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Kitchen Sink

Creato il 11 settembre 2015 da Eraserhead
Kitchen SinkDal buco del lavello una donna tira via un innocuo capello…
Non vogliamo sapere né come né perché la mano che sta dietro a Kitchen Sink(1989), corticino fieramente periferico, sia poi andata in futuro ad immischiarsi in prodotti sfacciatissimi (televisivi, avete pensato bene) quali sono serial del calibro di Sex and the City o The L Word, preferiamo immaginarci soltanto una Alison Maclean, canadese figlia di neozelandesi, che a trentuno anni se ne va timidamente a Cannes con sotto il braccio una pizza contenente quello che era a tutti gli effetti il secondo lavoro della sua carriera. I giurati di quell’edizione non riconobbero alcun merito al film della Maclean ma, come si suol dire, non è mai troppo tardi e oggidì a premiare Kitchen Sink potete pensarci tranquillamente voi perché è una robetta che vale e a cui non chiederete indietro i tredici minuti che vi sono serviti per vederla.
Da un soggetto che avrebbe potuto far scivolare tutto nel caciaresco bidone dei b-movie 80’s, ne esce invece fuori un agglomerato di psico-suggestioni con annessa mostro-manifestazione che attinge, rispettivamente, all’atmosfera malata dei primi cortometraggi di Lynch e a un body horror meets Tsukamoto; tali modelli (alti) restano ovviamente lontani, tuttavia la cosa non inficia il “piacere” che si prova durante la visione, un piacere sottilmente scomodo che ha nella non-letteralità il punto di forza: la possibilità di significare l’essere venuto dal lavandino è hip hip urrà per nulla monointerpretativa e ad anche quella più pensabile, ovvero che la creatura sia una specie di versione reincarnata o resuscitata di un eventuale marito/amato passato a miglior vita (d’altronde il dettaglio della fotografia che ritrae la donna insieme ad un altro uomo deve avere un senso. O forse no?), non appare il fine che la regista voleva raggiungere ad ogni costo; tutt’altro: è un film come questo, decisamente imperfetto e poverello, che strisciando sotto l’epidermide ha l’abilità di operare nell’ordine delle impressioni e di colonizzare felpatamente il nostro immaginario, tanto che d’ora in poi guarderemo con un certo sospetto i peli che orbitano attorno il foro del lavabo.Bello il tema musicale.

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