Futuro e Libertà è allo sbando. Anzi, è praticamente fallito. Il progetto politico traballa dalle fondamenta.
La causa scatenante della fronda è la nomina di Italo Bocchino come vicepresidente unico, tra l’altro con le funzioni di presidente dal momento che Fini si è autosospeso visto la carica istituzionale che ricopre. Malumori anche per la scelta dell’ex radicale Benedetto della Vedova come capogruppo alla Camera.
L’accusa è duplice: il partito, in questo modo, è consegnato in mano ai falchi antiberlusconiani, con tendenze sinistrorse. Poi, i senatori recriminano di essere tenuti in secondo piano e costretti ad accodarsi alle scelte fatte alla Camera. La protesta era scoppiata già nei giorni scorsi con le dimissioni, respinte, del capogruppo Viespoli.
Ieri ha lasciato Giuseppe Menardi, oggi Franco Pontone, che tra l’altro tornerà nel PDL. Anche Maurizio Saia viene dato in uscita. Il gruppo, sceso sotto le dieci unità, probabilmente sarà sciolto, a meno che non verrà rimpolpata da new entry strategiche dagli alleati del Terzo Polo.
Intanto, a Palazzo Madama nascerà a breve il gruppo “Per le Autonomie” guidata da Helga Tahler, SVP che era nel gruppo UDC, che, nonostante le smentite, sarà la fotocopia sbiadita, perché in fondo non così utile, dei Responsabili della Camera. Un’altra stampella.
A proposito di Responsabili, nuova entrata prestigiosa: Paolo Guzzanti. Il comico, dopo essere stato sulle montagne russe prima del 14 dicembre, chiude con il Terzo Polo a causa della sua deriva a sinistra e si impegnerà per sostenere il governo.
Altri aiuti all’esecutivo arriveranno sicuramente dal fillino Roberto Rosso, tra l’altro subito insignito dal PDL con cariche di partito, e probabilmente dal vulcanico Luca Barbareschi.
Fini non può far altro che prendere atto della situazione e sbroccare dalle colonne del Secolo d’Italia:
Sarebbe davvero inutile negare l’evidenza: il progetto di Futuro e Libertà vive un momento difficile.
Le polemiche e le divisioni hanno creato sconcerto in quella parte di pubblica opinione che ci aveva seguito con attenzione e ovviamente fanno gioire i sostenitori del presidente Berlusconi, che già immaginano di allargare la fragile maggioranza di cui godono alla Camera. Ipotesi verosimile, vista l’aria che tira nel Palazzo e le tante armi seduttive di cui gode chi governa e dispone di un potere mediatico e finanziario che è prudente non avversare direttamente.
Proprio nelle difficoltà sta il punto che ci deve indurre a perseverare senza eccessivi timori circa il futuro.
La difficoltà di Fli e la ritrovata baldanza dei gerarchi del PdL sono infatti fenomeni tutti interni al ceto politico, sentimenti di chi teme per il proprio status di ministro o di parlamentare o di chi aspira a divenire sindaco, assessore o per lo meno consigliere comunale. Nella società il clima è diverso: c’è preoccupazione per la situazione economico-sociale, indignazione per il degrado in primo luogo morale che caratterizza lo scontro politico, sbigottimento per l’immagine negativa che le note vicende danno dell’Italia nel mondo, angoscia per il futuro dei più giovani.
È un’Italia tutt’altro che apatica e rassegnata e resto profondamente convinto che in questa Italia, largamente maggioritaria nel Paese reale quanto minoritaria nell’attuale Parlamento, una voce importante possa averla quell’Italia moderata, che ha votato centrodestra, che non si rassegna a veder traditi o dimenticati i propri convincimenti e ideali. Sappiamo che il nostro è un progetto ambizioso e quindi difficile.
Ma soprattutto sappiamo che va spiegato agli elettori più che agli eletti: ne consegue che è nella società che Futuro e Libertà dovrà sviluppare le sue iniziative, tessere la sua rete, organizzare i suoi consensi. E solo quando si apriranno le urne, accada tra poche settimane o tra due anni, sapremo se avremo vinto la nostra battaglia.
Che dire, di sicuro le armi di seduzioni in casa azzurra sono potenti. Ma anche, e soprattutto, Fini ha le sue colpe.
Innanzitutto, ha imbarcato arrivisti e opportunisti allettanti dalla possibilità di far rapidamente carriera in seno al partito. In secondo punto, non ha chiarito ai suoi la sua linea politica. O meglio, il suo fine ultimo. Che è quello di mandare a casa Berlusconi, a qualsiasi costo, anche alleandosi con la Sinistra. Va bene l’intento di riformare il centrodestra, ma questa è la seconda fase.
Questo qualche opinionista l’aveva capito, ma Fini non l’aveva spiegato ai suoi. E così sono capitate tante illuminazioni sulla via di Damasco con figliol prodighi tornati ad elemosinare ad Arcore.
Certo, la bassezza di chi si fa comprare in un momento in cui dall’estero ci ridono dietro perché abbiamo un premier che è imputato in quattro processi è difficile da commentare. Senza vergogna.