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L'alba dei morti dementi (di Edgar Wright, 2004)
Creato il 03 ottobre 2013 da Frank_romantico @Combinazione_CVisto che qualche giorno fa ho parlato del gioiello The Word's End, ultimo capitolo della Trilogia del Cornetto di Edgar Wright, ho pensato sarebbe stato interessante recensire anche gli altri due capitoli. Iniziamo dall'origine del misfatto, con la recensione de L'Alba dei Morti Dementi. Per l'occasione torna Silly con il suo angolino. La prossima settimana sarà il turno invece di Hott Fuzz.
L'ALBA DEI MORTI DEMENTI
"Dato che con te c'è Ed io esco sempre coi miei coinquilini e questo non fa che esacerbare le cose" "Che vuoi dire?" "Che tu e lui siete inseparabili" "No, che vuol dire esacerbare?"
Proprio in questi giorni è uscito il nuovo film di Edgar Wright, La fine del mondo (The World’s end). Film che non potrò vedere al cinema perché manco a pregare tutti i santi del mondo lo fanno uscire nella mia città. Ma a quanto pare la distribuzione è pessima un po’ dappertutto, Wright non se lo fila nessuno e non ne comprendo il perché. Probabilmente l’umorismo inglese tira solo se si parla di Mr Bean. Eppure questo simpatico signore, nell’ormai lontano 2004, ha esordito con una pellicola che ha fatto saltellare di gioia Quentin Tarantino: stiamo parlando di Shaun of the dead, orribilmente tradotto in L’alba dei morti dementi. Sì lo so, Tarantino spesso si entusiasma per niente, ma non è questo il caso. Shaun of the dead è un’interessantissima commedia che racconta una storia di vita quotidiana, sentimenti e morti viventi, incentrata su un gruppo di amici che vedono il loro pub preferito trasformarsi improvvisamente in un girone infernale.
Simon Pegg è Shaun e Nick Frost è Ed, due grandissimi attori che interpretano due personaggi a cui è impossibile non volere un bene infinito. Loro sono il film, aiutati dal resto del cast. Personaggi assurdamente normali che vivono la follia di un’invasione di zombi. Eppure c’è realtà che pulsa in questa bizzarra commedia ed è impressa nelle facce di Shaun e Ed. Facce di gente comune che si districa nella quotidianità, tra lavori qualunque più o meno legali, tra il pub di fiducia e il negozio di alimentari preferito. Perfetta la scena in cui Shaun, dopo una sbronza epica, chiede all’amico collassato sul divano se vuole qualcosa dal negozio di alimentari. E lui gli risponde, un cornetto. E Shaun percorre la strada, come ogni dannatissimo giorno, che lo porta ad incontrare le stesse persone, le stesse auto parcheggiate, lo stesso gradino del marciapiede dove inciampare, rintronato dal post sbornia, come se niente fosse. Mentre attorno a lui barcollano zombie, impronte insanguinate appaiono sul frigo e alla cassa non c’è nessuno. Shaun lascia i soldi sul bancone e porta a casa il cornetto per Ed. Entrambi si renderanno conto del disastro in leggero ritardo rispetto al resto del mondo, ma ammettiamolo, è una sensazione che tocca un po’ tutti, spesso e volentieri, almeno per quanto mi riguarda: quella di non essere sempre perfettamente sincronizzati coi tempi.
Il film prosegue su questa andatura tragicomica, diverte e suscita anche tenerezza. Ma soprattutto, diverte. E lo fa con estrema classe, sfruttando brillantemente un soggetto inflazionato come lo zombi. Lo zombi fa da contorno per raccontarci una storia che parla di rapporti umani, amore e amicizia. Poteva venire fuori una cagata cosmica, invece Wright ci regala un gioiello. Con tanto di omaggio allo zombi di Romero, che ci piace sempre tanto e ci rende felici. Ma Shaun of the dead non è semplicemente una commedia di zombi, è un’acuta allegoria sull’essere dei veri morti viventi che proseguono rassegnati la propria routine, ogni giorno. Vivi che sembrano morti. Noi ridiamo grazie alle vicissitudini paradossali di Shaun ed Ed e allo stesso tempo ci accorgiamo anche dell’alone miserabile di tristezza della metafora dello zombi. Ma, alla fine, ci viene voglia di combattere. E le mazzate dentro il pub a tempo di Don't stop me now dei Queen sono mazzate in grande stile, da applausi, che ci fanno tornare vivi. E sempre attenti a non esacerbare.
Silly
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