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kapochef: quel modello master/slave che diverte tanto i radical geek

Creato il 09 febbraio 2013 da Giorgiofontana

kapochef: quel modello master/slave che diverte tanto i radical geekIeri per la prima volta ho consumato quel prodotto televisivo di cui tanto si parla, ‘Masterchef’.
L’occasione è stata una considerazione di Giovanni Scrofani sul lavoro al tempo di masterchef che sottoscrivo ed espando.
Scrive Scrofani

Il problema è che passo ormai metà puntata a spiegare ai miei figli che mai per nessuna cosa al mondo dovranno mai comportarsi come i tre giudici che incarnano l’archetipo del “Capo Mentecatto”.

[..] Ma soprattutto gli spiego che a costo di mangiare pane e cipolle non dovranno mai accettare di essere trattati come delle merde, per lavorare da persone complessate e psicopatiche. Perché la dignità non ha prezzo.

Anche Rudy Bandiera ne ha scritto nel suo modo sempre molto leggero, appassionato e intelligente. Anche in questo caso sottoscrivo totalmente il post , cercando di svilupparne un altro punto di vista.
Rudy scrive:

In Italia abbiamo spesso il problema di travisare e di mal interpretare i termini: viene spesso definita “sincerità” l’arroganza e la stupidità di quelli che dicono sempre quello che vogliono, senza pensare alle conseguenze. La sincerità senza empatia diventa arroganza e maleducazione. Io non voglio guardare un programma in cui un uomo, dall’alto di una posizione privilegiata, umilia altri uomini e donne.

Il discorso sull’empatia mi piace sempre, credo che coltivare quello strato limbico profondamente animale che è sentire il senso dell’altro sia fondamentale, tanto come processo cognitivo che come valore etico. Mettersi nei panni dell’altro, significa letteralmente migrare dal nostro corpo in quello di un’altro, com-muoversi, com-patire, ma anche rallegrarsi, felicitarsi, non in-vidiare, che è l’antitesi dell’empatia.
Invidiare deriva dal latino invideo che ha il significato di guardare contro.
Visto che parliamo di televisione l’Invideo ci sta benissimo.

Faccio anche qualche ricerca in Google per ‘fascismo masterchef’ e trovo che questa correlazione non edsiste per, almeno in rete, critici televisivi o del costume, sociologi, politici ma un wine blogger, Luciano Pignataro, che ha già fatto sue anche molte considerazioni sullo stile politico degli autori del programma che mi sono balenate durante la visione.

Il suo successo è dovuto a quanti nella vita reale sono come i concorrenti, disposti a farsi calpestare nell’intima dignità, come avveniva nei campi nazisti, pur di veder soccombere prima gli altri e che in tv sogna di essere come il trio aguzzino Bastianich, Barbieri e Cracco.

Ma torniamo alla mia esperienza visiva.
Ho fatto ricerche in rete per vedermi questo format ed ho trovato un riassunto dedicato a quello che dev’essere uno dei concorrenti più popolari.

In questo sunto sono dispiegate le strutture del format televisivo, il taglio stilistico registico, la modalità di conduzione, il casting e il senso narrativo del talent show.
Tutto questo mi ha fatto scrivere in facebook uno status molto empatico, perchè la forma reattiva è stata proprio determinata dall’empatia, un disagio fisico crescente nella prosecuzione delle immagini che mi hanno impedito fisicamente di continuare a vederne fino in fondo il contenuto.

Ho scritto sulla mia bacheca :

Ma veramente a qualcuno di voi piace questo schifo di televisione?
Beh, come diceva, la sora Lella , che di cucina se ne intendeva e di rapporti umani pure, ah annamo bene !!

Un mio amico, non solo feisbukiano, ha commentato facendo alcune considerazioni che mi hanno confortato

[amico] Ritorna sempre il film di Sydney Pollack: “Non si uccidono così anche i cavalli?” !!!

[Giorgio Fontana] Non avevo mai visto qualcisa che mi avesse così profondamente ferito come questa cosa fascista, profondamente fascista.
Mi ha ricordato ‘Salò Sade’ ma senza la pietas che aveva avuto Pasolini, sia nei confronti delle vittime che dei carnefici.

[amico]  Si, esattamente! E in questi ‘giochi’ si innesca (scientemente da parte degli autori e servilmente da parte dei conduttori – che non sono che dei ‘soldati’, e quindi per definizione senza ‘pietas’), nelle menti delle persone dei meccanismi di odio vero…Altro

[Giorgio Fontana] Sono 20 anni di goccia antropologica

[amico]  Certo!

[amico] Sono gocce che creano ‘dipendenza’ purtroppo.

[Giorgio Fontana] Qualcuno mi ha fatto vedere la parodia di Crozza. Ma io credo che non bisogna ridicolizzare la mentalità fascista. Il ridicolo è cauterizzante. Nel ridicolo c’è empatia e anche pietà. Nella sua rappresentazione il fascismo è grottesco, nel senso che fa emergere la Bestia che ognuno ha in sè stesso. Spettacoli come questi vissuti nel reality show sono pericolosi. Non c’è consapevolezza della distanza tra vero e falso e sembra che questo sia non solo possibile ma anche necessario per sopravvivere.
Come ad Auschwitz.

[amico] Mi trovi assolutamente d’accordo!

[amico]  e poi non dimenticare il senso di ‘fascinazione’ che qualsiasi cosa télevisée innesca!

[amico]  è l’emulazione che crea la diffusione… e quindi i ‘modelli’ – e i format quindi, non si capirebbe il senso di successi planetari altrimenti – sono qualcosa di assolutamente pericoloso per l’umanità.

[Giorgio Fontana] sformati, sarebbe il caso di dire.

[amico]  …insomma, anche timballi, pasticci!

Il mio amico è un regista e autore televisivo e cinematografico, è un profondo conoscitore di format e dinamiche produttive e autorali, ma soprattutto è un lucido intellettuale, come si suol dire, fuori da ideologismi e stereotipi, amico di produttori, registi e sceneggiatori non solo italiani.
Vuole dire, nel suo commento, che le scelte della programmazione televisiva sono sempre più legate a quello che chiede il pubblico.
Ed oggi quello che il pubblico chiede, lo chiede con il second screen, che è il pollice versus dell’arena.
In Twitter, durante ogni puntata, imperversa l’hashtag #masterchef con tweet che sottolineano la partecipazione appassionata di un pubblico che vive direttamente la sfida.
I concorrenti sono personaggi ma soprattutto sono persone chiamate per nome , incitate, insultate, usate.
Nella dinamica del reality si è inserito in modo pesante il nuovo joystick dello spettatore non più passivo, ma che vuole fortemente controllare il gioco e nel farlo non si accorge che sta cercando di controllare il comportamento di persone vere.

Non c’è più confine tra un videogame spara-spara e la volontà di controllo nel, vero o falso che sia, reality televisivo.
La volontà di controllo è il nostro fascismo limbico, presente in ciascuno di noi, è quello che porta le vittime pasoliniane di Salò-Sade ad essere delatatore l’uno dell’altro, per avere salva la vita o per avere un altro giorno in più.
La dinamica del controllo fascista è la correlazione che si instaura tra carnefice e vittima, attorno a quel confine che si dirada sempre di più, per cui ciascuno è lupo per l’altro e ognuno ha in mano il proprio solitario destino se accetta le REGOLE e se accetta l’UBBIDIENZA.
Il coro tragico che segue la rappresentazione, senza empatia e senza grecità, in questo piccolo dramma del tupo catodico è il popolo della rete.
L’avreste mai immaginato?

Lo stesso Pasolini aveva scritto (10 giugno 1974. Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia), parole che oggi possono sembrare ingenue e obsolete, per quanto siamo tutti  radical geek

L’ansia del consumo è un’ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli inconsciamente ha ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi ‘diverso’. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L’uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo

La volontà negata è accettata come sottomissione mentale nell’attesa di una libertà che viene falsificata da valori diffusi come il successo, l’obiettivo, l’assertività, il potere, la sopraffazione.
Nel video di masterchef che ho visto quello che mi fatto cliccare su STOP è la scena in cui sono al lavoro le squadre degli apprendisti masterchef.
Gli chef, scelti dai master, sono diventati i Kapo di
Auschwitz, la più degradante perversione della Shoa, con la quale le vittime diventano correi.

Non fate vedere masterchef ai vostri figli, se per voi non c’è più speranza, che abbiate pietas almeno per loro

E visto che si parla di grande cucina raffinata, consentitemi questa citazione pasoliniana:


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