Itinerari, cose da vedere (e da evitare) nell’antica capitale, dove è un delitto passare meno di tre giorni. Chi non va a Kyoto può invece guardare le foto, tante foto.
Scrivo pochi post del tipo “cosa fare, cosa vedere”. Ma continuo a ricevere mail, domande che me lo chiedono. E molti che si apprestano a un viaggio in Giappone si sorprendono quando dico, scrivo che a Kyoto dovrebbero passare più di un paio di giorni. Certo la differenza la fa sempre quello che si cerca. Se ami le metropoli, se del Giappone affascinano le bizzarrie, la cultura pop, la moda, i contrasti, allora stai più giorni a Tokyo. Se cerchi un Giappone più lento, tradizionale (per quanto a volte turistico), se cerchi storia e spiritualità, se cerchi la bellezza, allora scegli di passare più giorni a Kyoto. Per me è non solo la città più bella del Giappone, ma è fra le più belle dell’Asia, pur con i suoi difetti, le sue brutture.
Di giorni in realtà puoi passarcene anche cinque o sei, anche una settimana se hai il tempo: Kyoto ha 1.400 fra templi e santuari e ben 17 siti unesco e i luoghi da vedere sono sparsi su un’area molto vasta in cui è difficile spostarsi rapidamente. A Kyoto è facile perdersi e spesso non è neanche un male. E’ una città che invita a restare più di quanto si era immaginato.
Ecco perché scrivo questo post, per dire che nell’arco di un viaggio in Giappone per me Kyoto merita almeno tre giorni pieni, esclusa quindi la gita di un giorno a Nara.
Gion, Kyoto (foto di Patrick Colgan, 2015)
Gli itinerari seguenti valgono come un suggerimento, per dare un’idea, non sono da seguire alla lettera. Molto dipende dalla posizione dell’albergo, dagli interessi, dal tempo. E naturalmente questo post può anche essere seguito dai coloro (pazzi!) che intendono passare un solo giorno a Kyoto.
Per la stagione dei ciliegi dovrai mettere in conto più gente e altri posti da vedere. Questi i link: Kyoto fra i ciliegi in fiore capitolo 1 e capitolo 2
I trasporti a Kyoto
Kyoto ha l’aeroporto, anche se non lo sai. In realtà è a Osaka, ma si chiama aeroporto del Kansai perché serve tutta la regione e a Kyoto ci si arriva direttamente con il treno Haruka in 75 minuti (meno di quanto ci metta il Narita express ad arrivare a Tokyo). Per Osaka i minuti sono 65 (o 45 con alcune linee molto veloci), la differenza non è grande. Se l’aeroporto del Kansai è il proprio punto di arrivo o partenza non è necessario pernottare a Osaka, a meno che il volo non sia davvero all’alba
Kyoto ha la metropolitana: collega la città addirittura con Osaka (metro Hankyu). Ma le linee sono poco sviluppate e per vedere molti siti, sparsi in un’area assai vasta è necessario prendere i bus che sono sì convenienti (500 yen al giorno il pass), ma molto lenti. L’alternativa è il taxi, economico se si è in gruppo, ma spesso ugualmente lento, visto che Kyoto ha un intenso traffico di auto. Se la stagione è favorevole e si ha voglia di pedalare un po’ c’è anche la bicicletta (alcuni noleggi la propongono a pedalata assistita): Kyoto è piena di piste ciclabili e di strade secondarie poco trafficate e sicure.
Kyoto è piena di piste ciclabili (foto di Patrick Colgan, 2015)
Camminare lungo il fiume, a Kyoto (foto di Patrick Colgan, 2014)
A Kyoto infine si cammina bene. A me piace spostarmi a piedi in questa città per distanze sui due-tre chilometri quando è possibile e così facendo spesso si scoprono angoli interessanti. Kyoto ha zone brutte, ma altre – come i due lungofiume del Kamogawa e del Takase – sono molto piacevoli. Orientarsi non è troppo difficile. Il centro città ha un impianto a griglia, con le strade orizzontali numerate: le più importanti, da nord a sud sono nijo dori(la seconda strada), sanjo dori (la tre), shijo dori (la quattro), gojo dori (la cinque). Sull’asse verticale l’arteria principale è Karasuma, che inizia davanti alla stazione e che è percorsa da una linea della metro che taglia la città da sud a nord. Il cuore del centro è l’incrocio fra Karasuma e Shijo dori.
Il centro di Kyoto, Shijo dori (foto di Patrick Colgan, 2015)
La mappa del primo giorno a Kyoto da google maps, elaborazione Scribblemaps
Il punto migliore in cui alloggiare per me non è vicino alla stazione, ma in centro, intorno all’incrocio fra Shijo dori e Karasuma o nei pressi di Kawaramachi.
Primo giorno: visita a Kinkaku-ji e Ryoan-ji
In quelle prime fredde ore del giorno, mentre alcuni luoghi paiono sfiniti e altri rinati, Kyoto, invece, sembrava sempre un miracolo di speranze mattutine
(Pico Iyer, il Monaco e la signora)
Io credo che la vera bellezza di Kyoto si riveli col tempo, non subito. La città – così come viene vissuta da un viaggiatore – ha un suo ritmo, una dimensione unica che non si coglie immediatamente. Si percepisce camminando, osservando, perdendo tempo, ricavandosi dei momenti di solitudine. Ed è per questo che forse l’ideale è partire da alcuni luoghi simbolo, i più noti e affollati, per metterseli subito alle spalle. L’ideale, per me, sarebbe alzarsi all’alba e andare a farsi abbagliare dal Kinkakuji, il padiglione d’oro, arrivando prima delle 9, orario di apertura. E’ forse l’unico modo per sentirsi per un attimo soli in questo posto, fra i più famosi del Giappone. Come è noto il tempio (buddista zen) è stato in realtà ricostruito dopo esser stato incendiato nel 1950 da un monaco e la storia è raccontata in un famoso libro di Yukio Mishima. L’edificio quindi è recente, ma il padiglione, immerso in un giardino di grande bellezza ed equilibrio, resta una visione indimenticabile. E’ molto fuori mano, nella zona nord est della città: ci si arriva in bici (sono sei chilometri dal centro) se si è allenati, con il lento autobus 205 dalla stazione o con circa 2.000 yen di taxi.
L’abbagliante visione del Kinkakuji (foto di Patrick Colgan, 2013)
Il Kinkakuji di Kyoto (foto di Patrick Colgan, 2013)
Kinkakuji, Kyoto (foto di Patrick Colgan, 2012)
Dal Kinkakuji il mio consiglio è quello di andare a piedi (o in bici) o col bus fino al Ryoanji che dista appena un chilometro e mezzo. Ospita uno dei più bei giardini zen di Kyoto, unico nel suo genere. Ha la famosa particolarità di avere 15 pietre, solo 14 delle quali sono normalmente visibili da uno stesso punto del terrazzo che vi si affaccia. Io lo amo molto. E’ un giardino da contemplare, dove non si può passare in dieci minuti. Kyoto è così, chiede tempo.
A questo punto dovrebbero essersi fatte almeno le 11 e mezza e se è inverno o l’inizio della primavera – che a Kyoto è freddina – il consiglio è di fermarsi allo splendido ristorante di yudofu (tofu caldo) all’interno del tempio, con vista sul giardino. C’è il menù in inglese ed è meglio prenotare (qui le informazioni). Oppure si può pranzare in centro. Perché è qui che ora si torna.
Il giardino del Ryoan-ji (foto di Patrick Colgan, 2012)
Lo yu-dofu al Ryoanji (foto di Patrick Colgan, 2012)
Pomeriggio a Higashiyama
“Se ti affretti, c’è una parte del mondo che non riuscirai a vedere”
(un monaco, citato da Pico Iyer in ‘il Monaco e la signora’)
A questo punto si può inforcare la bici o prendere il bus 59 per tornare nel cuore della città: il bus arriva fino a Kawaramachi Sanjo, alle soglie di Gion, sulla ‘terza’ strada. Se non hai ancora mangiato qui vicino c’è Ganko sushi.
La mia idea è quella di variare, di non fare un giorno intero di templi perché diventano ripetitivi e le sottili differenze fra uno e l’altro diventano indistinguibili nella memoria. Vanno distanziati e soprattutto vanno scelti posti molto diversi. Io quindi consiglio di prendere da qui la metro Heian (al di là del fiume) e scendere fino alla fermata Kyomizu gojo. Da qui puoi scegliere cosa fare prima e cosa dopo: il circuito che ora racconto si può fare anche al contrario. E’ nella zona est della città, che si chiama Higashiyama, monti orientali.
Io consiglio di seguire Gojo (la ‘quinta strada’ di Kyoto) verso est una quindicina di minuti e poi salire per gojo-zaka sulla sinistra che porta a sannen-zaka e ninnen-zaka, due strette vie dal sapore antico, molto turistiche, ma piene di fascino.
Sannenzaka, Kyoto (foto di Patrick Colgan, 2014)
Sannenzaka (foto di Patrick Colgan, 2015)
Qui molti turisti giapponesi, specie giovani (ma si vedono anche stranieri), amano camminare in kimono/yukata noleggiati, quindi è l’occasione anche per belle foto. Il posto è anche l’ideale per fare shopping di souvenir. I prezzi sono più alti che altrove ma la proposta è ampia: furoshiki (i fazzoletti di seta usati un tempo per avvolgere oggetti da trasportare), yatsuhashi (i dolci tipici di kyoto), il tè e la baumkuchen al maccha (una specie di deliziosa ciambella) sono fra i miei preferiti.
A questo punto dovrebbero essere circa le 15.30-16 ed è il momento ideale per fermarsi a sorseggiare un tè da Kasagi-ya, lungo ninnenzaka, un po’ nascosto sulla sinistra. E’ un accogliente, minuscolo locale pieno di fascino, che ha ancora il sapore di una Kyoto che forse non c’è più se non in piccoli angoli della città: 700 yen per un maccha accompagnato da due dolcetti. E’ in questo momento che, forse, si può cominciare a mettere in fila le immagini, a riflettere sulla mezza giornata. E cominciare a capire Kyoto.
Kasagi-ya (foto di Patrick Colgan, 2015)
Kasagi-ya (foto di Patrick Colgan, 2015)
Kasagi-ya: chiusura alle 17, ma in realtà l’ultimo ordine è alle 16,30 (foto di Patrick Colgan, 2015)
Ora l’idea – se sono circa le 16.30-17 – è di salire a piedi al Kyomizudera per vedere il tramonto sulla città. Con l’orario ci si deve però naturalmente regolare in base alla stagione. Il tempio, patrimonio mondiale Unesco, è uno dei più belli e caratteristici di Kyoto in cima a un’altura. E’ stato fondato nel 780 ed è famoso per la sua fonte sacra e per il suo splendido terrazzo in legno che si affaccia sul vuoto. A Kyoto è… proverbiale. Gettarsi dal terrazzo del kyomizudera signifca infatti buttarsi in un progetto, un’impresa, lanciarsi senza rete.
(qui una splendida gallery sul tramonto al Kyomizudera).
il Kyomizudera di Kyoto (foto di Patrick Colgan, 2013)
Ora si può scendere dalla strada che torna verso Gojo dori. Qui ci sono moltissimi negozi di souvenir (come spesso accade nelle vie che portano ai templi) che però chiudono intorno alle 16 e che quindi saranno già chiusi. Poco male, perché vendono grossomodo le stesse cose che si trovano anche a Sannenzaka o ad Arashiyama e al Fushimi Inari-Taisha (protagonisti di secondo e terzo giorno a Kyoto).
La sera a Gion
A questo punto consiglio di tornare in albergo per riposarsi un attimo prima di uscire, specie se si alloggia in centro. Per me la conclusione ideale della prima serata è immergendosi nella Kyoto più affascinante e seducente. Si può cenare in un ristorante di Pontocho, lungo il fiume. Alcuni locali sono molto costosi, altri decisamente più abbordabili e alla mano, come Negiya Heikichi. L’alternativa, proprio davanti a Pontocho, è una cena di tempura da Takasebune, un locale semplice, ma pieno di storia e fascino.
Shinbashi al crepuscolo, affollatissima
(foto di Patrick Colgan, 2014)
Shinbashi al crepuscolo (foto di Patrick Colgan, 2014)
Poi, nel dopo cena, attraverserei il fiume per fare due passi per Shinbashi, che Lonely Planet definisce “forse una delle vie più belle dell’Asia” (e finora ha ragione). Da queste parti, così come a Pontocho, è facile incontrare una maiko (geisha) che esce o entra in un locale, o si affretta verso un taxi. Sono visioni improvvise, spesso troppo rapide per prendere la macchina fotografica. Sono come apparizioni scintillanti di pochi secondi. Che quando svaniscono ti lasciano il dubbio di esserti immaginato tutto.
Shinbashi in primavera diventa affollatissima e perde un po’ di fascino, ma lo riacquista quando scende il buio e le luci dei ristoranti eleganti si specchiano sul canale. Se hai ancora energia vale la pena fare un ultimo sforzo, fare due passi fra le antiche case di Gion e infine raggiungere lo Yasaka jinja, il grande santuario he incorona il margine orientale di Shijo. Resta aperto tutta la notte e qui, soli fra le lanterne illuminate si ha la sensazione, sfuggente, di essere tutt’uno con questa città. Non è vero, naturalmente, ma è bello crederci per qualche minuto.
1 – continua
Le lanterne dello Yasaka jinja nella notte (foto di Patrick Colgan, 2014)
Link utili
Kyoto in un giorno (pazzi!) o più – itinerari (in inglese) da Inside Kyoto
Dove mangiare a Kyoto (da Orizzonti)
Obon a Kyoto, con un’ampia parte sul Kyomizu-dera (da tradurre il Giappone)
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