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L'abolizione dei contratti lampo

Da Brunougolini
C’è un nesso tra il lavoro sbriciolato (una specie di cancro progressivo) e lo stato di salute dell’Italia, alle prese con l’assalto delle agenzie di rating. Sembra una tesi recepita da chi pensa che per riprendere la crescita sia necessario ricomporre il lavoro, ridargli forza e dignità.Intanto l’ennesima fotografia dello stato delle cose viene da una ricerca dell’Isfol dedicata ai lavori atipici. Tra i dati caratteristici emersi uno riguarda la «brevità» dei tempi di lavoro concessi ai giovani «atipici». Sono occupazioni che, per ben il 50 per cento di loro, si protraggono solo dai 7 ai 12 mesi. Tempi brevi che non permettono né di accumulare reddito né di accumulare saperi necessari ad altri ingressi lavorativi. E solo un quarto di costoro supera l’anno d’impiego. Davvero «contratti lampo». L’indagine non si sofferma su quel che succede dopo, ovverosia non racconta i lunghi tempi di attesa (senza reddito), la ricerca estenuante di un nuovo contratto, la trafila dei colloqui e dei curriculum, lo sfogliare quotidiano di annunci e offerte.  Emerge, però, un altro dato significativo: cala la speranza che il conseguito posto atipico rappresenti il trampolino di lancio per un posto più sicuro, tutelato. Nel biennio 2008-2010, rispetto al biennio 2006-2008, l’indagine Isfol fa emergere come «il tasso di trasformazione da un’occupazione non standard al lavoro tipico sia sceso di 9 punti percentuali». Ovverosia mentre allora i «promossi» erano il 46 per cento, ora sono il 37 per cento. Un salto all’indietro che dovrebbe far riflettere quanti hanno teorizzato in questi anni come i contratti ballerini rappresentassero una specie di stadio elementare prima di entrare nell’università del lavoro. Fatto sta che entrando nel dettaglio, si viene a sapere che se solo il 37% degli atipici è passato ad un impiego stabile, il 43% è rimasto nella stessa condizione instabile e il 20% ha perso il lavoro. ha perso, cioè, ogni speranza. I più svantaggiati, in questo passaggio dal limbo atipico, a un presunto paradiso normale, appaiono i giovani, le donne e coloro che risiedono nel mezzogiorno. Qualche vantaggio lo segnalano i laureati che però, sempre nel periodo 2008-2010, stanno più a lungo nel limbo delle attese. La direttrice dell’Isfol, Aviana Bulgarelli, ha parlato di un mercato del lavoro meno permeabile, «in cui l’ingresso nel mondo del lavoro prima e la stabilizzazione delle posizioni lavorative poi avvengono con più difficoltà». La crisi l’hanno pagata in particolare gli atipici: quasi mezzo milione è «fuoriuscito». Torna così il rapporto tra lavoro e crescita. Osserva il Direttore dell’Isfol come «in tutti i paese europei l’attivazione di politiche volte alla creazione di posti di lavoro stanno affermandosi come una necessità complementare alle azioni di risanamento finanziario».

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