Secondo il premio Nobel l’economia della zona euro si trova in condizioni peggiori rispetto a quelle in cui versava nel decennio degli anni trenta.
Egli afferma (in un recente articolo pubblicato per El Pais) che se da un lato la BCE può aver dato segnali dimostranti la presa di coscienza del problema deflattivo, dall’altro non è affatto sicuro che i metodi che sta prendendo ora in considerazione possano essere sufficienti ad invertire la spirale deflattiva.
Krugman continua affermando che negli Stati Uniti, secondo lui ancora lontani dallo “stare bene”, la Federal Reserve ha comunque compiuto un acquisto massiccio di obbligazioni e lo ha fatto anni addietro,e questa decisione ha permesso agli Stati Uniti di non trovarsi dove invece si trova oggi l’Europa.
Secondo il professore, uno dei principali responsabili di questa situazione in Europa, è la mentalità paranoica verso l’inflazione, che ha portato la politica su posizioni rigide e conservatrici (dettate principalmente dai paesi creditori, Germania in primis).
Si afferma (come un pericoloso dogma) che l’inflazione aiuta il debitore e sfavorisce il creditore, eppura, afferma Krugman, per la svalutazione del dollaro molti investitori americani se da un lato hanno lamentato il deprezzamento della valuta, dall’ altro sono stati compensati con la crescita dei valori in borsa; ed inoltre, cosa più importante, non si è ucciso i debitori (costringendoli a tagliare spesa e investimenti)