Il transito dei pianeti in un’elaborazione artistica. crediti: NASA
Raddoppiato il numero di pianeti a oggi conosciuto: è la notizia diffusa ieri da una conferenza stampa della missione Kepler della NASA, che ha annunciato di aver individuato 715 nuovi pianeti al di fuori del Sistema Solare.
La scoperta, immediatamente ripresa dal New York Times e da altri quotidiani, sta facendo il giro del web, anche perché 4 di questi pianeti sono stati definiti “abitabili”.
Ma il nostro Universo è davvero di colpo così affollato? Se si analizzano i dati raccolti dal telescopio Kepler, è troppo presto per trarre questa conclusione.
Come spiega Isabella Pagano, astrofisica dell’INAF di Catania, più che altro bisognerebbe parlare di probabilità. “Questa è senz’altro una scoperta importantissima, perché Kepler ha riempito i nostri database di una quantità infinita di dati” dice la ricercatrice. “Però nell’articolo in realtà non si parla di pianeti confermati, ma di una nuova terminologia messa in uso dal team di Kepler, pianeti validati”.
Questo significa che la sonda della NASA non ha individuato 715 pianeti reali, ma ha fornito un’analisi statistica della possibilità che gli oggetti individuati siano effettivamente pianeti.
“Kepler funziona inquadrando un campo di 100 gradi quadrati di cielo, in cui è presente un numero elevatissimo di stelle” continua Pagano. “Quando capita che un pianeta passa davanti alla sua stella, avviene una diminuzione di segnale, come se ci fosse un’eclissi: è un fenomeno chiamato transito, da cui si può derivare la dimensione dell’oggetto. Questo fenomeno non è molto semplice da rilevare, perché dipende dalla prospettiva: probabilisticamente solo il 4% delle stelle che osserviamo avrà un transito, perché in moltissimi casi quando il pianeta gira attorno alla stella non è detto che passi davanti ai nostri occhi. Ma ammesso che si riesca a osservare il transito, non possiamo sapere se si tratta effettivamente di un pianeta: per confermarlo occorre misurare anche la massa, operazione possibile solo se il pianeta orbita attorno a una stella abbastanza brillante per poter fare misure di velocità radiale, o quando si tratta di un sistema con pianeti multipli”.
E infatti da quando Kepler è in funzione è riuscito a individuare con assoluta certezza (ovvero, a portare a casa la doppia misura di dimensione e massa) meno di 180 pianeti. Per questo gli astronomi della NASA hanno messo a punto un nuovo metodo, chiamato “verification by multiplicity”, che si basa su un’indagine probabilistica che procede, per così dire, a eliminazioni: i 715 pianeti sono stati selezionati a partire da un campione di 3.601 candidati.
“Restano ancora aperte moltissime domande sulla composizione di questi pianeti, e il metodo statistico di Kepler non darà delle risposte su questo” spiega l’astrofisica.
I dati mancanti potrebbero invece arrivare dalla missione PLATO dell’Agenzia Spaziale Europea, di cui la stessa Isabella Pagano è coordinatrice per INAF.
“PLATO è fatto da 34 telescopi che guardano il cielo in modo da avere nel loro piano focale più di 1.100 gradi quadrati di cielo ciascuno: un fattore 10 rispetto a Kepler” racconta. “Per questo avrà la possibilità di osservare una porzione di cielo molto più grande: ogni singolo telescopio di PLATO ha un campo che è circa 50 volte quello della dimensione della Luna, e tutti insieme guardano a un’area di circa 120 volte la dimensione del nostro satellite”.
Questo permetterà ai 35 occhi del satellite di fare misure su circa 150.000 stelle vicine e brillanti in un colpo solo, caratteristiche che renderanno possibile anche la misura della massa, dell’età e della presenza di atmosfera per tutti i pianeti che saranno visti da PLATO. Anche i dati raccolti da Kepler potrebbero essere preziosi. “Si può pensare di tornare con PLATO nella zona di cielo già osservata da Kepler, per approfondire lo studio degli oggetti più interessanti che Kepler ha individuato” conclude Pagano.
E l’abitabilità? Anche i 4 pianeti definiti abitabili dai ricercatori di Kepler rientrano in una valutazione statistica: non è un’analisi qualitativa, ma una misura della posizione di questi 4 oggetti, che si troverebbero appunto nella cosiddetta fascia abitabile. Quindi anche in questo caso si parla solo di probabilità, almeno per ora.
Fonte: Media INAF | Scritto da Giulia Bonelli