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L’adolescenza, conflitto tra indipendenza e dipendenza: una storia clinica! 2 parte

Da Psychomer
By
Maurizio Mazzani
giugno 15, 2010Posted in: psicologia clinicaL’adolescenza, conflitto tra indipendenza e dipendenza: una storia clinica! 2 parte

Ecco la seconda parte del caso clinico: l’adolescenza, conflitto tra indipendenza e dipendenza. Qui potete trovare la prima parte! (e qui la terza).

Di fatto, se ci mettessimo ad osservare un adolescente, noteremo chiaramente nel suo comportamento la coesistenza sia di impulsi verso l’autonomia, nonché l’inerzia delle esperienze infantili. Tale realtà causa un certo tipo di comportamenti e i loro opposti (forti ribellioni alternate a passive sottomissioni; presenza di forte iniziativa ma facilmente seguita di forte pigrizia; ecc..).
Insomma, tutto questo indica chiaramente nel conflitto adolescenziale, la simultanea presenza di un forte desiderio di andare avanti verso l’autonomia ed un bisogno altrettanto forte di tornare indietro verso la dipendenza
Per spiegare ulteriormente tale realtà conflittuale riporto un caso clinico particolarmente esaustivo.
Un giorno non molto lontano una donna di 36 anni, separata e con una figlia di sei anni moglie di un mio conoscente, mi chiede di aiutarla. E così mi adopero ad intrattenermi con lei in colloqui ripetuti, ma non in chiave terapeutica poiché questo non era possibile, visto che la conoscevo da circa due anni, ma semplicemente in chiave di consiglio amichevole. I colloqui li affrontavamo in un Bar poiché ella ne gestiva uno insieme al marito nella cittadina di Viterbo.
I suoi problemi era costituiti da una sofferenza terribile verso il suo lavoro, che riteneva assolutamente non gratificante, e da problematiche di rapporto con il marito, al tempo non era ancora separata, sentiva verso di lui una insostenibile dipendenza, una dipendenza annichilente perché, a dir suo, il marito la gestiva totalmente. Ella diceva: “mio marito mi gestisce, non sono libera di essere me stessa, ecc., ecc.”

Inizialmente la donna aveva vissuto con questo uomo in modo quasi completamente infantile abbandonandosi a lui, per poi con gli anni cominciare a sentire tale attaccamento come asfissiante, ma senza, purtroppo, riuscire a comprendere realmente le motivazioni di tali sensazioni di oppressione. Così cominciarono le facili proiezioni: “non sono io che ho bisogno di lui, ma è lui che mi gestisce, non sono libera di essere me stessa, ecc., ecc.” mi diceva, ella credeva che l’altro la condizionasse, invece non era altro che il suo bisogno di dipendenza infantile che veniva soddisfatto, la paura di vivere in prima persona aveva segnato la modalità di rapportarsi al marito.
Successivamente la donna si separa da questi poiché la tradiva, e conosce un uomo con il quale va a convivere. In questo nuovo contesto continuano amplificandosi tutte le sue reattività nevrotiche alla dipendenza infantile, infatti, comparivano in lei, purtroppo, altre problematiche relazionali, sia verso il nuovo compagno, sia verso la figlioletta., questo dovuto alla mancanza quasi totale di contatto e comprensione di se stessa.
Che era accaduto?
La separazione aveva inconsapevolmente segnato una imposizione all’autonomia, un’autonomia sempre temuta ma ormai inevitabile. Una imposizione coattata dalla paura di non potersi più appoggiare a qualcuno, visto l’esperienza precedente del tradimento. Ella, pertanto, doveva necessariamente sperimentare per la prima volta la propria capacità di vivere: dover badare alle sue esigenze e a quelle della sua bambina. Tutto questo creava però in lei una forte confusione durata poi per anni. Tale confusione era dovuta alla tensione emotiva, in generale, conseguente alla paura di non riuscire ad essere nel mondo, e, in particolare, sia al timore di dover entrare pienamente nel ruolo di madre, sia alla paura di dover lavorare ecc., ecc. nonché, per di più, tutto ciò veniva affiancato dalla sua difficoltà ad essere realmente una compagna di vita per il suo uomo, poiché quest’ultimo le chiedeva proprio questo: essere donna e non bambina, ruolo che ella purtroppo, non avendo mai vissuto, temeva, essendo stata una cagnolina dipendente nei confronti dell’ex marito per anni.
Tali problematiche emergevano evidenti e chiare dai suoi testuali racconti.
Parlando della figlia ella raccontava: “è una bambina deliziosa, piacevole ma a volte è troppo indipendente, e ho difficoltà a porre limiti al suo comportamento. Non riesco a farmi ubbidire, talvolta intravedo in lei proprio dell’ostilità”. A questo punto, racconta ancora: “perdo la pazienza e comincio a strillare rabbiosamente e talvolta arrivo anche a picchiarla. Il punto è che dopo che ho recitato la scena che io stessa giudico un po’ da matta, mi pento di averla trattata senza rispetto, e alla constatazione di ciò, mi vergogno e gli vado incontro per fare pace e sperare di farmi ubbidire pacificamente, ma credimi non so più cosa fare” …mi diceva.
Parlando del suo nuovo compagno invece raccontava: “mi trovo di nuovo a denigrare un’altra esperienza della mia vita, esperienza tra l’altro molto gradevole, ed è una scelta di vita fatta da me, ma nevroticamente è come se cercassi di guastarla al punto di distruggerla. Ho fallito il mio matrimonio in gran parte per questo motivo, e oggi mi trovo a vivere una nuova esperienza di coppia e di famiglia che ritengo bella. Il rapporto con questo uomo è caratterizzato da tantissimi aspetti positivi che penso siano difficili da trovare, ma nonostante rimugino avendo dei dubbi sui miei sentimenti. Ciò mi costituisce difficoltà a lasciarmi andare emotivamente e provare ad ancorarmi a lui vivendomi appieno e liberamente questa esperienza”.

…continua…

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Maurizio Mazzani psicologo-psicoterapeuta. Guarda il mio profilo completo sulla pagina "chi siamo".

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