Ieri la Commissione affari esteri della House of Representatives ha approvato l’emendamento Berman-Cicilline alla “legge di bilancio” (appropriation bill) del Dipartimento di Stato, ispirato dalle lobby greca e armena, col quale si chiede alla Turchia di restituire le chiese cristiane confiscate (immagino svariati decenni fa) e di porre termine alla repressione delle minoranze cristiane. Oggi l’architetto turco di origini armene Kevork Özkaragöz mi ha mostrato i lavori di restauro della chiesa armena Surp Vortvots Vorodman (“Santi figli del tuono”, o così penso di aver capito), proprio di fronte al Patriarcato di Kumkapı (nella città antica, verso il mare di Marmara), che abbandonata per lunghissimo tempo è stata recuperata – diventerà un centro culturale, ma avrà funzione liturgica per le ricorrenze – grazie a un finanziamento pubblico accordato nell’ambito di Istanbul 2010: la prima volta che lo stato turco finanzia i lavori di restauro di una chiesa armena che appartiene non allo stato ma alla comunità stessa (tramite una fondazione). Ora, è pur vero che le condizioni delle minoranze cristiane in Turchia non sono di certo ottimali e che la nuova costituzione dovrà necessariamente prevedere che la cittadinanza abbia una base civica e non più etnica: ma non avrebbe più senso apprezzare i segnali postivi – questo e gli altri di cui parlo su questo blog – invece di rimanere prigionieri dei pregiudizi di chi in Turchia non ci ha mai messo piede (il Patriarcato armeno di Istanbul non si è pronunciato in merito) ed è vincolato dal ricordo dei fatti tragici di un secolo fa? Ma ha senso ignorare la Turchia del 2011 per condannare quella del 1915? Tra l’altro, io sono cattolico, vivo in Turchia… e fino ad adesso non mi ha mai “represso” nessuno (e anzi, ho un vastissimo campionario di chiese di ogni denominazione tra cui eventualmente scegliere)!
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