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Kosovars celebrate at the statue reading newborn marking declaration of independence in Pristina, Kosovo, Sunday, Feb. 17, 2008. Kosovo’s parliament declared the disputed territory a nation on Sunday, mounting a historic bid to become an “independent and sovereign state” backed by the U.S. and key European allies but bitterly contested by Serbia and Russia. (AP Photo/Darko Bandic)
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06 Nov 2007, Pristina, Kosovo — An elderly ethnic Albanian man walks past photographs of Kosovo Albanians who went missing during the last war between Serb security forces and Albanian guerrillas in 1998-1999, which are displayed on the railings outside Kosovo’s parliament building in Pristina, Kosovo, Serbia. More than 3,000 people who vanished during the war that claimed the lives of 10,000 people, remain missing. — Image by © Valdrin Xhemaj/epa/Corbis
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Bari – Rassegna Stampa Militare, è ormai un punto di convergenza per molti lettori, ma anche per molti che scrivono, soprattutto quando si parla di Balcani e dei rapporti tra il Kosovo la Serbia, ma non solo. Ma su questo tema si tratta di ampliare un dibattito importante e a più voci. Per cui chi vorrà può con successo inviare i propri contributi.RSM è un luogo di incontro tra persone mature, responsabili ed intelligenti nella misura in cui sono disposti a cambiare opinione e nella misura in cui comprendono i limiti altrui. Pertanto, come già detto, non mi dispiace accogliere contributi su questo tema, ripubblicarli, commentarli, leggere gli altrui commenti e di questi le repliche.
A tal proposito, ricevo ultimamente, (ma non da lei) un interessante articolo pubblicato da Lieta Zanatta, già giornalista del Messaggero Veneto che ha scritto per il Messaggero di Sant’Antonio di Luglio-Agosto 2012.
Dopo averlo letto, non ho resistito a scrivere un articolo con il titolo in inglese, quasi a voler afferrare quel sentimento che pervade, nutre e puntella quello di Lieta Zanatta.
Ad una giornalista come lei (come ad altri del suo calibro), non lesiniamo spazio e ne apprezziamo la professionalità, ma ciò che lascia in noi del suo lavoro, suoi fortunati lettori, è quel profondo rispetto per l’altro, per tutti gli altri.
Le sue anafore variate (di un poco nel significante) che scandiscono, le parti di questo articolo, trascinano a strattoni la nostra attenzione, la nostra coscienza verso una questione “neonata”.
Il climax che emerge dal suo articolo è evidente. Un crescendo di emozione che prima si accumula, poi esplode “con tutta la forza che può” come in un parto, come in una dichiarazione d’amore osteggiata, in un ultimo e necessario grido di volontà alla vita.
Il Kosovo, un bellissimo “neonato” di poco più di 4 anni, ma per alcuni è scomodo come un figlio illegittimo ed una questione irrisolta.
Chiamare con suo nome questa “creatura” è un diritto fondamentale per esso e per la Comunità. La Storia che nessuno vuol dimenticare è necessaria per non fare più errori. Ma, il Futuro di chi è “appena nato” ed il Futuro della gente serba non può nutrire odio ulteriormente.
Il “New born” c’è! E’ evidente. Ci si chiede se ci sia ancora quel Padre serbo che guarda al proprio figlio, compassionevole, dopo il profondo odio per esso? Si tratta di una questione antica e nota che – se ho capito bene alcune memorie della religione serba – solo San Nicola pose rimedio. Che “si dia una mano” dunque anche a questo “nascituro”: si chiami semplicemente per nome questo “figlio”. Che sia il “battesimo” un nuovo inizio.
Ma forse è proprio qui il problema, forse è una questione religiosa! O, forse è una questione amministrativa? Politica? Identitaria? Dichiaratela!
Il 50% della popolazione del Kosovo ha meno di 25 anni, nel 1999 ne aveva 12. Questi ragazzi non hanno avuto una infanzia felice, ma neanche serena, ed hanno ancora negli occhi il dolore inenarrabile, così come lo avrebbero da par loro i serbi, o almeno i figli degli ex combattenti e quelli che risiedono (o che stanziano di guardia) nei pressi del fiume Ibar.
Ed ancora, è necessario ricordare le chiese abbattute, i morti in un giorno solo, le enclavi, la povertà, sarebbe necessario ridare un corpo inerme a quelle foto (o almeno un epilogo a ciascuna, sono le foto degli scomparsi), ma tutto questo ancora non basta a placare un cuore di un “bambino”.
Ed ancora, è necessario conquistare il diritto alla libertà di culto, al futuro, alla pace.
Ed ancora, è necessario piantare tagete tra i fucili ricordando che ad un “infante” serve un nome per essere amato. Chiamatelo per nome!
Antonio Conte
Un corso per le Attività Marittime (Gli Speciali)
Magazine Attualità
Kosovo/ Do you like Kosovo? Dribbling between marigold and rifles.
Creato il 14 luglio 2012 da Antonio ContePossono interessarti anche questi articoli :
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