Giornata poco frizzante sotto il cielo della politica.
A scaldare i toni ci pensa Roberto Calderoli, il cosiddetto Ministro per la Semplificazione, che torna a minacciare (ma chi?) che la Lega potrebbe aprire la crisi di governo e puntare forte sulle urne:
Ci sono alcune evidenti difficoltà nelle commissioni parlamentari che devono essere risolte: se si è in condizione di poterlo fare siamo della partita, se siamo di fronte a un’oggettiva impossibilità tanto meglio staccare la spina.
Innanzitutto, chi da diritto alla Lega di lanciare ultimatum a destra e a manca? Un 10% non legittima il fatto di tenere in scacco l’intero Parlamento.
In secundis, ma qualcuno crede ancora alle parole farfugliate di Bossi e compagni? Quante volte hanno minacciato fucili, invasioni, rivolte? E quante volte hanno organizzato non dico eventi di questa portata, ma almeno delle manifestazioni straordinarie al di fuori delle adunate abitudinarie che si spingono poco oltre la tradizione?
Ma la gente come fa a vedere ancora la Lega come il partito di lotta, la compagine del celodurismo che era magari vent’anni fa? È così difficile accorgersi dell’imborghesimento di una fazione che ormai non ha niente, ma proprio niente, di diverso dagli altri partiti?
La Lega non è immune alle manovre di palazzo (fu lei a far cadere B. nel ’94 e a passare all’Opposizione). Per accaparrarsi voti si è aperta al Sud, sconfessando le sue origini. Centinaia di volte ha compromesso il suo giustizialismo primordiale agli ordini di un pappone che la teneva per le palle. Per anni è stata complice di leggi ad personam, pur sostenendo di agire sempre in favore del popolo padano. Di sicuro non la si può più considerare un partito nuovo, una proposta alternativa.
È stata al governo circa 10 anni negli ultimi venti e quale dei suoi obiettivi ha portato a termine?
Quando il popolo italiano è stato chiamato a decidere su una sua iniziativa (la devolution) ha detto di no.
Ma allora, cosa rende la Lega un partito speciale?