Gli infaticabili KK se ne escono (come è tradizione, ormai) con un altro album, che si aggiunge al loro quasi sterminato catalogo. Dicono di essersi ispirati al Van Dyke Parks degli anni Ottanta e ai Tangerine Dream, che è un po’ come affermare: prendo la melodia, la piego a mio piacimento e ci imbastisco un disco fatto di dieci pezzi, tutti con un filo conduttore, ma ognuno con una vita a sé stante (e se lo possono permettere…). Addentriamoci allora in questo El Pais Encantado: un titolo come “Giacomino Piedequadro”, oltre ad essere notevole, è pure un pelo inquietante, infatti il pezzo sembra essere una piccola marcia suonata da uno squinternato musicista costretto a strimpellare su una tastiera giocattolo. “Amor Y Muerte” è ballad lievemente flamenca che fa il verso alle alture dell’Andalusia, “Phedora” ricorda invece l’Oriente, mentre “A Tiny Parade” sembra pop effimero dei più delicati.
In sostanza questo è un lavoro che si nutre di coscienziose variazioni sul tema, frutto di una rilettura di canoni popular sempre orgogliosamente fuori fase: come ho scritto varie volte, i Klippa Kloppa non seguono nessuna moda, compongono quello che piace loro e basta. La cosa interessante è che risultano credibili pure quando certi suoni ricordano musiche pornosoft che neanche un film di Joe D’Amato o l’exotica più commerciale (“Bubungos”). A dirla tutta, per il sottoscritto il miglior disco da un po’ di anni a questa parte rimane il penultimo Amore Cosmico, coraggioso esempio di esperimento sul suono, versante più “avant”. Questo El Pais Encantado a conti fatti dà l’impressione di essere più una pubblicazione di passaggio. Menzione per il solito interessante artwork di Imma Zarrella.
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