Magazine Diario personale

L -26

Da Icalamari @frperinelli

Il paese delle scimmie

L -26

Laura Boldrini, con giuste pretese,

Rifiuta a Marchionne il viaggio abbruzzese.

Ma la casta qui s’incazza

Tira fuori anche la mazza.

Lauretta, manda tutti a quel paese.

 

Laura Boldrini è (anche) una blogger. Quante cazzate vi bevete dai blogger che spacciano le proprie opinioni per dati certi, notizie, informazioni? Quanto credete alle sedicenti testate giornalistiche che rubano notizie a chi paga i diritti d’autore a coloro ai quali spettano?

È il rischio del web. Va accettato, se si intende credere a una società più giusta, libera ed egualitaria. Si tratta di utopie, come no. Nessun cambiamento nella storia è mai avvenuto senza l’innesco fondamentale dell’utopia. Una visione della vita e del mondo senz’altro fuorviata dall’incasellamento di fatti e conseguenze entro una visione costruita a tavolino, quando non totalmente sognata da menti, a volte, del tutto farneticanti.

C’è sempre qualcuno che raccoglie l’utopia e la fa germogliare. Questa è la storia dell’essere umano. Ben venga l’utopia se poi lo spinge ad avanzare nella crescita personale e sociale. Ben venga. E questa, per inciso, è la mia opinione, non un fatto, il frutto di una ricerca, una notizia. Mi sono messa in testa di fare anche la blogger, che significa tutto e niente. Quantomeno, però, mi dà la possibilità di essere letta da chi trovi che la lettura di ciò che scrivo abbia un qualche interesse per relazionarsi o mettere in moto le proprie riflessioni.

Sono per metà figlia del sud. Per un quarto calabrese. Ho avuto un’educazione che mi ha convinta a tenere i panni sporchi in famiglia, a non ostentare competenze o doti, ad agire, più che proclamare intenzioni. A incanalarmi nel flusso della società così com’è organizzata, nella convinzione che non sia compito del singolo tentare il cambiamento. A non strafare. A dichiarare che sono donna con orgoglio ringhiante e risentito. E accettare che un ometto qualsiasi a me avrebbe potuto afferrare la gonna, alzarla, e mostrare a tutti le mie mutande gridando: Ce l’ha rosa! E io avrei dovuto stare in silenzio, ascoltando gli altri ridere della pessima uscita.

Ma, ecco la notizia, i tempi sono cambiati. Finché lo Stato non riterrà di tagliare la rete col machete come nei posti dove le rivoluzioni non sono ben accette, io resto in mostra così come ho deciso. Le mutande, vuoi vederle? Eccole, se mi va di mostratele, e  non c’è niente da ridere perché sono bellissime e, mia opinione, le porto proprio alla grande. Quelle mutande sono le mie idee, ne puoi discutere, oppure puoi ignorarle e tirare dritto, ma spiegami chi sei per mettermi in ridicolo come persona additando, non tanto loro, ma il mio coraggio nel mostrarle?

Alice Munro ha impiegato la vita ad affrancarsi dalle convenzioni, prima di vedere riconosciuto il senso e la grandezza della sua vocazione. Fosse nata una cinquantina d’anni dopo, ne sono certa, terrebbe almeno un blog, come tante altre di noi. Come Laura Boldrini.

Con una vita intera a testimonianza della statura della sua persona, puoi prendertela con lei (che è anche su twitter, sai? Non si sottrae al confronto) su punti specifici della sua attività di Presidente della Camera, puoi dissentire, darle addosso perché non agisce come pretenderesti. Fin qui è tuo diritto: fallo.

Ma davanti al suo rifiuto a visitare la fabbrica del sciùr padrun opponendo che “Per ogni fabbrica che chiude e per ogni impresa che trasferisce la produzione all’estero, centinaia di famiglie precipitano nel disagio sociale e il nostro sistema economico diventa più povero e più debole nella competizione internazionale” e proponendo la visione personale che per reagire alla crisi serva “un progetto del tutto nuovo” (dalle torto, và) non puoi permetterti (non ti devi permettere!) di attaccarti alla sua gonna per destituire il suo pensiero, davvero no. Di far passare per arroganza il disinteresse per il cosiddetto galateo istituzionale sfoggiato da Marchionne.

È una mossa bieca e fallimentare. I tempi sono cambiati, ex ministro Brunetta. C’è, sì, dissonanza tra i presidenti delle due camere e la larghissima maggioranza che, a parer suo, rappresenterebbe l’intero paese. Perché quello stesso paese è composto da gente che da un giorno all’altro non ha più il lavoro, ma ha ancora bocche da sfamare, gente che ha accesso alle informazioni, che partecipa alle discussioni in maniera sempre più consapevole, ala faccia del gap cognitivo nel quale la vostra gestione politica ha bruciato le chances delle ultime generazioni.

E hai voglia a cercare sempre di portare il livello del dibattito sotto la cintola.

Il paese, sfogato un certo numero di atti onanistici, avrà pure abbandonato la volontà di far esplodere la rabbia repressa, ma davanti avrà sempre più la propria fame, figli dell’età più varia senza alcun futuro, per i quali non esiste alcun progetto formativo nazionale valido. Anzi.

Inizi a temerlo questo paese, la maggioranza delle larghe intese (troppe rime, altro che pippe, nel mio caso), perché non può essere consonante con essa, quando ascolta Brunetta sostenere che Boldrini rivendica “un’ideologia anticapitalista che fa paura e manda messaggi negativi ai mercati”.

Conosco imprenditori che chiedono con forza di visitare i propri stabilimenti, per rendersi conto di ciò in cui consiste il proprio lavoro, quali sono i processi produttivi, chi sono e in che condizioni lavorano gli addetti alle varie mansioni. In quale tipo di ambiente avviene la produzione di ciò per noi utenti finali è, alla fine, soltanto un altro bene di consumo. Quali garanzie, quali prospettive di salute e solidità offre ai propri dipendenti e anche al paese, chi rischia di investire i propri ricavi seguendo una visione innovativa.

Innovazione. Rischio. Visione utopica (di base, ma tradotta in azioni concrete) per l’occupazione.

Laura Boldrini mi sembra che ascolti tutte le campane, ma, opinione di blogger (e pazienza), nelle sue vesti istituzionali fa bene a non voler salire in cima a un campanile tanto potente, rischiando la sordità per tutti.

L -26

La campana di Rovereto


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