Questo 15° principio dello “shoto-niju-kun” del M° Gichin Funakoshi va interpretato in senso letterale.
Ritengo personalmente sia opportuno riflettere sull’idea che, indipendentemente da chi abbiamo di fronte in un combattimento sportivo/marziale o per strada, dobbiamo considerare gli arti di questa persona come pericolosi, metaforicamente come spade affilate.
Quando la posta in gioco è la sopravvivenza, anche una persona non allenata nel karate o in altre arti marziali potrebbe sopraffarci, attingendo a una forza interiore imprevedibile. Quando una persona non conosce le arti marziali combatte con tutto il suo cuore, la sua anima, la sua rabbia! Potrà usare tutti i mezzi a sua disposizione per salvarsi e quindi il praticante di arti marziali, in ogni contesto e con chiunque, è meglio che acquisisca consapevolezza (e in fretta!) del pericolo a cui va incontro.
Un antico detto recita:
Un topo costretto in un angolo è capace di mordere anche un gatto.
Vincere il proprio ego, il proprio senso di arroganza sopravvalutando le proprie capacità, è segno di umiltà, forza interiore e, come dicevo prima, graduale consapevolezza. Trovarsi di fronte a un avversario, che sia o meno praticante di arti marziali, abile o inesperto, armato o a mani nude, è sempre una buona occasione di crescita! Una crescita interiore legata al MAI sottovalutare le altrui potenzialità ma rimandendo fermi sul proprio atteggiamento mentale.
Un atteggiamento vigile, sempre allerta (zanshin) ma altresì calmo (fudoshin) rispecchia l’artista che sarà in grado, in ogni frangente, di dare il meglio di sè, indipendentemente dal compagno/avversario che ha di fronte e da cosa vorrà fare con le sue “spade”.
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