Premetto che questo è uno dei miei anime preferiti; anime che ho adorato e che tuttora ritengo uno dei migliori di sempre.
Tratto da una serie di light novel scritti da Keiichi Sigsawa e illustrati da Kohaku Kuroboshi, purtroppo inediti in Italia, Kino no Tabi si compone di 13 episodi più un prologo e due OAV (prequel e conclusione), per la regia del grande Ryutaro Nakamura.
A prima vista, complici dei disegni minimalisti e un’ambintazione fiabesca, può sembrare un anime “facile”, accessibile ai più, ma dopo pochi minuti si rivela per quello che è: una creatura sfuggente, ambigua e difficile da classificare in un genere. Innanzitutto si tratta di un dialogo filosofico colloquiale tra la giovane Kino e la sua motocicletta Hermes. Sì, perché Hermes parla dando la sensazione di essere la voce della coscienza della ragazza.
I due viaggiano tra paesi fittizi, ognuno dei quali è afflitto da una problematica tanto particolare quanto intrinsecamente legata alla società, e con una tecnologia retro, in stile steam-punk.
Sigsawa ha dichiarato di essersi ispirato a Galaxy Express di Matsumoto, il suo Kino però è un’opera molto più introspettiva, intimista e Kafkiana.
Come sempre esemplare la regia di Nakamura: un genio visivo che inquadra ossessivamente gli occhi dei personaggi, risaltando la concettualità dell’anime.
Al di là della sua complessità, Kino no Tabi lancia un messaggio chiaro: “l’uomo diviene sempre più egoista e violento, tanto quanto aumenta il grado di civilizzazione”.
