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l'abito non fa iil monaco

Da Galadriel

 Ho avuto il privilegio e la fortuna di lavorare per questo eclettico personaggio, per quattro anni. Mossi tutte le mie poche conoscenze, in quell'ambiente, per poter avere un appuntamento con il modellista di Ferrè. Aspettai quasi una stagione e un bel giorno arrivò la telefonta tanto attesa. Non mi feci problemi di come dovessi presentarmi, la mia contestazione per quell'ambiente fatto di apparenze, mi aveva già portato alla decisione che il mio abbigliamento sarebbe sempre stato jeans e maglietta d'estate e jeans e maglione d'inverno.

l'abito non fa iil monaco

 Gianfranco Ferrè
  Nel 1978 con Franco Mattioli
 fondò la "Gianfranco Ferré"

 Arrivai, alla periferia di Bologna, al laboratorio di Franco Mattioli
( Mentore ed amico fidato di Ferrè) con un'ora di anticipo. Era il 1979 e le collezioni dell'anno precedente avevano avuto un successo enorme. Entrai in quel laboratorio in punta di piedi e mi venne incontro una signora con un foulard avvolto in testa a mo di turbante ( evidente una cura drastica fatta di recente) che mi guardò dalla testa ai piedi e lessi nel suo volto tutto il disgusto per il  mio abbigliamento e mi sentii giudicata dall'abito che si dice che "non fa il monaco" e mi disse: " Piacere sono Silvana, lei vuole lavorare per noi? Bene- non aspettando neanche la mia risposta - Noi siamo un gruppo serio, abbiamo impegni inderogabili che dobbiamo rispettare, avendo contratti con penali , non possiamo ritardare neanche di un secondo le consegne. Quindi non deve mai ritardare, non deve mai consegnare prototipi che non siano perfettamente completi perchè noi non abbiamo tempo per completarli" Qui si interruppe il discorso per una telefonata arrivata da un laboratorio marchigiano.
Assistetti ad una lavata di testa da parte della signora Silvana alla responsabile di quel laboratorio, letteralmente se la mangiò viva! Con lo stesso tono continuò il discorso con me ed io mi sentii cichettata ancor prima di aver fatto alcunché. Feci un passo indietro e tutto il mio entusiasmo si spense dopo a quella telefonata. La lasciai parlare e alla fine mi guardò con un'espressione interrogativa mista a snobbismo, aspettandosi da me una retromarcia. Raccolsi tutta la mia dignità e le risposi: "Ma dovrò fare un campione?- e senza aspettare risposta- Perché può essere che io non vada bene a Voi ma può anche essere che Voi non andate bene a me". La signora si azzittì, mi guardò con con aria di sfida, annuì con il capo e se ne andò facendomi cenno, con una mano, di attendere. Ritornò con un pacchetto e un cartamodello, mi diede alcune informazioni tecniche e mi salutò dandomi appuntamento due giorni dopo. Capii dopo che mi aveva dato un capo unico, importante e difficilissimo che per confezionare il quale ci misi diciotto ore! Era un tempo esagerato e per di più le mie colleghe, ancora con poca esperienza, non sarebbero state in grado di fare quel lavoro.
Rassegnata a chiuderla lì, mi presentai davanti alla signora e senza proferir parola le consegnai il capo. La vidi  scomparire nel corridoio in fondo al laboratorio e passando da una stanza all'altra, appariva, portandosi appresso persone che la seguivano nella stanza successiva. Passò un tempo interminabile, per la mia percezione passò almeno un'ora, e finalmente apparve con un personaggio..un eccentrico, che mi presentò come il modellista della collezione Ferrè (persionaggio unico e bravissimo professionista, artista, e anima gentile). La signora mi chiese con insistenza e con evidente incredulità se lo avevo fatto io.
Convinta della mia sincerità, mi fece i complimenti, lei il dandy, un'altro che uscì da quel corridoi e che mi fece l'ok con il dito, il tagliatore che venne a darmi la mano, ei io allargai le spalle, alzai il mento e le dissi: " Visto, signora Silvana, che io vado bene a voi ma voi non andate bene a me?" Ma perchè ? mi chiese. "Perchè non posso impiegare diciotto ore per fare un prototipo, non vi sarei utile per una collezione di centinaia di capi, ci metterei una vita a farli e poi, visto che sono pagata a cottimo, prenderi una miseria" La risposta fu " Faccia una fattura di un costo all'ora per diciotto ore aggiunga l'iva e io gliela pago" Accipicchia!!! Non avevo mai lavorato ad un costo all'ora! Sempre un tot a prototipo.  Iniziò così la nostra collaborazione, soddisfacente in tutto anche finanziariamente.
Una cosa mi sorprese, conoscere meglio la signora Silvana! Una donna stupenda, con un animo nobile ed una seria professionalità. Non la delusi mai, mai un ritardo, mai un errore (c'erano gli errori eccome, ma stavo alzata tutta notte per rimediarli ed essre puntuale la mattina dopo) ed ogni volta che consegnavo i capi, tempo che l'autista arrivasse in laboratorio, e la telefonata della signora Silvana arrivava con i complimenti per come erano ben fatti e ben stirati i capi.
Un giorno, tornando da Milano, mi fermai in laboratorio a Bologna e non previsto non avevo la mia solita "divisa". Indossavo un bel tailleur, fatto da me naturalmente, e la signora Silvana quasi stentò riconoscermi. Trucco e parrucco e tacchi alti, sembravo un'altra, e lei da persona intelligente com'era capì  che l'abito non fa il monaco, che prima di giudicare è sempre meglio verificare. Quella cura che la signora Silvana aveva fatto prima che io la conoscessi, la dovette ripetere dopo tre anni e la malattia se la potò via all'età di quartacinque anni. Mi mancò molto e ne serbo un buon ricordo.

Vorrei qui ricordare e portare all'attenzione di chi legge, che dietro a grandi artisti come Ferrè e altri di grande nome, ci sono seri professionisti che lavorano con dedizione e passione, tirando anche venti ore di lavoro, perchè durante il campionario si dorme poco e si lavora tanto non stop. Senza giorni di riposo, senza pause pranzo, e senza lamentarsi. Un grazie a questi lavoratori, che anche durante ad una malattia si sentono la responsabilità dell'impegno verso l'artista.




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