“Altitude” è uno di quei film facilmente etichettabili nella categoria “cagate”, come ad esempio anche il da me recentemente recensito “Il nome del mio assassino” con Lindsay Lohan. E non sarebbe nemmeno un errore. Eppure il film si lascia guardare e offre alcuni spunti che, pur con tutti i suoi enormi difetti e limiti, mi fa tenere il pollice moderatamente su.
La storia si svolge in pratica quasi tutta all’interno di un piccolo aereo privato, secondo una tendenza del cinema moderno di limitare l’azione in un solo claustrofobico ambiente vedi “Paranormal Activity”, “Cube”, “Phone Booth”, “Devil”, “Saw”, “Lebanon”… hey, ho un dejavu: questo discorso l’ho già fatto parlando di “Buried” quindi se volete potete leggerlo QUI.
Anche gli altri membri del cast non sono certo messi meglio: oltre alla pilotessa che si crede Maverick in “Top Gun” mentre è già un miracolo se riesce ad accendere il motore, c’è una sosia di Hilary Duff pre-plastica, un tizio mezzo autistico fissato con i fumetti, un tale nel ruolo dell’aspirante rockstar (sc)emo che ha fatto la comparsa in sì e no 3 episodi di “The O.C.” e poi il più divertente: un mezzo wrestler fallito che sfotte tutti, poi si beve mezza birra e dopo 10 minuti di volo e già lì che sbocca anche l’anima.
L’avventura aerea di “Altitude” si sviluppa quindi tra visioni alla “Final Destination”, mostri assurdi vedo non vedo e un risvolto finale persino alla “Donnie Darko” (bestemmia!), con inserti inverosimili, un minimo di tensione, un’atmosfera claustro, girato così così, interpretato peggio ma tutto sommato stranamente piacevole. Come uno di quei viaggi con Ryanair in cui il pilota avrà sì e no 18 anni e per tutto il tempo sentite dei rumori strani e pensate che sicuramente vi andrete ad ammazzare ma alla fine –sorpresa!– quel ragazzetto riesce a portarvi dritti dritti a destinazione. E potete slacciarvi le cinture, tirando un bel sospiro di sollievo.(voto 6+)