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Keynes spiegato da Minsky

Creato il 02 novembre 2012 da Zeroconsensus

Keynes spiegato da Minsky

<<Il messaggio di Keynes nella sua “Teoria Generale” del 1935  era che sia la fragilità finanziaria che la domanda aggregata  possono essere tenute sotto controllo da un’appropriata politica pubblica. Una appropriata politica pubblica richiede una Banca centrale flessibile e la disponibilità di un’economia che gode  di indipendenza fiscale, nel senso che le sue passività sono internazionalmente accettabili, cosicché essa possa funzionare in un contesto di debito commerciale, a governare la domanda aggregata e a consentire, attraverso il deficit fiscale, di sostenere i profitti>>

Relazione di Hyman Minsky al convegno “Vittoria del capitalismo?“, Bergamo, 25 Ottobre 1990.

Propongo questa citazione di Hyman Minsky – strordinario e geniale economista keynesiano – non tanto per discettare se le misure proposte da Keynes siano sufficienti a bloccare le grandi crisi che, ciclicamente, il capitalismo partorisce, ma per un altra ragione: secondo Minsky le ricette keynesiane hanno lo scopo ultimo di sostenere i profitti del capitale.

Secondo zeroconsensus questa visione è quella corretta. Nel sistema capitalistico il conseguimento di un utile (profitto) è la finalità principale della produzione e dello scambio di beni e servizi: le imprese esistono per garantire al capitalista l’utile (che è la remunerazione del capitale), infatti in assenza di questo le imprese vengono fatte chiudere. In altre parole il capitale viene distrutto, in tutto (nei casi più gravi) o in parte (nei casi meno gravi), al fine di riportare il rapporto “utili/capitali” ad un livello ritenuto appropriato.

Dunque si può dire che il crollo della domanda aggregata è una conseguenza della distruzione del capitale (che vuol dire anche chiusura di stabilimenti con relativi licenziamenti e ovvio aumento della disoccupazione) dovuta alla necessità di ristabilizzare il rapporto tra utili e capitale. Come si può capire la cosa è di una banalità sconcertante se detta ad un analista finanziario (che per professione, infatti, tiene sempre un occhio sul cosiddetto indice ROI) o se detta ad un economista marxisista che sull’analisi del saggio di profitto basa buona parte della suo lavoro. Invece per gli economisti “ortoodossi”, siano essi keynesiani o neoclassici, questa non è una verità scontata, tutt’altro. La straordinarietà di Minsky sta proprio nella sua onestà intellettuale che gli permette di vedere la realtà e quindi di non nascondersi dietro  comodi paravanti, quali l’assunto che alla base della crisi via sia il crollo della domanda aggregata (che null’altro è se non un effetto della caduta del saggio di profitto).



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