di popolazione che mai si sarebbe aspettata di dover fare i conti con l’impossibilità di comprare il latte per i propri figli. Qual è il valore aggiunto, si chiedono, di far parte di una più grande famiglia (questo era il senso dei padri fondatori dell’Unione) che dovrebbe all’occorrenza dare soccorso ai figli più deboli? Dov’è quel senso di solidarietà che dovrebbe costituire le basi su cui si fonda l’Unione Europea?Lunedì scorso, nella consueta conferenza di fine anno con la stampa internazionale, la signora Merkel ha risposto piccatissima alla domanda di un giornalista che chiedeva come mai negli ultimi tempi non si senta più parlare della Grecia (in effetti è vero che negli ultimi mesi, ovvero dopo la visita della Merkel ad Atene lo scorso ottobre, poco si sia sentito parlare di ciò che accade in Grecia): “Penso alla Grecia in questi ultimi tempi ogni giorno”, pare abbia risposto la Cancelliera. O qualcosa di simile. Come se in tutto questo disastro bastasse rivolgere un pensierino quotidiano. Non per fare insinuazioni, o forse si, ma anche l’osservatore più distratto avrebbe notato come il problema Grecia sia stato ampiamente posto in risalto dalla stessa Cancelliera quando era doveroso dimostrare di essere pienamente consapevole del peso delle responsabilità che un paese sovventore netto dell’Unione deve dimostrare; era importante allora parlare della Grecia per affrancarsi dall’accusa dell’assenza di sentimento “europeista”, assenza invece costantemente messa in evidenza dai suoi detrattori come uno dei problemi più ingombranti della sua politica. Salvo poi lasciar languire il problema dopo essersi messa al riparo nella botte di ferro di una plebiscitaria riconferma da parte del suo partito. Per non parlare di quel tempestivo suggello che è arrivato da Oslo con il premio Nobel per la pace all’Unione Europea.
Quel Premio visto da qui (da Atene intendo), sembra lo spettro di una rappresentazione grottesca.
Parliamone, allora, parliamone ancora, prima che il problema “Grecia” diventi una cancrena di cui si parlerà alla fine solo per estirparla.
Sarà un Natale povero ad Atene (nonostante i ristoranti siano pieni e gli aeroporti anche!!!) ma nondimeno sarà l’occasione per riflettere sulla possibilità di creare una comunità europea solida e solidale (la cosiddetta cityzenship) alla cui fondazione tutti dovremmo contribuire attivamente, ognuno per la propria parte, ognuno facendo bene e con coscienza il proprio lavoro.
Buon Natale – Kalà Xristoughenna
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