…dalla finzione alla realtà…
Alzi la mano chi almeno una volta non ha sentito il famoso motivetto della colonna sonora del film “Il Ponte sul fiume Kwai” (titolo originale The Bridge on the River Kwai)? Se non sapete a cosa mi stia riferendo qui sotto potete guardare una delle mie scene preferite di tutto il film.
Certo, non è un film proprio recente e io e mio padre l’avevamo visto già diverse volte nel corso degli anni. Ambientato in Thailandia, ma quasi interamente girato in Sri Lanka nel 1957, vi consiglio vivamente di guardarlo (o riguardarlo) perché nel suo intento didattico di mostrare come l’etica militare possa rispecchiare l’assurdità e la follia della guerra e l’inutilità assoluta dei conflitti è ancora decisamente molto attuale. E poi è ambientato in Thailandia e non posso non consigliarlo, no?
E visto che i miei genitori non erano mai stati a Kanchanaburi abbiamo iniziato il nostro viaggio verso questa provincia al confine con la Birmania stando comodamente seduti sul divano a guardare di nuovo il film.
La trama delle quasi 3 ore di questa pellicola può essere riassunta più o meno così:
nel bel mezzo della foresta al confine fra la Birmania e la Thailandia durante la II Guerra Mondiale, in un campo di prigionia giapponese, un colonnello inglese, dopo essere stato sottoposto a torture da parte del comandante del campo incaricato di portare a termine la costruzione di un ponte ferroviario per essersi rifiutato di far lavorare gli ufficiali, accetta di dirigere i propri uomini nella realizzazione del ponte. Per tutta la durata del film le scene si alternano fra i lavori forzati dei prigionieri e la spedizione organizzata dall’esercito alleato per distruggere la ferrovia e il ponte, impresa che alla fine riuscirà nonostante proprio il colonnello inglese cerchi di impedire l’azione di sabotaggio dei suoi connazionali.
Ovviamente fra storia e finzione c’è differenza ma l’omonimo romanzo da cui è tratto il film da quello che abbiamo potuto imparare al Museo della Guerra è piuttosto fedele agli avvenimenti che avvennero a Kanchanaburi a partire dal 1942 quando la provincia era sotto il controllo giapponese. Come racconta il film, fu qui che lavoratori provenienti da diversi paesi asiatici e prigionieri di guerra alleati contribuirono alla realizzazione della famigerata Burma Railway, ambizioso progetto bellico che doveva servire all’esercito giapponese di controllare le comunicazioni via terra fra la Thailandia e la Birmania evitando il mare controllato da americani e inglesi.
Nei 3 giorni di permanenza a Kanchanaburi il ponte lo abbiamo visto da lontano, da vicino, da sotto e da sopra e abbiamo anche camminato accanto al treno sulle rotaie!
Dal ristorante del resort dove abbiamo soggiornato lo abbiamo ammirato all’alba e al tramonto. Insomma se il ponte è stato il motivo che ci ha fatto scegliere Kanchanaburi come meta per rilassarci qualche giorno, non poteva essere diversamente.
Prima di camminarci sopra però noi abbiamo optato per salire sul treno e percorrere un breve tratto di quella che è tristemente nota come la “Death Railway” (Ferrovia della Morte) proprio a causa del costo in vite che servirono per la sua realizzazione! E non abbiamo certo scelto un tratto a caso ma quello che è ritenuto il più spettacolare, l’Hellfire Pass (ovvero il Passo dell’Inferno) e il ponte in legno che fiancheggia la montagna e sovrasta il decorso lento del fiume. Poco più di 2 fermate, per un costo di poche decine di baht. Ma ne vale davvero la pena. Tanta gente in attesa alla piccola stazione, tutti pronti a cercare un posto sul lato a valle del vagone – andando verso Kanchanaburi ve lo ritroverete salendo in treno sulla destra. 40 minuti di passeggiata in treno e poi l’arrivo al famoso ponte.
Onestamente? Credo che lo rifarò, forse per un tratto più lungo!
Quel ponte in realtà non venne distrutto con le mine come racconta il film ma fu operativo per diverso tempo (e lo è tuttora). Venne parzialmente distrutto con i bombardamenti dell’aeronautica americana in più occasioni e in più occasioni ricostruito. Oggi quello in cemento e metallo (che nel film non compare proprio ma che venne davvero costruito dopo un primo ponte in legno di cui restano solo poche tracce) è preso d’assalto dalla mattina presto al tramonto da centinaia di turisti che vengono fino a qui per capire come un’opera d’ingegneria sia potuta costare la vita a oltre 113.000 persone fra prigionieri e civili costretti a lavorare in condizioni disumane.
La mia prima esperienza sul fiume Kwai fu completamente rovinata dalla visita al tempio delle tigri e non ne ho un bel ricordo.
Sarò forse un ingenuo e forse mi entusiasmo per nulla ma questa volta è stata tutta un'altra cosa. So bene che in Italia (e non solo) abbiamo paesaggi altrettanto belli e monumenti che di certo sono oggettivamente più belli. Eppure (e se ingrandite le foto lo capite anche meglio) eravamo emozionati e felici di essere in un posto che nella nostra mente era legato alle immagini di un film.
Se decidete di venire da queste parti, fidatevi, riguardate il film!
Io sogno di dare alla luce un bambino che chieda: “Mamma, che cosa era la guerra?”
Eve Merriam