C’è un via vai di agende in questi giorni! L’agenda Monti e l’agenda Mari, l’agendona Bersani e l’agendina Berlusconi.
Ma domani è il 5 gennaio e il 5 gennaio del 1984 la mafia aveva in agenda di ammazzare Giuseppe Fava, giornalista.
Io non so se il direttore, uno degli uomini a cui questo Paese deve stramaledettamente tanto e neppure lo sa, tenesse una agenda ma, avendo avuto il privilegio di imparare da giovane il mestiere da uno uno dei suoi carusi, immaqgino cosa avrebbe appuntato lui come priorità nazionale.
Cerchiamo per il 24 febbraio chi, nella propria agenda-di-una-vita civile, politica, professionale ha scolpito come primo punto la lotta alle mafie.
Io non scrivo agende, al massimo qualche Appunto, ma non mi sfugge che il cancro del mio Paese nasce dalla subcultura mafiosa per poi espandersi nella società, nella politica, nell’economia, nella finanza. Nasce da lì ma trova nel silenzio per bene che la circonda l’humus per radicarsi e per espandersi.
Il direttore Giuseppe Fava quel silenzio lo rompe ancora.
***
Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali: ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero. Un giornalista incapace – per vigliaccheria o calcolo – della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze. le sopraffazioni. le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!.
Giuseppe Fava in Rubrica delle lettere, Giornale del sud, 11/10/1981