di Giovanni Bensi
L’anteprima dello spettacolo ha indotto i critici a porre molte domande circa l’interpretazione dei testi classici. Il “Consiglio artistico” del ministero della Cultura ha suggerito al regista di cambiare il titolo dello spettacolo nel quale si è creduto di vedere un’allusione al fatto che la società tagika “vivrebbe nell’oscurità”. È stato chiesto anche di “moderare” il tono dei monologhi nei quali si sentirebbe una critica all’indirizzo delle autorità tagike. “Nello scegliere il titolo del nostro spettacolo noi non pensavamo affatto che viviamo nell’oscurità”, ha detto in un’intervista il regista dello spettacolo Mirzovatan Mirov. “Volevamo solo richiamare l’attenzione del pubblico su ciò che succede alla nostra moralità. I funzionari erano anche contrariati dalle frequenti invocazioni a Dio (Khudo, Allah) contenute nei testi dei poeti medievali. Ciò potrebbe essere spiegato col fatto che negli ultimi anni si svolge attivamente un processo di islamizzazione della società. Le autorità cercano di prendere sotto il loro controllo la vita religiosa dei cittadini e di ridurre l’influenza del “clero” musulmano non controllato dallo stato.
Commentando la decisione del “Consiglio artistico”, il viceministro della cultura del Tagikistan, Mirali Dostiev, ha dichiarato che i funzionari avevano in mente solo l’”interesse degli spettatori”. “Non esiste alcun divieto, e non c’è neppure la censura. Solo che la vita in tutto il mondo è abbastanza complessa e difficile, e perciò noi raccomandiamo di presentare i problemi con più prudenza e correttezza, in modo di non suscitare tensioni nello spettatore”, ha detto Mirali Dostiev, che evidentemente considera gli spettatori come eterni minorenni da tenere sotto tutela.