di Gabriele Merlini
L’interesse nasce da un banalissimo errore di valutazione: il vero nome di Pablo Neruda sarebbe infatti Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto e lo pseudonimo nient’altro che un omaggio. Contestualizzando: c’è una tomba nel praghese Vyšehradský hřbitov. Il cimitero. E’ nera, squadrata e non particolarmente bella. La targa Jan Neruda è incisa in lettere dorate e aumenta in scintillio quando si accende il lampione al fianco infiocchettato con la bandiera nazionale. Il tizio lì seppellito fu giornalista, narratore e poeta e – sebbene non compreso fino in fondo dai coevi – ad oggi resta uno tra i più celebri scrittori cechi. Apprezzato al punto di meritarsi un pensierino in Cile. Fetta di mondo piuttosto lontana dalla Mitteleuropa e chi usa cantarla.
Biografia quantomai intrigante: Jan Neruda nasce in Malá Strana a Praga. Il quartiere del castello e delle piccole strade a intersecarsi. Malostranské náměstí sulla quale affaccia la chiesa di San Nicola, e guarda al ponte di Carlo. Prima metà dell’ottocento: il trentaquattro. Da famiglia non abbiente cui tanti sforzi sono necessari per garantire al figlio la possibilità di studiare. I primi soldi arrivano per brevi articoli e resoconti di viaggio, quindi l’indipendenza economica e l’amore per Anna Holinová, con la quale resterà circa dieci anni.
Risale al cinquantasette la prima raccolta di poesia intitolata Hřbitoví kvítí, ovvero i fiori dei cimiteri. Scarso successo di critica mediato tuttavia dagli apprezzamenti crescenti per i feuilleton di spostamenti e traversate: Italia, Francia e Medio Oriente. Del sessantaquattro il testo Arabesky, a precedere la Povídky malostranské, i racconti di Malá Strana. Il microcosmo da rielaborare nel quale è cresciuto.
Narrativa e giornalismo ma anche versi, strada su cui proseguire con convinzione nonostante gli inceppi. La Knihy veřsů è del settantasei mentre viene pubblicato sei anni dopo Balady a romance (Ballate e romanze)
Metodo pragmaticamente utile per sopperire altalenanti soddisfazioni economiche pare legarsi a una ricca signora e Neruda, mollata la Holinova, inizia a frequentare l’altolocata Karolína Světlá. Terza e quarta della lista sono Tereza Macháĉková e Božena Vlachová, citate in rapida sequenza esclusivamente per sottolineare la scelta dell’autore di morire in solitudine a seguito del decesso di Tereza e la grave malattia che lo colpì nel 1880.
Jan Neruda scompare l’anno successivo e nonostante la decisione di concludere in isolamento la propria esistenza terrena ai funerali si ritrova una folla, mossa forse dall’idea di avere perso qualcuno di familiare e intimo. Una voce di casa. Malá Strana dista solo pochi passi e, come l’intera città, è in rapido cambiamento.
Naturalmente è tesi diffusa il riportare alle umili origini di Neruda certe caratteristiche più radicate nella sua arte: dallo stile ai temi, spesso – su tutti Hřbitoví kvítí - correlabili alla vita dei meno abbienti, i lavoratori e coloro che si inventano quotidianamente un modo per campare. Sebbene in narrativa il velato umorismo, la fede nella scienza e nella ragione (nonché i frequenti rimandi alla tradizione nazionale) siano tratti comuni alla maggioranza degli autori cechi del periodo. Retaggio locale più suggestioni estere, così come in poesia già avviene per l’altro praghese Karel Hynek Mácha, poeta assai ispirato dalla vicina tradizione tedesca e inglese.
Neruda è quindi recettore di motivi ricorrenti in buona parte di letteratura praghese del periodo, sia in lingua tedesca che ceca; per citare Claudio Magris la comprensione e l’amore per gli ultimi, l’umorismo e la pietà nascosta sotto una «ruvida battuta». Lo stesso cameratismo da osteria che ribolle nel soldato Švejk sia di Hašek che nel successivo di Brecht, e la confidenza con la morte. Faccende che, al netto di un aspetto contenuto e delimitato al territorio, sanno abbracciare corpose pagine di storia e inglobare i grandissimi temi.
Visitare Praga implica spesso omaggiarne anche le principali personalità, numerose delle quali passate a migliore vita da qualche tempo. Intrigante constatare quanto la radicata attitudine letteraria della zona sposi l’altrettanto celebre agilità informatica proprio tra le mura di un cimitero, e nella curiosa miglioria tecnologica sperimentata dentro il Vyšehradský hřbitov. Tombe digitalizzate e database degli ospiti più illustri: così, tra gli scrittori Karel Čapek e Karel Hynek Macha, la poetessa Bozena Nemcova e l’attore Vlasta Burian, anche per il frettoloso avventore non sarà difficile trovare il buon Neruda. Attorno un Malá Strana decisamente diverso – meno riservato e senza dubbio più affollato – e la sua casa lungo quella strada che dalla pianura coperta da tetti rossi ancora conduce al Cestello. Prima Ostruhová ulice, adesso Nerudova ulice. In onore del tizio che ha voluto omaggiare in profondità la natura, i riti, il mondo del lavoro, le contraddizioni e gli affetti della Praga che fu. Spetta a chi ne leggerà l’opera valutare filiazioni e rotture con l’attuale.
Foto: Stan Jourdan, Flickr