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L’11 settembre (1973) del Pci di A. Berlendis

Creato il 12 settembre 2014 da Conflittiestrategie

Scritto da: admin

Un mito storiografico e politico da smontare Scritto da Andrea Berlendis

" Non credete a nulla di quanto sentito dire e

non credete che alla metà di ciò che vedete."

Edgar Allan Poe

Bisogna andare oltre Poe, nel caso del compromesso storico, perché in tal circostanza credere anche solo alla metà di ciò che si è veduto è del tutto fuorviante. Perchè il fatto che la linea del compromesso storico sia stata il risultato della reazione del gruppo dirigente del Pci al golpe cileno dell'11 settembre 1973, non è che un mito che taluni hanno costruito, molti l'hanno raccontato, tanti pigramente ricordato e tutti tendono a pedissequamente o interessatamente a tramandare.

1. L'11 settembre 1973 di Napolitano

In quella che è definita nel sottotitolo come " un'autobiografia politica", nel 2005, Napolitano rispetto all'origine ed al significato politico della linea del compromesso storico si colloca nel solco della tradizione sopra richiamata. Scrive, infatti, che nei primi anni '70 il Pci era orientato " a cercare una via d'uscita, ad aprirsi una strada per la partecipazione al governo. Una svolta fu in questo senso compiuta con l'iniziativa degli articoli di Enrico Berlinguer sul colpo di Stato in Cile, nel settembre-ottobre 1973. Ne scaturì, come si sa, l'indicazione della necessità di un 'nuovo, grande compromesso storico tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano'. L'impressione fu enorme, le ricadute politiche si sarebbero viste in un non lungo arco di tempo. L'orientamento della riflessione di Berlinguer era nettissimo: dal golpe in Cile, essa ricavava il rifiuto di ogni massimalismo politico e rottura sociale nell'esercizio del governo da parte della sinistra, una lezione di ricerca di vaste alleanze e di attenta ponderazione dei rischi di attacco reazionario. E già questo mi induceva a condividere quella riflessione."[1]

A conferma dei ricordi di Napolitano, lo storico Francesco Barbagallo nella sua biografia di Berlinguer, sintetizza così gli esiti della direzione del Pci che si riunì il 12 settembre 1973: " La conclusione nel sangue della esperienza di Unidad Popular e del presidente Salvador Allende in Cile spinge il Pci, dopo l'11 settembre 1973, a riflettere sulla prospettiva politica italiana. Pajetta, ch'era stato in Cile e aveva avuto incontri coi diversi esponenti politici, ricorda che i socialisti, a differenza dei comunisti, non si erano mai posti nella prospettiva di un 'compromesso con la Dc' cilena. Anche Napolitano sottolinea la mancanza, nella sinistra cilena, della coscienza della 'necessità di un rapporto di compromesso con la Dc'. Berlinguer non usa ancora il termine 'compromesso', che però ha preso a circolare, ma ribadisce che il fronte delle sinistre dell'esperienza cilena non è la prospettiva del Pc i"[2]

Dalle ricostruzioni di Napolitano e Barbagallo si desume che:

a) la linea del compromesso storico scaturì da una valutazione delle vicende cilene e quindi nacque dopo il golpe

b) il significato politico consisteva nell'adottare una linea più moderata nel perseguire gli stessi obiettivi, onde evitare una reazione autoritaria (colpo di Stato).

Ma l'evento ed il suo significato sono davvero come appaiono (e si è sempre cercato di far apparire)?

In una biografia di Napolitano, Paolo Franchi ," Notista politico al 'Corriere della Sera' e con un passato giovanile nel Pci"[3] narra il seguente emblematico episodio: " Il 12 settembre del 1973 non c'è città italiana che non sia teatro di manifestazioni infuocate. L'emozione e la collera sono altissime. Il giorno prima, in Cile, i generali guidati da Augusto Pinochet hanno rovesciato con un golpe feroce il legittimo governo di sinistra di Unidad Popular. Le notizie che arrivano da Santiago sono agghiaccianti. Il presidente Salvador Allende si è suicidato nel palazzo della Moneda per non cadere vivo nelle mani dei militari che da ore bombardano la residenza presidenziale: prima di morire, in un drammatico radiomessaggio, ha esortato il suo popolo a resistere, denunciando al mondo intero i golpisti che 'hanno la forza ma non la ragione'. [...] Gli Inti-Illimani, invece, sono in tournèe in Italia. E quel 12 settembre si trovano a Roma, sul grande palco di piazza Santi Apostoli, per il comizio con cui si conclude un gigantesco corteo. [...] Sono previsti gli interventi del socialista Riccardo Lombardi, del democristiano di sinistra Paolo Cabras e, per ultimo, del comunista Giorgio Napolitano. Quando è il turno di Cabras, esplode la contestazione antidemocristiana della piazza: riuscirà a parlare, prendendo le distanze dal comportamento alquanto ambiguo della Dc cilena, solo dopo che uno degli Inti-Illimani è stato sbattuto dagli organizzatori al microfono per implorare angosciato alla piazza rumoreggiante 'la mas vasta unidad' conto il fascismo. Infine, tocca a Giorgio Napolitano.

Non è mai stato un tribuno del popolo, Giorgio, ha sempre preferito, anche nelle circostanze più difficile, cercare di seguire il filo di un ragionamento piuttosto che infiammare ulteriormente platee già surriscaldate. E anche stavolta, lasciando un po' perplesso l'uditorio, militanti comunisti compresi, non tradisce il suo stile e si attiene alla regola. Alle vittime del golpe va la massima solidarietà, dice, quello che sta avvenendo in Cile è infame, inammissibile, intollerabile. Ma poi si sofferma a spiegare come e perché questa tragedia debba essere una lezione anche per l'Italia, e snocciola i peccati di massimalismo e di estremismo commessi ( a dire il vero il più dagli extraparlamentari del Mir e dai socialisti di Luis Altamirano che dai comunisti) dai compagni cileni. La piazza applaude, sì, ma fatica a capire: fino a pochi giorni prima, in fondo, l'esperienza di Unidad Popular è stata indicata come la prova provata che verso il socialismo, a differenza di quanto sostiene la sinistra più radicale, si può e si deve avanzare seguendo una via democratica e parlamentare."[4]

Ovviamente l'Unità del 13 settembre 1973 riportò solo la parte in cui Napolitano esprimeva esecrazione per il golpe cileno, ma non la seconda parte del discorso ricordata da Franchi.

A tal proposito è interessante anche la recente testimonianza del giornalista e saggista napoletano Ugo Maria Tassinari: " Ho conosciuto Giorgio Napolitano quarant'anni fa. Un incontro che mi ha segnato nel profondo, anche se sicuramente lui neanche si ricorda di me. Posso indicare anche, con quasi assoluta certezza, la data: sabato 22 settembre 1973."[5] Il ricordo, spiega l'autore, è preciso perché risale ad un assemblea alla sezione Chiaia-Posillipo di Napoli in cui Napolitano illustrò la linea del Pci dopo il golpe cileno. " Così ci toccò l'onore di ospitare il responsabile nazionale della Cultura che ci venne ad illustrare la linea. Non ricordo una sola frase di quel lungo, gelido, raffinato ragionamento politico con cui il leader riformista, senza alcuna emozione, ci spiegò che la lezione del Cile era l'esatto opposto di quello che m'era sembrato di capire. Ma il messaggio mi fu chiarissimo. L'errore non era stato, cioè la mancanza di durezza contro la borghesia compradora e gli apparati militari, ma la presunzione di poter fare da soli, da minoranza governante in regime democratico, senza piegarsi al ricatto dei potentati economici e militari. Contro le velleità avventuriste degli estremisti la via maestra era la politica dei piccoli(ssimi) passi. Pochi giorni dopo, su Rinascita, sarebbe uscito il primo dei tre articoli con cui Enrico Berlinguer lanciava la strategia del compromesso storico."[6]

Le testimonianze di Franchi e Tassinari pongono quindi il problema della veridicità del punto a), riguardante il quando la linea del compromesso storico è stata concepita.

2. Sulla genesi temporale della linea del 'compromesso storico'

Giuseppe Chiarante, allora autorevole deputato e dirigente del Pci, ha così scritto relativamente al momento in cui quella linea fu concepita: " Nelle ricostruzioni della politica del compromesso storico è quasi d'obbligo collegare le origini di questa proposta con la grande emozione suscitata in Italia dagli avvenimenti cileni (la rivolta dell'esercito appoggiata dagli Stati Uniti contro il legittimo governo del presidente socialista Salvador Allende e la tragica morte di quest'ultimo in un estremo tentativo di resistere nel palazzo presidenziale della Moneda) e con i tre articoli che prendendo le mosse da quegli avvenimenti Enrico Berlinguer pubblicò su 'Rinascita' tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre del 1973. Indubbiamente furono quegli articoli a lanciare su proscenio del dibattito politico la formula del compromesso storico. Ma se si guarda alla genesi di quella proposta politica non v'è dubbio che essa va riportata più indietro: infatti la si ritrova, in pratica già compiutamente formulata ancor prima che esplodesse la tragedia cilena, nella relazione presentata da Enrico Berlinguer al XIII Congresso del Pci, apertosi a Milano il 13 marzo 1972."[7]

A sostegno della retrodatazione dello stabilirsi di canali di comunicazione tra Berlinguer e vertici Dc, in funzione di un apertura politica vi sono innumerevoli e svariate fonti. Ne segnalerò alcune più pertinenti alle vicende cilene o riguardanti Moro.

L'alto esponente della sinistra Dc reggiana, che fu molto attivo proprio sulle vicende cilene pre e post-golpe cileno, Corrado Corghi, ricorda che " Il 6 aprile 1970, alle ore 19, accompagnato dal Segretario della federazione reggiana del Pci, venne a casa mia Enrico Berlinguer segretario nazionale del Partito comunista. Fu un lungo colloquio suddiviso in due temi: il primo di analisi su ciò che stava emergendo in campo cattolico, il secondo sul rapporto fra il Pci e i cattolici, Dc compresa."[8]

Un membro della dirigenza del Pci, Adalberto Minucci, che faceva parte della segreteria del Pci nel periodo berlingueriano in qualità di responsabile dell'informazione del partito, ha raccontato che Berlinguer " Aveva frequenti colloqui con Aldo Moro e altri personaggi del mondo cattolico già prima del golpe di Pinochet. Dopo l'11 settembre 1973 quei legami si rafforzarono"[9]

Quando si era presumibilmente stabiliti questi rapporti, lo ha rivelato Luciano Barca, allora membro della Direzione del Pci e responsabile della Commissione economica, stretto collaboratore di Enrico Berlinguer dal 1970. Barca racconta infatti che dal 1968"s i stabilì un mio rapporto personale con l'onorevole Moro, rapporto che quando l'onorevole Berlinguer diventò vicesegretario del partito [nel 1969;nota mia] io trasferii a Berlinguer. Ecco perché, da una parte io e dall'altra il dottor Ancora, diventammo i tramiti di questo rapporto"[10] Dall'altra parte, la figura indicata da Barca, Tullio Ancora, consigliere di Moro e responsabile dei rapporti con il Pci, significativamente ricorda che " Con Berlinguer c'era un feeling consolidato che già sette anni prima [ 1971; nota mia] l'aveva portato, complice sempre quel salotto, a un passo dal Quirinale. 'Noi abbiamo deciso di votarla a presidente della Repubblica', disse il segretario del Pci a Moro. Lui ringraziò con un inchino. 'Pensa che che ce la possa fare?', chiese allora Berlinguer per sondare gli umori della Dc."[11]

Da questi elementi si può (intra)vedere come l'apertura del Pci verso la Dc, fosse ben antecedente al golpe cileno, che costituì solo l'occasione per un'esplicitazione ed accelerazione di scelte già compiute precedentemente, per cui dopo il golpe cileno non ci fu, se guardiamo alla dinamica profonda nessuna svolta. Se invece guardiamo alla superficie, ci fu un segno di manifestazione esterna (importante per tastare la sua base sociale) di una svolta già compiuta (almeno nei suoi passi iniziali). Stabilire l'antecedenza cronologica della linea del compromesso storico, è stato necessario perché ne infrange l'aspetto del mito riguardante la genesi, ma assolutamente non sufficiente rispetto alla comprensione del suo effettivo significato politico. Necessario ad infrangere l'aspetto più decisivo, quindi profondo e celato del mito.

3. Sull'effettivo significato politico della linea del 'compromesso storico'

Per comprendere l'effettivo significato della linea del 'compromesso storico' si deve adeguatamente osservare il contesto crono logico del suo lancio 'ufficiale', che la vulgata fa risalire alla pubblicazione di Berlinguer dei tre articoli su Rinascita, usciti in successione il primo il 28 settembre 1973, il secondo il 5 ottobre 1973, ed infine il terzo il 12 ottobre 1973. Dopo la pubblicazione del primo saggio su 'Rinascita', Berlinguer compì un breve viaggio in Bulgaria in cui subì un attentato. In diversi suoi articoli il generale La Porta ha proposto una sua arguta interpretazione riguardo. " Il 3 ottobre 1973 Berlinguer tenne una veloce visita a Sofia. Nella capitale bulgara incontrò i dirigenti del partito comunista e quella stessa sera stava tornando in Italia. Sulla strada per l'aeroporto, nella coda del traffico, un camion militare, proveniente dalla corsia opposta, si staccò dalle altre auto e colpì violentemente la vettura su cui viaggiava Berlinguer. Il segretario del Pci si salvò miracolosamente; l'interprete morì e gli altri due funzionari erano in condizioni critiche. Berlinguer decise di tornare subito a Roma e non passare la notte in ospedale come gli fu proposto. L'attentato fu tenuto accuratamente nascosto dal 1978 al 1991. Neppure la morte di Berlinguer, nel 1984, indusse a sciogliere il segreto. Un segreto così ben custodito ebbe e tuttora ha un significato univoco: quello di custodire un ulteriore segreto, ben più solido e inconfessabile più dello stesso attentato. Quale? Dopo tanti anni non c'è che un segreto possibile, l'accordo con gli Usa certamente prima del 1976, anzi ancor prima del 3 ottobre 1973, quando il tentativo di ucciderlo è segno che Berlinguer ha tradito i suoi compagni del Patto di Varsavia. Solo il tradimento poteva giustificare l'attentato, solo se il leader del Pci fosse andato operativamente fuori dalla rotta moscovita e non per semplici teorizzazioni politiche, peraltro comuni a quel tempo in molti partiti comunisti in Europa occidentale e orientale."[12] Quindi secondo La Porta, la linea del Pci del 'compromesso storico' non era altro che un tassello del percorso di cambiamento di campo geopolitico del Pci, verso il campo occidentale guidato dagli Stati Uniti. Se la linea del 'compromesso storico' svolgeva tale funzione allora " Pur di fermare il 'compromesso storico' i sovietici, attraverso i bulgari, sono disponibili a uccidere uno politicamente affine, Berlinguer."[13]

La Porta tratta anche dell'interlocutore principale del Pci, cioè Moro, nei seguenti termini: " Quando Berlinguer è rimasto seriamente ferito nell'attentato subito a Sofia il 3 ottobre del 1973, Moro ha saputo e ha taciuto. Berlinguer dopo l'attentato rifiuta il ricovero in un ospedale bulgaro, si fa portare nell'ambasciata italiana, esige di rientrare con un aereo di Stato italiano. Moro in quel momento è ministro degli esteri. Egli quindi riceve immediatamente il telespresso informativo che l'ambasciatore italiano a Sofia indirizza alla Farnesina." [14] Quindi secondo l'autore " Moro sa e tace. Il suo è un saggio silenzio perchè aiuta Berlinguer a tenere unito il Pci,che altrimenti si spaccherebbe"[15]. Il problema era costituito dal fatto che "se la scissione si fosse realizzata, il traghettamento del Pci sulla sponda atlantica avrebbe perso gran parte del suo significato " [16] Personalmente concordo sulla funzione del silenzio solo da parte del Pci, che doveva 'coprire' il significato di messaggio in codice ai referenti americani del compimento di un passo significativo nel tragitto verso il campo occidentale, che la linea del compromesso storico aveva, e che le antenne (i servizi) di alcuni Stati dell' Est (così come Moro) avevano captato.

Non ritengo però che Moro fosse un fautore, come il senso comune storiografico e politico consolidato da sempre sostiene, dell'apertura (con successivo avvicendamento alla Dc) del Pci, ma in modo complesso fosse fautore di una linea con scopi opposti agli esiti che il cambiamento di campo geopolitico del Pci avrebbe potuto generare.

Scrive a tal proposito lo storico D'Auria riguardo alla linea politica di Moro alla fine degli anni Sessanta: " Moro in quanto capo del governo seguiva un ragionamento ancora più generale che era sostenuto da argomentazioni essenzialmente politiche più che di tattica elettorale non avendo nulla a che fare con le questioni di partito. Il punto di riferimento costante di Moro erano i comunisti, la cui marcia verso il potere egli riteneva inarrestabile. Questa marcia di avvicinamento doveva però essere rallentata il più possibile "[17]

Per dipanare ulteriormente la questione, ritengo profondamente pregante il seguente episodio giornalistico, riportato da Giuseppe Tamburano, storico ed esponente di rilievo del Psi: " Gianfranco Piazzesi ha tracciato un profilo parallelo di Moro e Berlinguer. Il pezzo è intitolato 'Moro e Berlinguer, due gocce d'acqua.'. Piazzesi ricorda un episodio rivelatore del carattere di Moro. Nel novembre del 1977 (l'11, per l'esattezza) il presidente della Dc spiega ai rappresentanti dei gruppi democristiani al Parlamento europeo qual è la politica del suo partito. In quella sede non può essere elusivo, deve, rispondendo alle domande di gente abituata a due più due fanno quattro, chiarire il suo pensiero. Moro è sicuro che non ci sono giornalisti in sala e dichiara che la Dc non vuole stringere un'alleanza politica e un accordo di governo col Pci."[18]

Si deve tener presente che Gianfranco Piazzesi era quello stesso giornalista (allora de 'Il Corriere della sera' e poi de 'Il Giornale') che pubblicò nel 1975 da un libello dal titolo: 'Berlinguer e il professore. Questo romanzo vi racconta come avverrà il compromesso storico'., in cui si adombrava il passaggio di campo geopolitico del Pci. Protagonista era il Professore, un esponente Dc investito della regia dell'operazione politica della cooptazione del Pci. Parlando con Kissinger a nome della Dc , il Professore asseriva perentoriamente: " Noi sappiamo bene, caro e illustre amico, che voi americani avete sondato nella direzione opposta. I vostri contatti con i comunisti italiani, molto confidenziali ma non proprio segretissimi, durano ormai da tempo."[19]

Per concludere sul punto, circa le posizioni di Moro rispetto al Pci, citerò le parole dell'ambasciatore Usa in Italia Richard Gardner:, a mio avviso, decisive: " Io sono un anticomunista viscerale. E anche Moro non voleva i comunisti nel governo. Lui era molto furbo. Li prese nella maggioranza, senza dare loro ministeri, per farli corresponsabili in scelte impopolari. L'obiettivo era quello di logorarli. E ci riuscì: nel 1979 il Pci cominciò il suo calo elettorale e il suo declino.".[20]

Non è che per caso Moro agisse secondo l'aurea regola dell'arte politica, ben illustrata dalla frase de 'Il padrino II': "gli amici tieniteli stretti, ma i nemici anche più stretti."....?

Conclusioni

Secondo La Porta il segreto inconfessabile che al contempo ne chiarisce il significato politico della linea del compromesso storico del Pci, è " l'accordo con gli Usa certamente prima del 1976, anzi ancor prima del 3 ottobre 1973".

Joseph La Palombara, a metà degli anni Settanta " professore a Yale e capo dell'ufficio culturale dell'ambasciata statunitense a Roma" e che curò " L'organizzazione del viaggio di Napolitano" negli Stati Uniti[21] in un intervista ad un periodico andreottiano ha indicato la genesi cronologica dei rapporti degli Usa con il Pci: "I primi tentativi di contatto tra il personale dell'ufficio politico dell'ambasciata Usa a Roma ed esponenti del Pci, in realtà, risalivano, a quanto si sa, al 1969."[22]

D'altra parte Sergio Segre responsabile della sezione Esteri del PCI dal 1970 al 1979 ha sostenuto che " Con gli Stati Uniti, Berlinguer era convintissimo dell'esigenza di andare verso una normalizzazione dei rapporti."[23]

Il termine 'normalizzare' riferito a rapporti con la potenza che era in antagonismo geopolitico rispetto a quella del campo opposto (Urss) a cui si 'appartiene' assume un preciso significato. Lo spiega un autorevole dirigente del Pci, Alfredo Reichlin: " so che fin dall'avvento di Berlinguer, il gruppo di uomini a lui più vicini considerava come compito politico principale il cambiamento della collocazione geopolitica del Pci. Sia pure gradualmente, e senza imbarcarsi in spinose dispute ideologiche sul socialismo reale, bisognava preparare un'uscita dal campo sovietico."[24]

Concludo, riproponendo uno scritto sì di fantapolitica, ma estremamente serio ed opportunamente 'informato' per l'epoca in cui fu pubblicato (1980). L'ignoto autore, nascondendosi dietro la dizione latina 'Rerum scriptor', delineava il ventaglio delle posizioni del gruppo dirigente del Pci, iniziando da coloro che avversavano il passaggio nel campo geopolitico occidentale, per concludere con coloro che " Da un atteggiamento come questo si passava per sfumature insensibili fino a dirigenti che celavano a stento, sotto un velo di diplomatico rispetto per l'Urss e per l'acceso filosovietismo della base, una decisa simpatia per gli Usa. Si diceva che appartenesse a questa elite già da allora Giorgio Napositano. Tale era almeno l'opinione dei funzionari del Dipartimento di Stato che incontrarono l'uomo politico comunista, allora in fama di concorrente da destra di Berlinghieri, nel corso della missione segreta del novembre 1979 negli Usa, dove la direzione del Pci aveva deciso di mandarlo, come segno di buona volontà nel momento della gravissima crisi degli ostaggi a Theran. Uno dei suoi interlocutori arrivò provocatoriamente a chiedere a Napositano in che cosa uomini come lui si considerassero ancora comunisti. Ne ricevette questa illuminante risposta:

‹‹Non è questo il problema. Il Pci esiste, ha un grande seguito di massa che tale resterebbe quale che fosse il comportamento di gente come me. Nel corso di una storia drammatica e tormentata parecchia zavorra si è certamente accumulata nelle stive del mio partito. Occorre che se ne sbarazzi, d'accordo. Molto è stato già fatto in questo senso, ma molto resta da fare. Ecco il compito che ci proponiamo, ma ci vuole tatto e gradualismo. Voi americani potreste aiutarci moltissimo, ma dovreste rendervi conto che quando si deve disinnescare un ordigno esplosivo, è stupido imprecare contro chi lo ha apprestato. Invece di ostracizzarlo, sarebbe meglio, se questo fosse possibile-convincere il costruttore a passare dalla nostra parte, rivelandoci i piani di fabbricazione. Così si potrebbe procedere allo smontaggio col minimo rischio. Strano che voi americani, che vi vantate di essere un popolo di pragmatici, stentiate tanto a capire un concetto così elementare.››. Gli americani avevano invece capito benissimo, come si evince dai rapporti dei funzionari incaricati dei contatti con le missioni del Pci.".[25]

[1] Napolitano 'Dal Pci al socialismo europeo. Un'autobiografia politica.' Laterza pag 122

[2] Barbagallo 'Enrico Berlinguer' Carocci editore pag. 183 biografo 'ufficiale'

[3] http://ilmiolibro.kataweb.it/booknews_dettaglio_recensione.asp?id_contenuto=3737789

[4] Franchi 'Giorgio Napolitano. La traversata da Botteghe oscure al Quirinale.' Rizzoli editore pag. 202-203

[5] Tassinari 'Napolitano, il capo della banda' Edizioni Sì - Studi Interiori pag. 8

[6] Tassinari 'Napolitano, il capo della banda' Edizioni Sì - Studi Interiori pag. 10

[7] Chiarante 'Con Togliatti e con Berlinguer. Dal tramonto del centrismo al compromesso storico.' Carocci pag. 173

[8] 'Mondo democristiano, mondo cattolico nel secondo Novecento italiano: a colloqui con Corrado Corghi.' Firenze University Press. Pag.120

[9] Minucci "Il golpe cileno accelerò la svolta di Berlinguer" L'Unità 12 dicembre 2006

[10] Barca 'Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi 47a seduta mercoledi 17 febbraio 1999

[11] Picariello 'Moro e il Pci, un'amicizia travolta dal rapimento' Avvenire 7 maggio 2008; http://www.pbmstoria.it/giornali3826. Da altra fonte: " Il primo incontro tra Enrico Berlinguer e Aldo Moro. Enrico Berlinguer vuol incontrare privatamente Aldo Moro. Si vedono in casa del parlamentare Tullio Ancora, si studiano per qualche minuto con imbarazzo, in silenzio. Berlinguer conferma a Moro la disponibilità del Pci a votare il suo nome per il Quirinale. Moro ringrazia con un lieve inchino allargando le braccia, ma pensa che sia tardi per entrare in corsa. Ribadisce l'impossibilità di un governo insieme al Pci, ma conviene sull'esigenza di operare insieme su alcune grandi questioni. Conclude dicendo che non avrebbe mai portato rottura all'interno della Dc. Tornano separatamente a Montecitorio, dove si vota per la ventitreesima volta alla ricerca del presidente della Repubblica. Viene eletto Giovanni Leone con 518 voti. " http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=enricoberlinguer

[12] La Porta 'Dalla Chiesa e La Torre Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa, ricominciamo da qui e dalla trattativa fra Stato e mafia, certificata dal generale Carlo Jean, braccio destro di Francesco Cossiga.'

[13] La Porta 'Aldo Moro, oggi si può dire di più. Tutto cominciò con l'attento a berlinguer a Sofia nel 1973′ Italia Oggi 12 marzo 2018

[14] La Porta 'Moro doveva morire: sapeva troppo.Come ministro degli esteri era al corrente dell'attentato a Berlinguer.' 'Italia Oggi' 25 settembre 2007

[15] La Porta 'Moro doveva morire: sapeva troppo.Come ministro degli esteri era al corrente dell'attentato a Berlinguer.' 'Italia Oggi' 25 settembre 2007

[16] La Porta 'Moro doveva morire: sapeva troppo.Come ministro degli esteri era al corrente dell'attentato a Berlinguer.' 'Italia Oggi' 25 settembre 2007

[17] D'Auria 'Gli anni della difficile alternativa .Storia della politica italiana 1956-1976' Edizioni scientifiche italiane pag. 255

[18] Tamburrano 'Pci e Psi nel sistema democristiano.' Laterza pag 58

[19] Anonimo 'Berlinguer e il professore. Questo romanzo vi racconta come avverrà il compromesso storico.' Rizzoli editore pag. 76

[20] Brambilla 'Richard Gardner, dissi no alla Cia che voleva infiltrare le Br'La Stampa' 15 Giugno 2010

[21] Pinotti, Santachiara 'I panni sporchi della sinistra' Chiarelettere http://temi.repubblica.it/micromega-online/i-segreti-di-napolitano/

[22] Intervista con Joseph La Palombara di Giovanni Cubeddu 'Alla ricerca della solidarietà nazionale.' in '30 giorni mensile internazionale diretto da Giulio Andreotti'

[23] Segre 'La stagione dell'eurocomunismo' nel volume 'Quando c'era Berlinguer ' (A cura di Veltroni). Rizzoli Editore Pag 160

[24] Foa, Mafai, Reichlin 'Il silenzio dei comunisti' Einaudi Pag 54

[25] Rerum Scriptor 'Il Pci al potere. Accadde domani' Editoriale nuova pag. 86-87


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