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L’almanacco

Da Fluente

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Il buongiorno vi giunge, come ogni sabato,da Federico alle prese con l’almanacco,sempre più ricco di rubriche iniziamo quindi con la prima e vediamo insieme il tempo previsto per i prossimi sette giorni.

L’almanacco

SINTESI PREVISIONALE FINO A VENERDI 18 GIUGNO

SABATO, 12 GIUGNO 2010

Un po’ di nuvolaglia lungo le Alpi con brevi rovesci possibili. Per il resto prevalenza di tempo soleggiato, con solo pochi annuvolamenti di poco conto a medio-alta quota sulle regioni meridionali. Temperature elevate su tutto il Paese, afa nelle zone pianeggianti interne, anche di notte sulla val Padana, ad eccezione di limitate zone ove potrà aversi qualche provvidenziale scroscio notturno.

DOMENICA, 13 GIUGNO 2010

Ancora le Alpi, specie i settori centro-occidentali, sotto una nuvolaglia irregolare associata a qualche breve rovescio o temporale. Locali banchi nuvolosi alti e innocui in transito anche sulla Sardegna, mentre sulle coste tirreniche potremo avere nubi basse, specie in mattinata. In questi casi non sono previste precipitazioni. Ancora caldo, anche intenso al centro-sud, afoso sulle pianure del nord.

LUNEDI, 14 GIUGNO 2010

Si accentua lì’instabilità al nord, con rischio di qualche temporale localmente forte, in sconfinamento verso la pianura. Un po’ di nubi qua e là in transito anche al centro-sud, ma con fenomeni più sporadici e in un contesto comunque almeno in parte soleggiato. Resiste il caldo, specie al centro-sud.

MARTEDI, 15 GIUGNO 2010

Ulteriore accentuazione dell’instabilità al nord e sulla Sardegna, con tendenza a rovesci, anche temporaleschi e localmente intensi accompagnati da colpi di vento e grandinate. Le regioni peninsulari del centro-sud e la Sicilia ancora sotto poche nubi e tanto sole.

MERCOLEDI, 16 GIGUNO 2010

La coda di una perturbazione sfiora l’Italia apportando un generale aumento della nuvolosità. Al nord e lungo la dorsale appenninica del centro-sud potranno aversi manifestazioni temporalesche intermittenti, anche forti. Lieve calo termico a partire dal settentrione.

GIOVEDI 17 e VENERDI 18 GIUGNO 2010

Condizioni di tempo nuovamente soleggiato, anche al centro-nord. Meno caldo. Bello e nuovamente caldo al sud.

L’almanacco

I lavori seconda la luna

L’almanacco

Oggi sabato 12 giuno primo giorno di luna nuova,si seminano all’aperto basilico, fagiolo e fagiolino, cardo, prezzemolo, zucchina. In semenzaio solo il cavolfiore.E’ tempo di pensare hai nostri fiori ,seminano all’aperto garofano, primula, campanula, digitale, non-ti-scordar-di-me, violacciocca.Si trapiantano in piena terra erbacee annuali e perenni a fioritura autunnale.I gerani renderanno al meglio se esposti verso Sud ma ricordiamo di innaffiarli bene specialmente in giorni di caldo come questi.Per tutti quelli che volessero mettere in posa il tappeto erboso in rotoli è il momento buono.Nella posa occorre aggiungere sabbia silicea al terreno; per favorire l’ancoraggio è necessario passare con appositi rulli.Riproduciamo
per talea il rosmarino e la salvia;per stolone le fragole.

Il proverbio

L’almanacco

Quando piove il giorno di San Vito (15 giugno) il prodotto dell’uva va sempre fallito.

Tradizioni

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Aglio: il talismano della prosperità
Non vi e pianta che più dell’aglio abbia suscitato sentimenti contrastanti: prediletta da certuni per le sue virtù terapeutiche e come amuleto per difendersi da ogni maleficio, e denigrata da altri per il suo odore forte e pungente dovuto a un suo elemento, l’allucina, un’essenza solforata.
Ritenuta pianta infera, era offerta dai Greci alla dea Ecate. In Egitto, gli dei protettori dei morti si adornavano con ghirlande d’aglio e cipolla; i faraoni e i sacerdoti preferivano astenersi stimandolo sgradito alle deità, ma lo somministravano agli schiavi delle piramidi per proteggerli dalle infezioni e irrobustirli. I Romani impedivano l’accesso ai templi di Cibale a chi si nutriva d’aglio, poiché lo consideravano nefasto. Gli antichi tibetani della tradizione sciamanica “bon” ritenevano che l’aglio eccitasse la passionalità che induceva al languore e alla negligenza, turbando così il raccoglimento spirituale. Nella tradizione musulmana si racconta che il retto agire di Maometto fosse dovuto all’abitudine di bandirlo dalla tavola.
Garantirebbe da ogni maleficio, tanto da provocare malesseri gravissimi alle streghe che gli si avvicinano. In sanscrito il suo nome significa “uccisore di mostri”.
Nella credenza popolare diffusa nella maggior parte dell’Europa, l’aglio allontanerebbe streghe e vampiri e sarebbe un talismano di abbondanza e prosperità. L’aglio è un portafortuna usato nei festeggiamenti del solstizio; ricorda un vecchio proverbio romagnolo “chi non compra l’aglio il giorno di San Giovanni è povero tutto l’anno”. In Romagna il 24 giugno si svolgeva il mercato dell’aglio, ritenuto simbolo dell’abbondanza.
L’Aglio si usa anche nella ritualistica per togliere fatture e malocchio. Un’invocazione napoletana contro la iettatura dichiara:”Agli e travagli fattura che non quagli    Per questo motivo, nella notte di San Giovanni si consigliava di indossarlo sotto la camicia con le altre erbe per proteggersi dalle streghe.
In Sicilia, racconta la studiosa Pigorini Serra, per togliere una fattura si usa sfregare l’aglio sulle gote, sotto il naso, sulle tempie della donna con il malocchio, poi si taglia una ciocca dei suoi capelli, si brucia e la cenere ricavata si butta in una catinella con acqua, aglio triturato, tre pizzichi di sale e poche stille di olio di oliva. Tutto il rituale va accompagnato da frasi in cui s’invoca l’aglio ad allontanare la fattura.

Il libro della settimana

L’almanacco

PAOLO PEJRONE
CRONACHE DA UN GIARDINO
FOTOGRAFIE DI DARIO FUSARO
Formato cm 29×30,8
Pagine 200
Legatura cartonato
Illustrazioni 130
Prezzo € 59,00
Editore Mondadori
Collana I libri di VilleGiardini

Descrizione

Come in un diario, Pejrone racconta l’esperienza quotidiana vissuta nel proprio giardino di Revello, nel Saluzzese, ai piedi del Monviso, luogo privato e giardino segreto dove negli anni ha sperimentato soluzioni e composizioni poi riusate nei lavori commissionati. La prima parte del libro ne riporta l’evoluzione e, corredata di foto private, traccia una linea evolutiva del luogo, mettendo a volte a confronto l’attuale stato con il passato. A questa ricca parte testuale ne segue una prettamente fotografica articolata in diverse sezioni dedicate allo spazio intorno alla casa, all’orto, alla valle delle gunnere, all’acqua (elemento ricorrente in questo come in tutti i giardini di Pejrone), ai fiori e alle fioriture. Chiude una panoramica sul giardino nel corso delle stagioni, per mostrare come ogni ciclo della natura renda bello e suggestivo il luogo: non solo la primavera sorprende con le sue esplosioni di colore, ma anche l’autunno affascina con toni più caldi e l’inverno con la vegetazione spoglia e coperta di neve. E centrali rimangono le teorie che fanno grande Pejrone: la bellezza si basa sul poco e sul rispetto totale della natura, delle piante e della loro “dignità”.

Itinerari marchigiani

Moresco

Il nome

L’almanacco
Secondo la leggenda, al tempo delle scorrerie dei Mori lungo la costa adriatica, un gruppo di questi, si spinse un po’ più all’interno per edificarvi una roccaforte nel cuore della cristianità.

Altri, al contrario, sostengono che il Castrum Morisci sia stato costruito vicino al mare proprio per respingere gli assalti dei Saraceni.

Più probabile che il toponimo derivi da una nobile famiglia di nome Mori, oppure dalla parola dialettale morrecine che indica il mucchio di pietre su cui poggia il castello.

La Storia

1083, in una pergamena conservata a Fermo è riportato per la prima volta il nome di Moresco. A seguito della costruzione del castello, la popolazione si trasferisce sulla collina.

1146, Tebaldus comes (conte) de Morisco è il signore del castello che compare in alcuni atti notarili.

1248, il cardinal Raniero, legato pontificio, restituisce alla città di Fermo il castello di Moresco che l’imperatore Federico II le aveva tolto.

1266, i signori di Moresco vendono la fortezza del castello al doge di Venezia e podestà di Fermo Lorenzo Tiepolo per 500 lire volterrane.

1433, il conte Francesco Sforza occupa le Marche e tutto lo Stato fermano. Rimane a Monterubbiano cinque mesi, obbligando i cittadini di Moresco a rifornire le truppe di vino, olio, fieno, legna e danaro.

1481, il borgo è oggetto delle rivalità fra Ascoli e Fermo. Un nobile fermano, Pellegrino Morroni, è ucciso nel castello di Moresco dai monterubbianesi.

1586, Sisto V, Pontefice marchigiano, crea il Presidiato di Montalto, facendolo dipendere direttamente dalla Santa Sede e dai tribunali di Roma. A tale Presidiato viene aggregato anche Moresco.

1648, una guarnigione di soldati moreschini guidata da Giovanni Morelli raggiunge Fermo per ristabilirvi l’ordine dopo l’uccisione del Governatore.

1848, Moresco è comune autonomo, ma nel 1869, sotto il Regno d’Italia, viene aggregato a Monterubbiano.

1910, il 25 giugno Moresco riconquista l’autonomia con regio decreto.

Una torre eptagonale per distinguersi dagli altri paesi.

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Rughe di una saggezza che si fa luogo, il microcosmo di Moresco resiste agli inganni del tempo. Il borgo medievale prende dal castello la sua forma a ellisse e la sua posizione a dominio della verde valle dell’Aso, nota per la produzione di frutta.

Il castello, con le sue torri di avvistamento e di difesa, fu roccaforte strategica del Comune di Fermo nella guerra contro Ascoli e i suoi alleati. Il profilo che subito identifica Moresco è quello della torre Eptagonale del XII sec., alta 25 metri: perché sia stata costruita con gli inconsueti sette lati non è chiaro – forse solo per distinguersi dagli altri torrioni del sistema difensivo fermano.

Nel 1918 la cuspide in stile arabo è crollata ed è stata sostituita da una merlatura ghibellina. Dalla sommità della torre lo sguardo spazia, nei giorni limpidi, dal monte Conero al Gran Sasso e fino alle coste albanesi.

La grande campana del ‘500 scandisce ancora i suoi rintocchi ogni giorno, alternandosi con quella della torre dell’Orologio, guardiana del castello eretta a difesa dell’antico accesso.

Fiero, autonomo e attaccato al suo campanile come ogni borgo marchigiano, Moresco vanta una sala consiliare tra le più belle della provincia. Vi è custodita la grande pala d’altare di Vincenzo Pagani, autore pure dell’affresco sotto il portico della piazza che era la navata sinistra della chiesa di S. Maria in Castro, demolita e sostituita dalla parrocchiale di S. Lorenzo.

Questa è sorta sotto la grande torre inglobando la chiesetta di S. Francesco Borgia che ora ne è la sacrestia.

Ha cambiato invece destinazione d’uso la chiesa di S. Sofia, che s’incontra dopo essere passati sotto la torre dell’Orologio: conosciuta come lu teatrì, è stata sede, dopo la sconsacrazione, di un piccolo teatro.

Secondo la tradizione fu edificata per commemorare una giovane di Moresco, Sofia Amati, brutalizzata e uccisa. Altri ritengono che nel castello sia nata la madre di Santa Sofia. La chiesa racchiude un interessante affresco della scuola di Carlo Crivelli (1430-95).

Tra gli edifici civili meritano infine una sosta il palazzo di Patrizio Gennari e quello del cardinale Capotosti.
Fuori le mura sono da visitare il Santuario della Madonna della Salute e, soprattutto, la Chiesa di S. Maria dell’Olmo, ampliata nel 1521 inglobando l’antica edicola gotica, che la divide in due parti con due differenti altari.

Ad abbellire gli altari fu chiamato Vincenzo Pagani che realizzò l’affresco della Crocifissione e la pala della Madonna conservata nella sala consiliare.

Il prodotto del borgo

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Moresco signoreggia su una valle che ha il suo punto di forza nella produzione ortofrutticola.

La pesca della Val d’Aso, dopo decenni di eccellenza e dopo la crisi dovuta all’invadenza dei mercati esteri, sta tornando in auge grazie alla coltivazione biologica.

Il piatto del borgo

La pizza ficata è il dolce natalizio delle massaie di Moresco: gli ingredienti sono fichi secchi, mandorle, noci, farina, zucchero e cacao.

La cucina picena offre anche i prelibati vincisgrassi (una pasta al forno), le creme fritte e le olive all’ascolana.

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