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Kateri, il giglio dei Mohawk (parte 3)

Creato il 09 novembre 2012 da Davide

Culturalmente il modo irochese di sostituzione di un parente morto o di vendetta per il decesso consisteva in un processo di sei passi che poteva durare due giorni. Primo, il rituale iniziava una volta che il gruppo guerriero inviava notizia al villaggio annunciando quanti prigionieri aveva fatto. Secondo, gli abitanti del villaggio aspettavano i prigionieri, che avevano già percorso centinaia di chilometri a piedi e in canoa nelle condizioni peggiori e a cui era già stato tagliato almeno un dito per denotare il loro destino (quelli che non ce la facevano erano uccisi subito o lungo la strada, per esempio donne incinte di troppi mesi, infanti troppo piccoli, persone troppo anziane o deboli, feriti) e li facevano passare in mezzo a loro colpendoli con violenza. Terzo, i prigionieri erano spogliati nudi e torturati dalle donne anziane. Quarto, dopo parecchie ore i prigionieri erano lasciati riposare e nutriti, ma dovevano danzare mentre il consiglio decideva la loro sorte. Quinto, i prigionieri erano mostrati alle famiglie in lutto, che decidevano ognuna se adottare un prigioniero o farlo morire. Se dopo questa ordalia un prigioniero era considerato troppo in cattivo stato o se la famiglia voleva ‘mandare un messaggio’ a una famiglia rivale, un prigioniero (uomo, donna o bambino – anche se i bambini erano più adottabili e quelli troppo malridotti erano già morti per strada) moriva dopo una lunga tortura e parti del suo corpo mangiate. Sesto, se l’adottato compiaceva la nuova famiglia, viveva, se invece non piaceva, moriva come gli altri, anche dopo anni. La violenza sui prigionieri al villaggio era un rituale per far ‘morire’ simbolicamente la persona-anima dentro il corpo del prigioniero, che, se sopravviveva, era ritualmente pronto a sostituire il morto in tutto, dal nome alla carica, dato che incorporava la nuova anima. Era un rito di passaggio che prevedeva la totale adesione ai valori della nuova famiglia e integrazione alla nuova comunità. (Per avere un’idea di questi usi vedi lo storico Daniel K. Richter War and Culture: The Iroquois Experience. Per avere un resoconto di un raid condotto secondo queste regole e delle memorie di uno dei prigionieri, il reverendo Williams  e qui)
Questo processo rituale standard, però, si basava su un piccolo numero di prigionieri. Cosa succedeva quando i prigionieri erano interi gruppi tribali? Le epidemie che avevano decimato le tribù costiere del Nordest nordamericano dopo una ventina d’anni cominciarono a colpire anche gli irochesi della Lega che avevano contribuito a distruggerne il potere, alleati ai coloni con cui aspiravano commerciare direttamente. Il collasso demografico portò a un più frenetico fiorire di spedizioni connesse alla piccola Guerra del Lutto e quando interi villaggi nemici si sbandavano, alcuni riuscivano a fuggire dai parenti di clan altrove, mentre altri venivano adottati in massa dagli aggressori. Non solo: l’aggressività irochese, che mescolava guerra del lutto, pirateria sul fiume contro i cacciatori indiani amici dei francesi, e ‘grande guerra’ contro la Nuova Francia da parte della Lega degli irochesi portò la colonia francese a un grado di pericolo ritenuto insopportabile anche a Parigi. Bisogna ricordare che il teatro americano era solo un piccolo tafano sul culo degli imperi e in generale i rappresentanti locali dovevano arrangiarsi con le forze e i soldi che potevano reperire in loco. Quando gli irochesi attaccarono ripetutamente Montreal e l’adiacente forte commerciale di Lachine, mettendo in serio pericolo l’esistenza della Nuova Francia e il suo fiorente commercio del castoro, che era sotto il controllo reale, il Re di Francia cambiò politica, e inviò un contingente di truppe regolari del famoso Reggimento Carignano-Saliéres (vedi qui). Queste truppe riuscirono a distruggere nel 1666 tutti e tre i villaggi Mohawk, anche se gli abitanti erano fuggiti in anticipo, bruciando le riserve alimentari e creando così una grave carestia e costringendo i Mohawk e gli altri irochesi della Lega a chiedere la pace nel 1667. Tra le clausole i francesi imposero la permanenza di uno o più gesuiti nei villaggi della Lega. Per un resoconto in dettaglio delle guerre del Castoro e cartine annesse vedi qui.
Così nei villaggi irochesi in generale e in quelli Mohawk in particolare si verificò la nascita del ‘partito francese’: grazie alle adozioni di massa gli indiani ‘irochesizzati’ lo erano superficialmente, ma restavano cattolici e quando giungevano nuovi prigionieri dalle loro ex tribù (parenti di clan o di villaggio) o altri indiani ‘preganti’ dai territori della Nuova Francia si affrettavano ad adottarli, ingrossando le loro fila. Le fonti gesuite riferiscono che verso la fine del XVII secolo circa il 90% della popolazione dei villaggi Mohawk era composta da persone di origine non-Mohawk. Parecchi ex prigionieri, grazie al crollo demografico, erano giunti ad occupare non solo i posti di capo di guerra, ma anche quelli del potere ereditario di matrona di clan e capo della Lega, influenzandone così la politica dall’interno. Cominciarono anche a chiedere con sempre maggior forza la presenza di guide spirituali gesuite e con il trattato del 1667 la ebbero vinta ufficialmente. La presenza di gesuiti nei villaggi irochesi rafforzava la fazione ‘francese’ osteggiata dal quella ‘inglese’ che per lo più coincideva con gli indiani che seguivano la religione tradizionale, creando forti tensioni e indebolendo la Lega politicamente e socialmente. A un certo punto le tensioni potevano essere così forti che le minacce di morte dei tradizionalisti convincevano parecchie famiglie a fuggire dai loro parenti nel villaggio a maggioranza Mohawk nei pressi di Montreal, uno spostamento favorito dal governo coloniale francese e dai gesuiti. Questo è il quadro in cui si svolse la vita di Santa Kateri Tekakwitha, il Giglio dei Mohawk.(segue)


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