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“L’acustica perfetta” – Daria Bignardi

Creato il 02 settembre 2015 da Temperamente

Si sa, si sceglie un libro per le più svariate ragioni: per il titolo, per il disegno di copertina, perché si stima l’autore o per altri milioni di motivazioni che risiedono nel subconscio di ciascuno e che sono e rimarranno insondabili per tutti gli altri.
Un po’ di tempo fa sedevo in un caffèletterario e davanti ad un tè caldo aspettavo la ragazza con la quale stavo uscendo in quel periodo per parlare.
“Ti devo parlare” è una di quelle frasi che all’apparenza significano una cosa ma in realtà ne sottendono un’altra, spesso lontanissima dal significato della frase apparente. Infatti le cose tra me e questa ragazza non andavano molto bene per diversità di vedute e stavamo per lasciarci.
La aspettavo, dicevo, perché lei era, come al suo solito, in ritardo, sorseggiando la bevanda ambrata. Allora non sprecai tempo e mi misi a gironzolare tra gli scaffali pieni di libri in cerca di qualche nuovo romanzo da acquistare.

Capitai di fronte all’ultimo romanzo di Daria Bignardi, edito da Mondadori, L’acustica perfetta, titolo curioso.
Venni colpito dalla quarta di copertina che mi ero messo a leggere.

Quand’è che sei diventata così, Sara?
Quando l’ho conosciuta era diversa. Somigliava a un gatto, a suo agio in ogni momento e fedele solo a se stessa. Faceva e diceva sempre quel che voleva, era serena e soddisfatta. Dava pace starle accanto, come guardare il fuoco.
Adesso è come un cormorano: la scorgi galleggiare inquieta tra le onde, il lungo collo nervoso, e poi -splash- improvvisamente si immerge e non sai mai dove riemergerà.

Era incredibile: quelle parole potevo benissimo averle scritte io, rispecchiavano perfettamente il mio pensiero di quel tempo.
Iniziai subito a leggere.
Arno e Sara sono sposati da otre dieci anni, hanno tre figli, e tutto sembra procedere al meglio. Il libro comincia così, dove tutti gli altri finiscono: con l’happy ending. Da ragazzini si erano amati, ma poi si sono persi di vista per poi rincontrarsi alla fermata dei taxi dell’aeroporto di Milano in una serata di pioggia dopo sedici anni. Sembra un segno del destino e i due si trovano subito a fare l’amore a casa di lei. L’amore ritrovato, il fidanzamento, il matrimonio, i figli. Da quella notte di pioggia e passione sembra che tutto procede nella direzione giusta, quella auspicata da Arno, quella che sembrava destinata ad accadere da quando erano adolescenti innamorati.
E invece non c’è nulla di più sbagliato. Pochi giorni prima di natale, Sara sparisce, lasciando dietro di sé unicamente un biglietto in cui scrive che deve partire.
Arno partirà alla ricerca della donna che ama, l’unica che abbia mai amato, investigando sul suo passato. È una ricerca fisica, ma anche e soprattutto interiore, del suo Io e quello della moglie.

Il titolo è un omaggio alla professione del protagonista maschile del romanzo, che suona il violoncello alla Scala; nonostante l’apparente perfezione della sua vita, a mio avviso è il grande sconfitto della situazione. Sara lo tiene in pugno qualsiasi cosa faccia, sia con la sua presenza, sia con la sua assenza. Sempre e comunque.
La narrazione procede seguendo intrecci temporali diversi, da ragazzi, durante gli anni del matrimonio, presente, con inseriti flashback e spaccati di vita.

Il dolore è insensato. Come l’amore.

Questa è la frase che sicuramente rappresenta il mood del libro, del pensiero profondo di Sara, che deve fuggire e, così facendo, rifuggire alla noia e alla piattezza dell’esistenza.
Romanzo amaro che spiega con intensità e un velo di tristezza, a discapito del protagonista maschile, quanto poco ha di razionale il sentimento più forte che conosciamo, e come il salvare se stessi venga prima di qualsiasi altra cosa, spinti dall’egoismo e dall’istinto di sopravvivenza che, come sembra da alcuni atteggiamenti che teniamo, sembra siano codificati nel DNA del genere umano.

Daria Bignardi, L’acustica perfetta, Mondadori,2012


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