Soderbergh del dopo Contagion. E la sensazione è sempre quella, sebbene più diluita a causa del tema trattato, lo spionaggio. Haywire, adattato dai soliti gegni in Knockout – Resa dei Conti, perché, udite udite, c’è una ragazza che pesta duro e c’è una resa dei conti, è confezionato come un compito per casa, veloce veloce, senza sbavature, perché tagliate con l’accetta del montaggio.
Ecco, se proprio lo volete sapere, non ho percepito, però, la solita spocchia di fondo. Per dirla in parole povere, non credo che Soderbergh avesse in mente di mostrarci lo spionaggio come lo sa fare lui. Non con una trama del genere, ricostruita da qualche vecchia sceneggiatura di un qualche misconosciuto telefilm e stiracchiata per arrivare alla classica ora e mezza.
Penso, piuttosto, che si sia invaghito di Gina Carano, la protagonista, e che abbia costruito il film intorno alle sue doti, lato A, lato B e qualche calcio ben assestato nelle costole di Michael Fassbender, che ci sta sempre bene.
La curiosità, infatti, stando a sentire la critica ammericana, era proprio lei: lottatrice professionista di MMA (Mixed Martial Arts), carina e, se non sono rimasto abbagliato anche io, persino capace di recitare.
Certo, non è il futuro del cinema, ma questo suo ruolo è meglio di uno qualunque dei millemila film di Cynthia Rothrock, per dire.
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Didascalico, come ogni Soderbergh a denominazione di origine protetta. Lui si mette lì, guarda la sceneggiatura, e ci costruisce sopra il film.
Sarei curioso, a questo punto, di dare un’occhiata allo storyboard.
S’è optato per una narrazione in flashback, non esattamente la mossa vincente. E questo da sempre. Perché, se nel presente mi mostri un personaggio che c’è anche nel flashback, indovinate un po’, quel personaggio non morirà. Tutt’al più sarà stordito.
E allora, come la mettiamo? Una scelta ammazzasuspense in un film di spionaggio?
Ok, ma è Soderbergh. A lui interessa la resa finale. Ma a questo ci arriviamo.
Dunque, aria da compito per casa. Infatti ‘ste spie sono in tono minore, e anche con minore equipaggiamento. Al massimo, Gina si limita a tracciare un cellulare. Non hanno neanche uno straccio di supporto esterno: solo un telefono e una pistola. E una serie di numeri utili da chiamare.
E se mi metti Ewan McGregor a fare il capo dell’agenzia, mah… non so. Con l’eterna aria dello studente universitario che ha, o lo sfrutti calcandoci la mano, proprio su quell’aspetto, e quindi ne vien fuori un personaggio distorto e morboso, oppure il risultato è inevitabile: sembra un fuoricorso che gioca a fare la spia.
Certo, vederlo, in una sola inquadratura, con Michael Douglas e Antonio Banderas fa il suo effetto, ma è lo stesso effetto che sempre si ottiene mettendo uno a fianco all’altro i mostri sacri del cinema. Soderbergh va sul velluto.
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Ma ecco che tocca a Gina. Viso interessante. Peccato che non le venga concesso un minuto di dialogo che non si trasformi, immediatamente, in rissa.
E qui, se non altro, la professionalità della Carano vien fuori: a parte che si sa muovere, è naturale. Ciò che colpisce è che non fa le faccette. Non ne ha bisogno. È concentrata sulla parte. Sa che non deve ammazzare sul serio Fassbender e dà il meglio.
Scena che, poi, si conclude in maniera cinica e pulita. A questo punto l’idea che avrete del film è ottima. Sempre una spy-story, ma di classe.
Poi c’è una lunghissima sequenza/inseguimento a Dublino, protagonista sempre Gina.
Ecco perché dico che Soderbergh se ne è invaghito. La segue, la anticipa, la guarda muoversi e compiere acrobazie, tutte naturali, senza esagerazioni. In pratica una passerella. Ha il suo fascino, la scena, ma non è più profonda di una pozzanghera.
Si sta a guardare Gina e basta, e nel frattempo, ci si ricorda anche che esiste la famosa Resa dei Conti. Il filo conduttore è chiarissimo. Ma come detto, non è importante, la presenza scenica della Carano riempie lo schermo, secondo la regia. Poi, ditemi se questo può bastare.
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[SPOILERS!]
Seconda parte, i nodi vengono al pettine, e anche Soderbergh. Ok, sei innamorato di Gina, l’abbiamo capito. E la vuoi sfruttare fino alla fine, per cui, t’inventi un genitore amorevole e una specie di epica convergenza a casa del papà. Prendi Gina e la fai truccare da Navy Seal, con tanto di volto dipinto.
Ora, non sono esperto di spionaggio e tecniche di combattimento, ma… che bisogno c’è della mascherata se lei stessa rende palese la sua presenza ai nemici con una telefonata?
Che bisogno c’è della mascherata se il combattimento avviene in casa, al buio? Cos’è, si deve mimetizzare col divano dell’ikea?
E poi, il finale. Andiamo Steven, seriously? Vabbé che lei è bravina, ma che ce l’ha solo lei… il brevetto di spia tosta? Che le agenzie si affannano a reclutarla come nulla fosse?
Trama, quindi, messa in piedi alla che me ne fotto. E, in tutta sincerità, un paio di scene azzeccate e quattro combattimenti di numero non ripagano.
Però, c’è Fassbender che finisce strizzato tra le cosce di Gina. Una scena che dovrebbe comunicare tensione… ma che fa pensare a tutt’altro.
Ok, spero proprio di rivederla…
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