Come ormai la storia del XX e del XXI secolo ci insegna, l’Africa è un continente segnato da guerre intestine, da fazioni eternamente in lotta, da partiti che si schierano l’uno contro l’altro commettendo – a volte – le più orrende barbarie. Oggi assistiamo in Africa a una guerra a tappeto fra lo Stato islamico e al-Qaeda, un genocidio che ormai si perpetua da anni, mietendo migliaia di vittime ogni giorno. L’Africa è così divenuta la terra dove scontrarsi per la leadership è affare di tutti i giorni. Ed è allora che assistiamo al proliferare di attentati sanguinosi. Ne è un chiaro esempio il recente attentato in Costa d’Avorio, dove si è potuta chiaramente osservare la collaborazione fra diversi gruppi armati ricollegabili ad al-Qaeda. La storia di questi attentati è ormai lunga. Dalla dissoluzione della storica al-Qaeda di Osama Bin Laden sono nati diversi gruppi del terrore con evoluzioni distinte ma origini comuni. Ma ora sta cambiando qualcosa all’interno delle organizzazioni terroristiche. Come ha spiegato bene Marco Di Lillo, analista del Ce.S.I., “Questi gruppi hanno ben compreso l’importanza di cooperare al fine di raggiungere obiettivi superiori. Lavorare separatamente, infatti, non garantirebbe loro gli stessi risultati“. In altri termini è stata riscoperta quest’origine comune che per tanti anni ne aveva fatto da collante, ma all’indomani della morte dello sceicco del terrore, Osana Bin Laden, non era più stata capace di tenere uniti i diversi leader che nel frattempo erano sorti. Una diaspora che ora sta conoscendo una fase di ri-cucitura. “Solo così” ha continuato De Lillo, “al-Qaeda è all’altezza di scontrarsi coi rivali dello Stato islamico“.
Tutto è repentinamente cambiato, quando l’Isis ha incominciato ad espandersi rubando territorio e domini ad al-Qaeda. Per i gruppi del terrore c’è un continuo rapporto fra il macrocosmo e il microcosmo, fra la globalità e le realtà regionali che guardano più da vicino le fratture del tessuto sociale e delle popolazioni che vanno soggiogando. “Esistono poi delle realtà locali” ha proseguito De Lillo, “dove l’esperienza della guerra non è vissuta direttamente. E’ questo il caso del gruppo armato nigeriano Boko Haram, che domina incontrastato senza rivali”. Il conflitto che dunque si genera fra Isis e al-Qaeda è essenzialmente un conflitto di monopoli, come sta accadendo oggigiorno in Libia e Siria. “In Libia si contendono la piazza” ha ancora spiegato De Lillo, “sia lo Stato islamico che al-Qaeda. Il primo governa Derna e Sirte, mentre la seconda ha il controllo di Bengasi“. Poi ci sono Paesi dell’Africa dove la “carriera” nel mondo del terrore è garantita da un continuo cambio di carreggiata. “E’ questo il caso dell’odierna Algeria” ha raccontato De Lillo, “ma potrebbe essere così per la Somalia tra qualche tempo“.
Sebbene il contendersi continuo del territorio, in Africa lo Stato islamico e al-Qaeda si sono ritagliati dei confini entro i quali esercitare il proprio potere. Un modo per non avere rivali. Terre dove dominare con maggior sicurezza. Al-Qaeda è dunque forte nell’Africa sahariana e occidentale, mentre lo Stato islamico ha il predominio in Algeria, Egitto, Libia, Nigeria e Tunisia. Ma l’Africa continua ad essere una “terra di sangue”. L’espandersi di al-Qaeda fa paura alla popolazione africana così come all’Occidente. “Al-Qaeda oggigiorno vanta un leader dall’alto profilo strategico” ha ancora spiegato De Lillo, “La presenza di Belmokhtar ai vertici dell’organizzazione qaidista ha permesso a questo gruppo del terrore di conquistare Burkina Faso e Costa d’Avorio“. Ma anche il conflitto infrastrutturale tra Isis e al-Qaeda è forte in Africa. Se lo Stato islamico è forte nel modello statale, al-Qaeda ha il primato nella diffusione della propaganda. Dunque potremmo affermare che oggigiorno l’Africa è sotto scacco di al-Qaeda, padrona indiscussa dei mezzi mediatici. Nonostante ciò lo Stato islamico non resterà a guardare. Proseguirà la sua lotta sanguinosa per nuove conquiste. L’Africa è una “terra di sangue” che fatica a trovare pace.
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