...E il concerto era cosi'. Su un piccolo palco allestito in un buco oscuro della Kin underground - tanto che ho dovuto interpellare tre persone diverse per trovare l'indirizzo. Con il solito barettino-bugigattolo nell'angolo, fatto di assi di legno scardinate. Con una platea di sedie di plastica con scritto "Deiu vous benisse" sul sedile, su un pavimento di terra e di sassi che grazie al cielo che non ho i tacchi.
E' pieno, folla mista. Tanti espatriati, tanti congolesi, tanti bambini che ballano negli angoli. La musica e' alta, la notte e' calda, e davanti a noi si scatenano una decina di ragazzoni sguaiati che scoppiano nelle cannottiere attillate. Vengono dal Kasai, questa regione sconosciuta. Dal Kasai di cui non so nulla se non che e' semispopolato e vi si producono le maschere piu' belle del Congo. Che vi vige il tribalismo assoluto. Balli nei villaggi al suono dei tamburi, animismo e stregoneria. A quanto pare il leader del gruppo e' arrivato a Kinshasa con l'esercito del '96, quello che ha fatto cadere Mobutu. Prima di trovarsi a fare lo scemo su questo palchetto scricchiolante si e' attraversato a piedi il Congo. Da guerrigliero.
Sono sbalordita, sono estasiata, sono divertita come non mai. Quanl'e' il link fra il Kasai e questa rumba rockettara che cola giu' dagli altoparlanti? E queste enormi parrucche afro anni settanta, di un'autoironia che nell'Est non si trova neanche col lanternino? E queste bandierine del Congo cucite sui gilet di pelle, questi balli scurrili, queste gag da pagliacci? Mi fanno ridere, mi fanno ridere e ballare.
Come sempre, cerco una conferma di senso negli occhi dei miei amici. E' proprio tutto vero? Esiste davvero questo posto, questa musica, questo cortile afoso? Esistono queste parrucche, queste birre calde, questo ritmo sfrenato? Come puo' stare in equilibrio tutta questa assurdita' impossibile? Non dovrebbe esplodere l'universo? Gli altri confermano: esistiamo tutti, eccome se esistiamo. E io penso che accidenti. Adoro questo paese.