Magazine Diario personale

Kick Ass - La mia pseudorecensione

Da Pkiara

I film sui supereroi non mi piacciono: mi annoio a morte con Spiderman, non mi ha mai appassionato nessuno dei trentamila capitoli di Batman. Però mi sono convinta che Kick Ass poteva piacermi: perché avevo letto una buonissima recensione su Repubblica e perché Kick Ass non è un supereroe convenzionale. Dave Lizewski (Aaron Johnson) è, infatti, un adolescente con la passione per i fumetti, che a un certo punto della sua sfortunata adolescenza comincia a chiedersi perché rimaniamo insensibili di fronte a certe ingiustizie. Come mai non ci ribelliamo? Perché non denunciamo? Per quale motivo non difendiamo i più deboli? Non è necessario essere supereroi, dotati di poteri paranormali, per volere un mondo migliore e combattere per averlo; di questo si convince Dave. Così, compra una tuta da sub, un paio di guanti per lavare i piatti e dei bruttissimi stivali e s’inventa di essere un supereroe: Kick Ass. Nessun superpotere, all’inizio conta sull’effetto sorpresa, ma becca un sacco di legnate. Eppure non si ferma, nemmeno quando sulla sua strada si mette un “cattivo” più grande di lui. Ad aiutarlo, seppure in maniera non proprio ortodossa, arriveranno altri due sedicenti supereroi: padre e figlia - Big Daddy (Nicolas Cage) e Hit Girl (Chloe Moretz) – che è meglio perderli che trovarli.
 

Il film diventa, con l’ingresso di questi due supereroi per vendetta e non per vocazione, improvvisamente troppo violento (è, infatti, vietato ai minori di quattordici anni), pur non perdendo il legame forte con il fumetto da cui ha origine. La morale? Tutti possiamo cambiare il mondo e le nostre vite, se solo lo vogliamo. E la vendetta genera solo altro desiderio di vendicarsi, senza possibilità di uscirne mai.
Se mi è piaciuto? Per non essere il mio genere di film, sì.

 


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