Qualcuno si è stupito della presenza del Trota al grottesco vertice di Arcore e ha ironizzato sul possibile apporto del delfino leghista alle decisioni dei grandi, di papà Umberto o di zio Silvio o di quel Tremonti lì che è meglio non frequentare in privato. Ma io invece credo che ci stesse benissimo dentro quel consesso di cialtroni la cui astuzia con gli anni si è tramutata in aceto, si è incarognita e istupidita.
Anzi è probabile che lasciato a se stesso il Trota avrebbe partorito una manovra migliore di quella ridicola e ignobile che è stata annunciata al Paese dopo i brindisi: dopotutto la stupidità conclamata e ingenua è meglio di un’intelligenza corrotta e di una mediocrità contraffatta e desolante. Ma cosa potevano produrre di meglio l’anziano truccato, ormai risucchiato dentro i fumi di una mala vita, o il dimidiato in magliettta che affida ai gestacci e una faticosa coprolalia il suo messaggio politico o il Sacconi turno che è è meglio non aprire o ancora il maxillo sfacciato Calderoli in braghette da mare? Essere un po’ tonti è persino dignitoso in questa compagnia.
Infatti il pasticcio iniquo e degradante che hanno tirato fuori per rimangiarselo poche ore dopo, quando si sono accorti del bordello che avevano creato, è la dimostrazione che non ci stanno più con la testa, che sulle poltrone ci sta soltanto il loro signor culo, per riprendere il Jack Lemmon di Prigioniero della seconda strada.
Una parte di italiani sta scoprendo solo ora a chi hanno affidato il potere, peraltro depistati dal baccano mediatico e servile, ingannati dal battage sull’inesistenza del bene pubblico, lasciati a cuocere come polpi nell’acqua di vizi e pregiudizi. Altro che Trota, questo è un intero allevamento. Peccato che ad abboccare siamo stati noi.