KAZAKISTAN: Zhaikmunai, gas, petrolio e segreti

Creato il 27 dicembre 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 27 dicembre 2012 in Asia Centrale, Energia, Kazakhstan, Slider with 0 Comments
di Massimiliano Ferraro

Cui prodest? A chi giova che Eni e Gazprom abbiano stretto un’intesa per la realizzazione del gasdotto South Stream? Perché, come ha sostenuto un anonimo ex dirigente del colosso degli idrocarburi, Eni si è «tagliata le palle» lasciando che fossero i russi ad imporre i prezzi del gas, invece di insistere sul progetto alternativo del gasdotto Nabucco?

Sono domande particolarmente scottanti quelle emerse dall’inchiesta di Paolo Mondani andata in onda nella trasmissione Report, perché in fondo riguardano tutti noi. Soprattutto se è vero che la discussa e discutibile strategia energetica italiana condizionerà, in un modo o nell’altro, il futuro del nostro Paese ben più di mille leggine sterili. Ecco perché quanto sentito dalla voce del Mister X del Cane a sei zampe riguardo ad una presunta manovra imposta all’Eni per favorire la Russia avrà fatto saltare più d’uno sulla sedia: «All’ad Paolo Scaroni glielo ha detto Berlusconi, che ha i suoi rapporti con Putin. È una questione geopolitica e di interessi personali: l’Italia ci perde, ma qualche italiano ci guadagna». Ma chi, come e quanto ci guadagna?

È a questo punto che nell’inchiesta di Mondani salta fuori il nome della Zhaikmunai Llp, una società kazaka che si occupa della ricerca, della produzione e della vendita del petrolio e del gas presenti nel nord-ovest del Kazakistan. La Zhaikmunai, sempre secondo l’ex manager, «ha un piccolo campo di esplorazione in Kazakistan e tira su dei ricavi nell’ordine di un milione di dollari al giorno con margini del 50%». I proprietari? Sono anonimi e la società non ha un bilancio depositato. «Io chiesi a Eni chi erano i proprietari e mi dissero: occupati del tuo lavoro e non rompere i coglioni. Parlai con dei dirigenti della petrolifera di stato kazaka: mi dissero che in Zhaikmunai si nascondono interessi di politici kazaki e italiani». Sono certamente loro i vincenti nelle ipotesi di incomprensibili scelte autolesioniste del gigante dell’energia nazionale, «uomini importanti del centrodestra, i soliti. I nomi me li hanno fatti, poi in Eni mi hanno chiaramente detto di stare attento al fuoco amico, quindi io sto zitto».

Zhaikmunai, storia e misteri

La Zhaikmunai LP è una holding con sede a Duglas, nell’Isola di Man, e quotata alla Borsa di Londra. La società è stata costituita il 29 agosto 2007, dunque all’indomani di quell’intesa tra Eni e Gazprom che, stando ai cablogrammi pubblicati da Wikileaks, avrebbe preoccupato non poco gli Stati Uniti.

La Zhaikmunai LP controlla il 100% della Zhaikmunai Llp che detiene dal maggio 1997 la licenza di estrazione di petrolio e gas nel giacimento di Chinarevskoye, sito di circa 274 chilometri quadrati nella provincia kazaka di Batys, nei pressi del confine tra Kazakistan e Russia. Gli ultimi dati riferiti all’attività della Zhaikmunai Llp indicano in 340 milioni di dollari i ricavi ottenuti lo scorso anno e in circa 39.947 boepd (Barrels of Oil Equivalent Per Day) la produzione giornaliera di greggio ottenuta a Chinarevskoye nel terzo trimestre del 2012. Entro il 2016 poi, la compagnia kazaka sarebbe intenzionata ad arrivare ad estrarre 100.000 barili al giorno, un traguardo che non sembra per nulla irraggiungibile grazie alla recente acquisizione, sempre in Kazakistan, di tre nuovi campi di estrazione: Rostoshinskoye, Darjinskoje e Yujno. Un’operazione costata appena 16 milioni di dollari che trasformerà la Zhaikmunai in una compagnia multi-giacimento. Il venditore? «Senza nome» secondo NaturalGasEurope.com.

«Siamo focalizzati sulla creazione di valore a lungo termine per gli azionisti attraverso la scoperta e lo sviluppo di riserve di petrolio e di gas», dice il sito della Zhaikmunai. Ma è proprio questo il punto: chi sono i beneficiari della fortuna estratta a Chinarevskoye?

Mentre tutti gli altri investitori rimangono protetti dal segreto, si sa che dal 2010 circa il 26% della holding Zhaikmunai LP è in mano alla KazStroyService di Timur Kulibayev, genero di raiss kazako Nazarbayev.

Mistero fitto invece sull’identità dei soci italiani. Il quotidiano Repubblica, che il 10 dicembre 2010 tirò in ballo per la prima volta Silvio Berlusconi quale possibile azionista occulto della Zhaikmunai, ha riportato l’altro ieri in un articolo le parole di Bill Emmott, ex direttore dell‘Economist: «Ho parlato con uomini dei servizi segreti britannici e sanno bene che il rapporto politico Berlusconi-Putin è anche d’affari, con relazioni personali e corrotte che riguardano il gas». Bisbigli delle “barbe finte” di Londra quindi, nulla di più. Gli unici indizi che potrebbero indurre davvero a pensare alla partecipazione del Cavaliere nell’affare del giacimento kazako sono i 450.000 dollari di bond della Zhaikmunai acquistati lo scorso anno dalla World Invest e dalla Aerion Fund, due Sicav lussemburghesi ricollegabili alla Banca Arner: l’istituto di credito luganese dove Silvio Berlusconi possiede il conto corrente numero 1. Anche in questo caso rimaniamo però sul campo delle supposizioni. La certezza assoluta non c’è e non può esserci, come ha sottolineato a Report Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia e consulente della procura di Milano: «Quel giacimento è posseduto da soggetti sconosciuti, vi sono insormontabili barriere per cui non è fisicamente possibile conoscerne la proprietà».


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